Ho smesso di leggere Dylan Dog quando fecero il sequel di Johnny Freak. Era il numero 127. Superato il numero 100 alla Bonelli avevano avuto un attimo di sbandamento, albi privi di spessore, con storie mai all'altezza della situazione, soprattutto... Ripetitive. Decisi di chiudere con Dylan. Tenni i primi cento albi, che ritenevo perfetti come saga, tanto che il numero 100 era un epilogo naturale dell'intera saga, un albo davvero perfetto. Vendetti dal 101 al 132 (n.d.r. Sì, ci misi un po' a decidere dopo aver letto il cuore di Johnny) e dissi addio all'indagatore dell'incubo.
Sono passati tanti anni. Dylan è cambiato parecchio, specie quando il mensile è finito nelle mani di Recchioni. Non dico che abbia subito un reboot come quello subito da Nathan Never, ma di sicuro è stato rivoluzionato. Bloch è andato in pensione, il mondo è andato avanti, e l'ambientazione non è rimasta congelata in quegli anni 90 che diedero il via alla fortunata serie. E' cambiato molto di quel mondo, tanto che, a leggere il solo 348, si rimane un po' sconcertati.
E devo dire che forse non avrei ripreso in mano Dylan Dog se non fosse stato per la penna di Barbara Baraldi, che stimo tantissimo come autrice, e nel mio piccolo mi piace pensarla anche come una amica lontana.
Insomma, come potevo evitare di leggere La mano Sbagliata?
Se leggiamo la sinossi non possiamo che pensare a un vecchio film degli anni 80, La Mano, con Michael Caine, regia di Oliver Stone, effetti speciali di Rambaldi. Le analogie sono davvero tante, nella sinossi. Nel fumetto abbiamo una pittrice di successo, le cui opere sono un inno alla vita. Dopo un incidente che le fa perdere la mano destra, la pittrice comincia a dipingere solo scene di morte... Che si avverano. Nel film Michael Caine è un fumettista di successo. In un incidente il disegnatore perde la mano destra. Da quel momento la sua carriera è minacciata di continuo, e tutti coloro che si frappongono tra lui e il suo lavoro, muoiono inspiegabilmente.
Le analogie sono davvero tante, ma nella lettura poi le vicende si dipanano in modo differente. Nel film era la mano destra del fumettista a uccidere, e nel finale la mano si ribella persino al suo ex proprietario, e tanta di ucciderlo. Qui le spiegazioni sono più terrene, ma non meno inquietanti, ed è inutile che cerchiate di carpirmele, perché le scoprirete solo leggendo la storia.
Bella la trama, il presupposto di vita e morte che si alternino in un contrasto più che duale. La Novak, è pittrice di vita che diventa pittrice di morte. La presenza di una pittrice concorrente che cerca di appropriarsi di quello che era stato il successo della Novak prima maniera, e forse anche del suo uomo, Dylan, incaricato dalla Novak per investigare sul mistero, ma poi sedotto dal fascino cupo della ragazza. Una curatrice che appare morbosamente attaccata alla sua pupilla. L'arto mancante. I quadri inquietanti, una figura ambigua che rimane sempre in secondo piano, la vicina di casa, e il suo gatto siamese infatuato della Novak. La sessualità è palpabile in ogni pagina di Dylan, così come l'aria gotica che aleggia attorno ai personaggi della vicenda.
Il disegno non mi convince, per quanto ci siano tavole davvero perfette, in generale il tratto spigoloso e privo di dettaglio non fa proprio per me. Di sicuro premiano i chiaro-scuri, ma i volti son troppo stilizzati, troppo minimalisti, espressivi solo di volta in volta.
Nell'insieme, comunque, l'albo funziona egregiamente. La storia tiene incollati fino alla fine, e avendo una esperienza deviata dal film che avevo citato all'inizio di questo articolo, fino alla fine non ho sospettato minimamente che si andasse a parare in una direzione tanto diversa.
Mi piace la femminilità dominante di quest'opera, e l'ambientazione cupa, noir. Il Dylan Dog 348 è un albo maturo, adulto, molto potente. E' cambiato parecchio dal Dylan Dog che leggevo anni e anni fa. Si tratta di una evoluzione che in parte mi piace, che mi spinge a pensare che il rinnovamento sia orientato a far piacere la testata ad adulti, che poi erano i ragazzini di ieri, quelli che leggevano il Dylan dei primi anni... Insomma, mi sembra che Dylan segua il suo primo pubblico e cerchi di crescere con lui. Mi domando se piaccia ai teenager di oggi, che per certi versi sono molto più maturi loro di quanto lo fossimo noi alla loro età, ma davvero funziona questa tattica? O forse DD ha bisogno degli oldBoys per vivere?
Digressione a parte, un bel 10 non lo toglie nessuno a Barbara Baraldi. Il suo tocco in questa vicenda si vede e si riconosce. Dò 8 invece a Nicola Mari, perché in questo albo ci sono tavole che lasciano il segno, come a pagina 14 (n.d.r. giusto per citarne una sola), ma i volti non mi hanno convinto, per lo meno non sempre. 10 anche ad Angelo Stano, la copertina è eccezionale.
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