lunedì 30 novembre 2020

Starship Journal (Incipit) - #ebook

Glauco Silvestri
Diario di Bordo. 

Nome del Vascello: Nave da ricerca “Magellano” 
Ufficiale redattore: Ing. Civile Di Maria Stefano 
Data Terrestre: Sconosciuta 
Ora solare: 15,30 

Alle ore 12,00 odierne, l’intero organico della nave è stato risvegliato dalla stasi criogenica a causa di alcune anomalie riscontrate dell’elaboratore centrale CC-1001. 
Secondo i dati registrati dai sensori ambientali, il vascello ha attraversato un potente campo elettromagnetico che, per motivi non ancora ben definiti, ha destabilizzato le celle di contenimento del propulsore. 
La perdita del campo di contenimento ha contribuito al decesso di tutte le coltivazioni bioenergetiche. I licheni hanno subito notevoli sollecitazioni e hanno cessato la loro attività nelle due ore successive all’evento cosmologico. Inutili sono stati tutti i tentativi di rivitalizzare le celle immagazzinate nei campi di contenimento ausiliari. 
L’attuale potenza motrice della nave è ridotta al minimo. La spinta massima ottenibile dal propulsore di servizio, alimentato a energia atomica, non è sufficiente al raggiungimento del pianeta Terra in un periodo di tempo accettabile. 
L’equipaggio ha il morale alto, ma le possibilità di tornare a casa sono praticamente nulle... 

End of Data. 

*

Amia era sdraiata fuori dalle mura della città. Si era scelta un grosso macigno levigato, simile per la forma a una sdraio anatomica. Osservava il cielo, silenziosa, mentre Antares, il suo cavallo, brucava qua e là piccoli ciuffi d'erba. 
Agl'occhi di Amia il cielo di Torkan non era mai stato così bello. L'azzurro candido di quando era bambina si era mischiato con i gas tossici che la città aveva scaricato indisciplinatamente nell'aria. Ora, grazie a questi gas, gli occhi della ragazza potevano vedere uno spettacolo tale che nemmeno un proiettore laser avrebbe potuto disegnare in cielo. 
L'aurora era uno spettacolo stupefacente. Milioni di colori mescolati tra loro, brillanti e accesi, spinti dalle correnti d’aria come fossero le acque di un grosso fiume. Erano corpi che si abbracciano in una sinfonia lenta, piena di agonia, come se facessero l'amore, come se fossero disperati, come se fosse l'ultima volta, per loro. 
In realtà, quello era solo l'inizio. Un nuovo inizio per il pianeta, oltraggiato per decine di secoli dalla pazzia dell'uomo, incapace di lottare contro il genio della razza umana. Ora Torkan si prendeva la sua rivincita donando alla specie umana un ambiente invivibile, e per sua gioia, condannandola all'estinzione. 
Con la mano ambrata Amia si teneva i capelli dietro la nuca. Amava sentire il soffio del vento sulla pelle, il calore dei raggi solari, e quando fuggiva dalla città per rimanere sola, si liberava da tutto ciò che poteva impedire il contatto con la natura morente. 
Lei faceva parte di Torkan. Era nata su quella terra sterile e non voleva andarsene. Non sarebbe mai salita su uno di quei razzi che venivano sparati nello spazio a ritmi regolari. Là fuori non c'era nulla. Quella gente partiva con la speranza di trovare una nuova casa, e invece, non si rendeva conto di cambiare solo il tipo di bara in cui trascorrere l'eternità. 

*

Lei voleva essere sepolta vicino a quella roccia. 





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mercoledì 25 novembre 2020

La Panchina Gigante su Monte Pedrazzo

Glauco Silvestri
Arrivo forse con un mese di ritardo nel raccontarvi fotograficamente il percorso ad anello di Prignano Sul Secchia e la Panchina Gigante che compare a metà di questo percorso, proprio sulla cima del Monte Pedrazzo.


Avevamo letto di questa panchina sul giornale, e al primo spot libero da lockdown, una domenica, abbiamo deciso di andare a vederla. Fare escursioni in questo periodo non è proprio comodo. Tra mascherina, distanziamento, locali chiusi... Specie se non si è vicini a casa, diventa una vera 'impresa'. A ogni modo, zaino in spalla carico di tutto il necessario, compresi il mio Parrot Anafi e la fedele TZ-90, nonché l'intero kit per Sansone, siamo saltati in auto e siamo partiti.





L'anello di cui vi parlo non è molto lungo. Sono circa 5 chilometri, per cui lo si potrebbe percorrere comodamente in un'oretta. Ma quando si arriva in cima, a metà del percorso, si finisce per perdere un sacco di tempo per scattare foto allo splendido panorama, e ovviamente alla panchina.
Poi... Aggiungiamo il foliage autunnale, e anche la seconda metà del percorso diventa interessante.




Essendo partiti un po' tardi, durante il nostro cammino abbiamo avuto la fortuna di cogliere la golden hour, ovvero il tramonto, ma allo stesso tempo, di dover chiudere il percorso un po' di corsa per il veloce calare della luce mentre ci trovavamo nella boscaglia (n.d.r. Torcia frontale? Ovviamente dimenticata a casa).





Per questo le foto che vi mostro sono relative al solo primo tratto del cammino... Al rientro avevamo un po' di fretta, e volevamo arrivare all'auto con ancora un briciolo di luce ambientale.


Ciò non toglie che io non abbia documentato il cammino con il solito, fedele, Fimi Palm. Buona visione.





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martedì 24 novembre 2020

Che cosa ci faceva con lei?

Glauco Silvestri
Che cosa ci faceva con lei? Come faceva ad amarla? Eppure l’amava. O, almeno, lei lo faceva sentire triste, sfinito, deconcentrato. Forse c’era un altro modo di descrivere quella combinazione di sentimenti unica e sterile, ma per il momento doveva accontentarsi della parola «amore».


Funny Girl - Edizione Italiana (Guanda Narrativa) (Italian Edition) (Hornby, Nick)




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lunedì 23 novembre 2020

Sogno di Capitano (Incipit) - #ebook

Glauco Silvestri
L'oscurità avvolse gli occhi che si erano aperti di scatto. Era stato svegliato da un grido proveniente dall'appartamento sopra il suo. Non poteva vedere attorno a sé ma poteva comunque tendere l'orecchio e apprezzare il tonfo ovattato e martellante che scendeva attraverso le pareti della stanza. Un ritmo preciso, frenetico, accompagnato da gemiti e sospiri. Una sorta di melodia ancestrale che, a intervalli regolari, si sovrapponeva a dei grugniti animaleschi. Rimase qualche istante ad ascoltare e immaginare cosa stava accadendo al piano di sopra. 
Non riusciva a pensare a Nicoletta in quel modo. Lei faceva la maestra delle elementari, una giovane ragazza premurosa e sempre attenta alle esigenze dei bambini. No, non riusciva proprio a immaginarsela nell'intimità con un altro uomo. 
Si mise a sedere, ora riusciva a vedere il debole display fluorescente della sveglia. Mancava giusto una mezz'ora di sonno e non aveva la minima voglia di starsene nel letto a rigirarsi tra le lenzuola, specie con quello che stava accadendo al piano di sopra. Si sollevò, e lentamente, uscì dalla stanza. La luce del pianerottolo investì i suoi occhi ancora intorpiditi. Un lamento, e poi l'oscurità del bagno. 
Aprì il rubinetto dell'acqua fredda. 
Dopo un attimo di esitazione immerse la testa sotto il getto d'acqua gelata. Sicuramente il miglior modo di svegliarsi, o di farsi venire un infarto. 
Una decina di minuti più tardi era in cucina, radio accesa su RTL, latte sul fuoco e biscotti pronti, sul bancone, di fianco a una grande tazza con il castello di Dracula disegnato sopra, comprata in Transilvania l'estate precedente. 
Aveva sollevato la tapparella e ora la casa era illuminata da un debole Sole coperto dalla foschia mattutina. Nella stanza da letto non si udivano più le gesta di Nicoletta. Forse il rumore della tapparella li aveva intimiditi oppure, forse, si stavano crogiolando l'uno sull'altra per riprendersi dall'estenuante amplesso. 
Su RTL, la Benatti rideva di un SMS che era arrivato in studio. Un ragazzo raccontava di essere stato beccato a letto con la sua ragazza dai genitori. Era quello l'argomento della mattina, le peggiori figuracce che erano capitate agli ascoltatori. Lui, nel frattempo, aveva già finito di mangiare ed era tornato in bagno a osservare il suo volto allo specchio. Trent'anni passati, viso giovanile ma con lo sguardo stanco. Barba leggermente accennata, carnagione chiara, capelli corti. Sorrise, fece una linguaccia, si prese in giro, e poi, decise di tenere quel filo di barba da uomo vissuto. Si lavò velocemente e tornò nella stanza da letto. Prese i jeans che la sera precedente aveva appoggiato su una sedia e se li infilò. Aprì l'armadio alla ricerca di un maglione a collo alto. Non aveva voglia di camicie o magliette. Voleva sentirsi libero, sotto i vestiti, come se fosse stato lui ad avere una notte di sesso sfrenato. 
Rifece il letto. Per radio c'era il notiziario. Le solite notizie, politica inconcludente, incidenti stradali, stragi e guerra. Lo sport, ovvero solo il calcio, e poi il meteo. Nebbia su tutta l'Italia con brevi schiarite nel mezzogiorno. Poi l'oroscopo. Spense la radio, infilò gli anfibi, il giaccone e una sciarpa pesante che adoperava sin da bambino. Raccolse le chiavi di casa, quelle della macchina e i guanti di pelle nera. Era pronto per uscire, anche se non ne aveva voglia. 
Si guardò allo specchio posto nel corridoio, si fece coraggio, uscì e chiuse la porta dietro di sé. 

*

L'auto stava percorrendo il solito tragitto. Ormai lo conosceva a memoria, lo faceva da quand'era in suo possesso, ogni giorno, cinque giorni alla settimana, cinquantadue settimane all'anno. Per questo motivo poteva staccare la concentrazione e tentare di prendere coscienza. Facevano tutti così, i suoi compagni di viaggio. Quelli chiusi nel loro universo di latta, in fila indiana, chi davanti e chi dietro alla sua auto. Donne, uomini, gruppetti di persone, tutti in fila, ognuno a pensare, a prepararsi per la giornata di lavoro. 
Nell'altra corsia c'era il solito rappresentante vestito di grigio, una mano al volante, l'altra impegnata a manovrare un piccolo rasoio elettrico. 





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venerdì 20 novembre 2020

PARROT ANAFI FLIGHT: I Calanchi d'Africa

Glauco Silvestri
Il video di oggi vi propone un volo interessante sui Calanchi di Monteveglio. Vi ricordate? Li avevamo visti da vicino poche settimane fa in una escursione lungo il Rio Ramato.
In questa occasione ho voluto sorvolarli con il mio Parrot Anafi, per avere un punto di vista differente, e poter ammirare dall'alto questo paesaggio incredibile.





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mercoledì 18 novembre 2020

OUTDOOR EXPERIENCE: Murale lungo la Via degli Dei

Glauco Silvestri
Centoventuno chilometri. Questa è la distanza da coprire per andare da Bologna a Firenze seguendo la Via degli Dei
Il video che vi propongo, ovviamente, non è relativo a questo cammino, che - chissà - magari un giorno potrei anche tentare... Bensì è dedicato a un Murale, realizzato il settembre scorso del movimento Libertà di Restare, in cui si vuole paragonare il piacere del viaggio così come è inteso da noi occidentali, e le difficoltà del viaggio di chi invece fugge dal proprio paese in cerca di una nuova speranza.
Viaggiare a piedi, per noi, è sport, è un viaggio interiore, una sfida psicologica... Ma per altri esseri umani, lo stesso viaggio è un gesto disperato, di speranza, e pieno di rischi e difficoltà.
Il murale si trova sulla strada che da Badolo conduce a Brento... Non è stato facile trovarlo in quanto avevamo informazioni non troppo precise, e la gente del luogo sembrava ancora più confusa di noi... A ogni modo, ce l'abbiamo fatta.

Il video è stato girato, come al solito, dal piccolo Fimi PalmBuona visione.




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martedì 17 novembre 2020

Chiunque fosse stato quell’uomo...

Glauco Silvestri
Chiunque fosse stato quell’uomo, probabilmente non avrebbe voluto passare tutta la serata ad ascoltare lei che non finiva più di lamentarsi dell’ingiustizia del mondo.


Funny Girl - Edizione Italiana (Guanda Narrativa) (Italian Edition) (Hornby, Nick)


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lunedì 16 novembre 2020

Sanguinem (Incipit) - #ebook

Glauco Silvestri
I passi del centurione giungevano soffocati alle orecchie della sentinella di servizio alla Porta Decumana. Il soldato manteneva lo sguardo fisso verso l'orizzonte per nulla preoccupato da quel movimento che gli arrivava dall'interno del Castrum; il suo compito consisteva nel tenere costantemente sotto osservazione la non lontana Via Emilia. Ogni luce, rumore, movimento sospetto avrebbe annunciato l'arrivo del tanto temuto nemico barbaro che era sconfinato in territorio italico già da quasi un mese. 
Voci incontrollate e provenienti da tutte le principali città concordavano che il grosso delle forze avversarie si stava muovendo lungo quella antichissima via, una delle prime realizzazioni dell'Impero e forse una delle più importanti per mantenere vivi i collegamenti tra il centro del potere e i confini più remoti del territorio. 
Lo sconfinamento, la distruzione di molti centri abitati, e la sconfitta sul campo di intere legioni aveva fatto crescere la paura tra i cittadini, e per evitare il panico generale, il governo centrale si era trovato costretto a mettere in allarme tutte le truppe di riserva, nonché a richiamare i grandi eserciti schierati sulle linee di confine del vasto territorio imperiale. 
Il tempo però non sembrava parteggiare per il potente Impero Romano. I barbari avanzavano rapidamente e al loro passaggio facevano terra bruciata. Nulla sopravviveva alla forza bruta dello sconosciuto comandante che aveva intrapreso la folle impresa di dirigere direttamente verso Roma. 
L'agitazione tra la popolazione aveva contaminato anche le schiere politiche e militari. I migliori generali erano stati sconfitti. I migliori soldati erano stati battuti. Le città erano state devastate. Gli uomini erano stati uccisi, mutilati alle estremità e sepolti privi di testa, mani e piedi; i bambini venivano rapiti e allevati secondo usanze barbare, se non utilizzati come schiavi di piacere; le donne subivano sevizie indescrivibili per poi essere in seguito abbandonate a morte certa nelle campagne devastate dagli scontri militari. Nulla rimaneva in piedi dopo il passaggio dei barbari, ma nonostante ciò, quella sera l'accampamento dormiva silenzioso e pervaso da una tranquillità surreale. 
L'aria frizzante e fresca di una primavera che tardava a scoppiare teneva ben deste le membra di Livius Petronius Felicitus, incaricato della sicurezza del Castrum e tormentato da strani pensieri che non volevano abbandonarlo neppure durante le ore del riposo. Camminava pesantemente lungo il Cardo; la sua tenda tardava a conciliare il sonno e così aveva deciso di dissipare i propri pensieri camminando tra i suoi uomini intenti a riposare e a rinvigorire le proprie membra. La sua meta era la fiamma viva che bruciava al centro del Principium, dove lo attendeva il proprio comandante, anch'egli sveglio e preoccupato. 
«Livio», disse l'ufficiale superiore quando vide l'ombra del centurione avvicinarsi alla fiamma «anche tu non riesci a prendere sonno?». 
Il centurione annuì «Mio comandante», disse «troppe notizie giungono dal nord. È difficile allentare la pressione sull'anima». 
Antenor Ambrosius Caepius era altrettanto tormentato. Osservava la fiamma e si domandava per quale motivo gli dèi avessero abbandonato Roma proprio nel momento del maggior bisogno. La storia dell'Impero aveva subito innumerevoli alti e bassi, specie dopo la comparsa dei cristiani e della loro religione incapace di accettare altre divinità e abile nel creare scompiglio laddove un tempo c'era pace e prosperità. L'esercito aveva ormai smesso di presidiare i confini per potersi occupare delle sommosse interne, per sedare gli animi rivoltosi, per mantenere una stabilità ormai effimera e inconsistente. 
«Siediti, Livio», un cenno del comandante invitò il centurione ad accomodarsi vicino al fuoco «Dimmi cosa ti tormenta». 
Il centurione sedette ma rimase in silenzio. 





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martedì 10 novembre 2020

La domenica pomeriggio

Glauco Silvestri
La domenica pomeriggio la nostalgia di casa si acuiva. Il pensiero che se fosse stata ancora a Blackpool avrebbe trascorso il pomeriggio a rimpiangere di non essere a Londra non migliorava la situazione. Riusciva solo a farle sentire che non sarebbe stata felice da nessuna parte.


Funny Girl - Edizione Italiana (Guanda Narrativa) (Italian Edition) (Hornby, Nick)


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lunedì 9 novembre 2020

Luna Oscura (Incipit) - #ebook

Glauco Silvestri
15 febbraio 1971
 
La prua della Missouri solcava placidamente le acque fredde dei mari del nord. L’equipaggio, per quanto concentrato nei compiti abituali necessari alla navigazione, rivelava un lieve nervosismo di fondo. Anche in plancia, gli ufficiali controllavano silenziosamente i loro strumenti. Il comandante, irlandese d’origine, non mascherava un certo disagio nei confronti dell’uomo che gli stava a fianco. Controllava l’orizzonte con il proprio binocolo, silenzioso, e verificava che la rotta seguita dalla sua nave fosse realmente quella prestabilita dagli ordini ricevuti. 
«È sicuro che verranno?», chiese il capitano di vascello abbassando il binocolo e osservando l’uomo in giacca e cravatta al suo fianco. 
«Più che sicuro!», rispose questi senza indugio. 
«Ammetto che non comprendo ancora le motivazioni di questo incontro...», disse il capitano «Tra noi e loro vige un sottile armistizio, la sola nostra presenza in questi mari potrebbe scatenare conseguenze inimmaginabili». 
L’uomo sorrise «Capitano McGregor», suggerì sibilando maliziosamente come un rettile «lei si limiti a seguire gli ordini, il resto lo lasci a noi politici». 
L’ufficiale di marina grugnì sommessamente e si allontanò dall’uomo. 
La nave, nel frattempo, aveva raggiunto il punto prestabilito per il rendez-vous. Il capitano diede ordine di fermare le macchine e di calare l’ancora. Il politico annuì soddisfatto. Uscì dalla plancia senza degnare nessuno di un saluto, scese la scaletta metallica che conduceva al ponte principale e uscì all’aperto attraverso una porta stagna. Si fermò di fronte all’immensità di quel mare di ghiaccio. Inspirò profondamente e chiuse gli occhi. L’aria era frizzante e pulita. Molto differente da quella a cui era abituato. 
Aprì gli occhi quando sentì dei passi avvicinarsi. Era il comandante della Missouri, che avendolo visto lì fermo, aveva deciso di tentare un secondo approccio. 
«Vorrei chiederle scusa per l’atteggiamento tenuto in plancia», anticipò il militare «L’intero equipaggio è piuttosto teso. Ammetterà anche lei che navigare in acque nemiche senza una scorta adeguata è... quantomeno pittoresco. Tutto ciò senza neppure considerare gli ospiti che abbiamo a bordo». 
L’uomo in giacca e cravatta annuì «Può stare tranquillo, nessun rancore. Il regime militare impone che le informazioni siano diffuse col contagocce, ma le garantisco che non accadrà nulla alla Missouri». 
Il comandante annuì silenzioso «Posso chiederle, in via ufficiosa, quale motivo abbia spinto chi sappiamo a intraprendere questa missione?». 
«È complicato da spiegare», l’uomo esitò un istante «Ma sono sicuro che presto verrà a conoscenza di quanto le spetta». 
«Sicurezza nazionale?». 
Il politico sorrise e scosse la testa contemporaneamente «No, capitano. Molto, molto più importante». 

*

Il ticchettio dell’orologio era diventato fastidioso. Rimanere chiuso dentro una cabina angusta gli faceva tornare a mente il periodo in cui i suoi genitori lo mettevano in castigo nella vecchia e polverosa cantina sotto casa. Non poteva muoversi liberamente. Non poteva camminare sul ponte e godere della brezza marina. Non poteva parlare con nessuno, se non con i propri collaboratori e con quel viscido essere che, in quel momento, se ne stava liberamente in plancia a discutere col capitano della nave. 
Si chiedeva come poteva essersi scatenata una storia tanto complessa. Osservava i documenti, le foto, i rapporti che aveva disposti disordinatamente sul piccolo tavolino metallico di quella cabina. 





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martedì 3 novembre 2020

La fame repressa ci divorerebbe l’anima...

Glauco Silvestri
Poiché altrimenti la fame repressa ci divorerebbe l’anima, tramutandoci ben presto in una società infelice, fatta di uomini furiosi e donne frustrate. Una civiltà ordinaria quanto pericolosa, proprio come quella da cui tu vieni.


Arma Infero II (Fabio Carta)


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lunedì 2 novembre 2020

La taverna di Dioniso (Incipit) - #ebook

Glauco Silvestri
La voce roca del leader dei Korn usciva rabbiosa dall’abitacolo della piccola Lotus Elise gialla che correva lungo Via Mazzini in direzione San Lazzaro. Era notte fonda. Il primo luglio aveva appena esordito tra le torri secolari della città con la sua afa soffocante. Un cielo nero, tempestato da piccole luci evanescenti, era testimone della fuga degli abitanti verso le vicine località marittime. 
Artemide, dall’alto di quella notte afosa, osservava curiosa il piccolo veicolo mentre sfrecciava su una Via Emilia completamente sgombra. Alla guida c’era un giovane dall’espressione strafottente. Viso pulito, elegante, occhi azzurri, capelli biondi dalla piega perfetta. La sicurezza fatta persona. Il sorriso del ragazzo dimostrava tutta la sua disinvoltura nella guida. Gesti rapidi, eleganti, manovravano cambio e volante mentre l’auto sfrecciava per le strade deserte. Una danza che coinvolgeva, oltre alla vettura impertinente, anche il corpo snello e tonico del giovane. 
Apollo era diretto alla taverna che Dioniso aveva rilevato da qualche mese lungo quell’antica via bolognese. Era furioso. Suo padre era diventato intrattabile da quando non poteva più sorseggiare il profumato nettare di suo fratello. La sua fuga sulla Terra lo aveva indispettito a tal punto da rendere impossibile la vita a tutti gli altri abitanti dell’Olimpo, specie a sua madre, che presolo in disparte, gli aveva imposto di andare a riprendere il figliol prodigo e di usare ogni mezzo a propria disposizione per ricondurlo all’ovile. 
Missione che ad Apollo era parsa più semplice di quanto poi non si fosse rivelata in realtà. Oramai erano già trascorsi più di due mesi e Dioniso non era ancora rinsavito. Lo stesso Apollo non era più rientrato sull’Olimpo, e con lui molte altre divinità avevano abbandonato le loro case per disperdersi tra le mura della piccola e accogliente Bologna. 
Frenò bruscamente quando vide l’insegna dell’osteria brillare su una piccola palazzina alla sua sinistra. Accostò rapido tagliando l’altra corsia e spense il motore ignorando bellamente il colpo di clacson di uno scooter che per poco non era volato a terra nello scansare il bolide giallo. 
Apollo scese dall’auto. Osservò il ragazzino alla guida dello scooter che non aveva rinunciato a rivolgergli un dito alzato mentre si allontanava. Sorrise, e sottovoce, gli suggerì di fare attenzione alla rotonda che stava per affrontare. Suggerimento che il giovane non poteva udire. Attese qualche istante e un nuovo colpo di clacson lo fece annuire di soddisfazione. Lo scooter si era immesso nella rotonda senza dare la precedenza. Un auto aveva frenato di colpo per tentare di evitare l’impatto ma la distanza tra i due veicoli non era sufficiente. Il suono cupo di plastiche infrante esplose pochi istanti più tardi. Il rombo di un motore costretto a soffocarsi dalla frenata, il metallo strisciante sull’asfalto, il tonfo del corpo giovane privo di sensi costretto dall’inerzia a battere violentemente contro un cassonetto, giunsero in una successione inevitabile. 
Apollo aprì le porte della taverna ed entrò come già aveva fatto qualche sera prima. Dioniso controllava una scaffalatura ricca di preziose bottiglie ambrate provenienti da tutta Italia. Apollo studiò in silenzio la figura robusta che annotava chissà cosa sul piccolo blocco note che reggeva tra le mani. Dioniso sembrava ringiovanito e rinvigorito. Fischiettava il tormentone estivo del momento e ogni tanto accennava anche qualche breve passo di danza. 
«Se sei venuto per convincermi a tornare», disse la voce baritona dell’oste «allora puoi dire tranquillamente a tuo padre di farsi un bel litro di Tavernello. Per quel che ne capisce, non si accorgerà mai della differenza». 
Sorpreso, Apollo fece qualche passo verso l’uomo, e con fare affabile, ribatté «Come hai capito...». «Non c’è bisogno di possedere poteri divinatori per capire il motivo della tua presenza qui», lo interruppe Dioniso «Piuttosto...», aggiunse «Assaggia questo». 
Porse un calice in cristallo al ragazzo e vi versò un dito di un liquido del colore dell’oro «Viene dalla Sicilia, è una cantina nuova. Sublime». 
Apollo avvicinò il bicchiere al naso, inspirò il profumo fruttato, quindi si mise a contemplare il colore «Viene dalla Sicilia?». 
Dioniso annuì sorseggiando lo stesso nettare dalla propria coppa «Ottimo. Cattura il palato e la fantasia», allungò la bottiglia ad Apollo «Che fai? Non lo assaggi?». 
Il ragazzo esitò per un istante, quindi appoggiò le labbra al bicchiere e sorseggiò il vino. «Sublime, vero?». 





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