I due agenti reclutanti apparvero per la prima volta un venerdì pomeriggio. Stavo correndo nel parco sotto casa, come al solito, e avevo appena avvicinato una ragazza splendida, dai capelli biondi, intenta a incendiare una montagna di piumini di Pioppo con il suo Zippo dei Marines color oro. Il suo nome era Fiamma, e fu la prima piromane a cadere tra le mie braccia.
Facemmo conoscenza l’uno sopra l’altra. Le ero saltato addosso per evitare che desse fuoco a quella montagna di polline, e la prima cosa che feci per farla rinsavire, fu starnutirle in piena faccia.
Rise, anche lei era allergica ai Pioppi ed era per questo motivo che stava tentando d’incendiare quella raccolta di allergeni naturali.
Tra noi scoppiò una calorosa amicizia, facemmo una lunga chiacchierata senza nemmeno accorgerci che eravamo ancora sdraiati a terra, nel bel mezzo di una montagna di piumini, io sopra e lei sotto.
Ci alzammo quando gli occhi cominciarono a lacrimare. Eravamo commossi, ma ancora di più, eravamo sotto una forte crisi allergica. La accompagnai verso casa con la scusa che una doccia ci avrebbe aiutato a superare il problema.
Fu in quel momento che, tra le lacrime, notai per la prima volta una Ford Taurus completamente bianca, con due uomini a bordo, due bianchi vestiti di bianco. Fu un grande errore da parte mia non fare troppo caso a quei due individui sospetti.
Fiamma e io salimmo in casa. Lei esplorò il mio nido con occhio indagatore. Volle sapere dov’era il contatore del gas, dove il rubinetto generale, e dove corressero i tubi che andavano alla caldaia. Osservava ogni particolare con occhi languidi, e io m’innamorai di lei all’istante.
Cenare assieme era d’obbligo. Fu lei a proporre cena e dopocena.
Una vera notte di fuoco, almeno per i primi trenta secondi, poi caddi addormentato al suo fianco.
A svegliarmi fu la canna brunita di una Beretta semiautomatica puntata alla mia testa. La voce dell’uomo era metallica «Alzati, svelto!».
Era uno dei due bianchi vestiti di bianco che avevo scorto nella Ford bianca parcheggiata sotto casa. Al suo fianco c’era anche l’altro uomo. Osservava con cupidigia il sedere di Fiamma. Era scoperto, così come la schiena e il suo collo lungo e sensuale.
La ragazza dormiva profondamente, e ogni tanto, grugniva dolcemente qualche parola in una lingua che ancora non conoscevo.
«Alzati!», disse nuovamente l’uomo bianco.
Mi alzai pensando che, se andavo via con loro, probabilmente, Fiamma mi avrebbe bruciato la casa. Un vero peccato, ma non avevo facoltà di scelta.
*
Fui trascinato fuori di casa in piena notte e completamente nudo. Non potei portare con me nulla della mia vecchia vita. Nemmeno il braccialetto d’oro che i miei genitori avevano fatto fare con l’oro delle collanine che da bambino non avevo mai voluto indossare.
Mi buttarono dentro la Ford bruscamente. Era bianca persino all’interno. M’incappucciarono e avviarono il motore.
Sentii l’auto proseguire diritto per due o trecento metri, poi una svolta a destra, poi di nuovo dritto per trecento metri e svolta a destra. Pochi metri e poi sinistra. Dritto, sinistra, dritto e poi di nuovo fermi.
Dopo qualche minuto di attesa dove non accadde nulla, l’auto riprese la sua marcia svoltando a destra. Da quel momento, l’auto proseguì diritto, seguendo la strada principale che, credo, fosse la Via Emilia.
Per tutto il tragitto gli uomini a bordo rimasero in silenzio, forse perché non volevano tradire l’ubicazione del loro covo. Tenni tutti i sensi all’erta, e in un paio di occasioni, avvisai l’uomo che guidava di stare attento agli scooter che stavano per sorpassare l’auto da destra, e da sinistra.
Passò circa una mezz’ora quando l’auto fece una svolta a destra. Probabilmente eravamo arrivati a Castelfranco. La strada era diventata dissestata.
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