giovedì 31 dicembre 2015

Basta che Funzioni - #Film #Recensione #Auguri

Glauco Silvestri
Ormai mancano poche ore alla fine di questo lungo, lunghissimo 2015. Se dovessi fare un conto sulle esperienze vissute in questo ultimo anno ci vorrebbe ben altro che questo breve post. Tante cose bisognerebbe citare, eventi catastrofici, atti di terrorismo, notizie da brivido, la solita crisi, vacanze esaltanti, momenti di grande stress, addii sul lavoro, e un grande passo per me (n.d.r. che ancora mi sorprende) di cui ancora non voglio svelare nulla, perché è in fase di svolgimento, e necessiterà anche di una bella fetta del 2016 per giungere al traguardo. 
Ci sarebbe tanto da dire, e allo stesso tempo sarebbe nulla da dire.
Per questo ho pensato di parlare di un film, oggi, che credo possa essere simbolo del messaggio per il nuovo anno che vorrei lanciare a tutti voi.

Basta che funzioni è frutto dell'immaginazione di Woody Allen, ma per una volta lui non è presente come attore. I ruoli fondamentali sono in mano alla splendida (e bravissima a fare la svampita) Patricia Clarkson, e al brillante Ed Begley Jr. 
La vicenda è complessa, molto complessa, un po' come la vita vera... del resto, e nel titolo c'è proprio il messaggio che si vuole lanciare al pubblico. Se non ricordo male, lo vidi per la prima volta proprio in inverno, a cavallo del cambio di anno, diverso tempo fa.

Boris Yelnikoff, un tempo fisico di fama mondiale, è ora un uomo anziano che ha già fallito un tentato suicidio (in seguito al quale la moglie lo ha lasciato). Vive nelle sue paranoie, solo, circondato da pochi amici che ne sopportano le continue lamentele. Cinico oltre ogni misura, tira a campare dando lezioni di scacchi ai bambini. Un giorno incappa in Melody, una giovane miss di provincia che è fuggita nella Grande Mela e dorme in strada. Boris cede alle sue richieste e acconsente ad ospitarla per una notte, che si trasforma in mesi sino a divenire un matrimonio. 
Il bello viene ora, quando a un anno esatto dalle nozze compare Marietta, la madre di Melody, che dopo aver lasciato il marito - trovato a letto con la sua migliore amica - decide di seguire le orme della figlia. La donna, ispirata dall'aria di New York, cambia completamente atteggiamento, va a vivere con due uomini, diventa fotografa, artista, e sessualmente disinibita. Poi arriva persino il marito, che cerca di ricondurre la moglie all'ovile, e finisce per rivelare la sua omosessualità... Insomma, una bella confusione.

Il finale del film, ovviamente, da commedia tragicomica, ha un lieto fine. Non è che le carte tornino tutte al loro posto, tutt'altro, ma è il messaggio che se ne ottiene. Boris trova un po' di serenità. Marietta riesce a esprimersi come mai era riuscita. Il padre di Melody è finalmente libero dai gioghi culturali del piccolo paese dove aveva vissuto tutta una vita, ed è libero di esprimere la propria vera essenza. Melody trova il grande amore, che non è Boris, ma un ragazzo più giovane. Scopre anche di avere un cervello e di saper compiere ragionamenti complessi... Insomma, tutti vissero felici e contenti, ma molto al di fuori dai canoni che uno si aspetterebbe, perché... La vita è così: Basta che funzioni.

Bello, bello, davvero bello. Diverte e fa riflettere. E se si riflette, alla fine si capisce il messaggio, e si smette di lottare contro i mulini a vento.

Morale della favola? Per il 2016 che sta per giungere tentate di non arroccarvi sulle vostre convinzioni, lasciatevi trascinare dalla corrente, traete ciò che di buono vi arriva, e non preoccupatevi troppo di ciò che è negativo. Alla fine tirare le somme, siate felici, perché... la vita è così, e per stare bene è sufficiente che funzioni!

Tanti auguroni di buona fine, e di un ottimo nuovo inizio di anno.


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mercoledì 30 dicembre 2015

Giocare con il Movimento: Il Panning - #Corso #Fotografia

Glauco Silvestri
Scattare foto d'azione, o foto a soggetti in rapido movimento, può spaventare i fotografi meno scafati.
Nonostante le fotocamere odierne abbiano dei preset che aiutano questo tipo di scatti (n.d.r. Qui a fianco è indicato il preset sulla ghiera della Canon EOS700D), non sempre le foto vengono come le si immagina, un po' a causa dell'inesperienza, un po' perché per ottenere foto d'effetto è necessario andare un po' oltre alle tecniche di base per scattare una buona foto.

Una tecnica fondamentale per ottenere ottime foto in movimento è il Panning.
F/6.3 ISO100 1/125" 55mm
Per il Panning è necessario utilizzare tempi di scatto ridotti. E' inoltre necessario seguire il soggetto, muovere la fotocamera alla stessa velocità a cui si muove quest'ultimo, cercando di tenerlo inquadrato sempre nella stessa posizione del fotogramma. 
Ciò consentirà di ottenere una foto dove il soggetto è perfettamente a fuoco, e lo sfondo in movimento, dando così il senso della velocità.

Ammetto che è necessario allenarsi un pochino per cercare di mantenere inquadrato il soggetto mentre lo si segue con la fotocamera, anche perché l'inseguimento deve proseguire anche durante lo scatto, e per qualche secondo anche dopo lo scatto, altrimenti l'effetto verrebbe meno. In più, al momento dello scatto, il mirino si oscura, e ciò rende tutto più complicato.
A vantaggio del fotografo c'è l'uso di tempi rapidi. La gamma di velocità dell'otturatore dovrebbe essere per lo meno nel range tra 1/15" e 1/60", a seconda della velocità del soggetto.
Potete trovare aiuto anche nell'uso di un treppiede, o di un monopiede, se il soggetto si muove in modo lineare prevedibile (n.d.r. per esempio una automobile, o un treno, o un cavallo che corre di fronte a voi). Il più delle volte, però, dovrete affidarvi solamente a voi stessi...
E' importante evitare il più possibile i movimenti bruschi, cercare di muoversi solo in una direzione (orizzontale) e ridurre al minimo i movimenti verticali e l'inclinazione. Soprattutto bisogna essere fluidi, convinti, e non muoversi a scatti.
Potete inoltre farvi aiutare dallo scatto continuo, come ho fatto per il gabbiano soprastante. Ammetto che quando l'ho visto, non avuto tempo per impostare a dovere la macchina, per cui mi son dovuto fidare dello scatto continuo e dell'automatismo, che ha preferito un tempo veloce veloce, impostato su 1/125", che forse non è l'ideale... Ma il gabbiano era velocissimo e ciò mi ha salvato. L'importante è mettere a fuoco il soggetto in modo che l'automatismo non si confonda con ciò che sta alle sue spalle, o davanti a esso.

Qui di seguito vi riporto l'intera sequenza di immagini scattare per il gabbiano...











In questa sequenza ho messo a fuoco il gabbiano quando era di fronte a me, un'immagine facile da inquadrare e mettere a fuoco correttamente. Poi ho dovuto solamente scattare a ripetizione con l'accortezza di seguire il volo dell'uccello senza perdere l'inquadratura, e soprattutto la messa a fuoco. 
E' da notare che nel momento in cui il gabbiano si trova all'apice del suo volo le foto siano venute sovraesposte. Ciò è dovuto al fatto che la messa a fuoco è stata fatta sulla prima immagine, quando il gabbiano volava basso, in una zona in ombra.

Questo tipo di scatti richiede un po' di esperienza. Bisogna provare e riprovare, soprattutto è necessario riuscire a muoversi seguendo il soggetto, mantenendolo inquadrato, e a fuoco, anche quando l'immagine scompare dal mirino durante gli scatti.

Note Pratiche: Se avete un obiettivo stabilizzato che non prevede una posizione per il Panning, disattivate lo stabilizzatore, altrimenti il sistema potrebbe tentare di correggere l'effetto movimento, rovinando la foto. 

Note Pratiche 2: Vista l'impossibilità di utilizzare lo stabilizzatore, l'uso dello scatto continuo aiuta a ridurre al minimo le vibrazioni della fotocamera.



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martedì 29 dicembre 2015

Siate attenti alle parole...

Glauco Silvestri
Non c’è più il mito. Non c’è più l’immagine. C’è, ancora, la parola. Grazie all’esistenza della parola posso qui narrare, epperò sarebbe inutile. Quello che c’è da dire è già stato detto. Le parole cadono esattamente dove devono cadere. Così è stato promesso, ma così non è. Siate attenti alle parole. Esse sfuggono, si insinuano come fantasmi tra le crepe delle pareti senza intonacatura. E lì proliferano. Mentono, plasmano i loro significati, arpionano i significati per fuorviare.

L'impero familiare delle tenebre future (Italian Edition, Andrea Gentile)
Evidenziazione Pos. 1292-99  | Aggiunta il venerdì 3 maggio 13 18:34:21 GMT+02:00

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lunedì 28 dicembre 2015

I guardiani della notte - #Film #Recensione

Glauco Silvestri
Moltissimo tempo fa frequentavo delle ragazze russe (n.d.r. Non pensate strane cose, eravamo amici e basta). Una di loro amava leggere, e non so per quale motivo, alla festa di un capodanno mi parlò di una trilogia scritta da un autore sovietico, una sorta di storia paragonabile a Il Signore degli Anelli, ma meno all'acqua di rose. Mi diede tutti i riferimenti e cominciai a cercare se era possibile trovare i libri tradotti in italiano, e li trovai, senza neppure troppe difficoltà.
La saga mi conquistò immediatamente, e l'amai parecchio, per quanto forse il terzo libro fosse più debole, e avesse un finale non dico scontato, ma obbligato. Poi, capitò nelle sale I guardiani della notte. Il film non ebbe un grande successo, tanto che il suo seguito arrivò nel nostro paese solo in dvd, e non so neppure se l'epilogo sia mai giunto in Italia.
In effetti il film sfiora appena il contenuto dei libri. E temo fosse difficile riuscire a creare quanto raccontato nella saga in una pellicola di un paio d'ore. A ogni modo è un film con la sua dignità, e l'altra sera ho voluto rivederlo, visto che ero stanco, visto che non avevo voglia di uscire.

Ma di cosa stiamo parlando? Degli Altri. Gli Altri sono umani come noi, ma hanno delle facoltà - non chiamiamoli super poteri - che ai Normali sono precluse. I poteri degli Altri si dividono in due tipi. Ci sono i Guerrieri della Luce, per certi versi rivolti al bene, alla ponderatezza. E i Guerrieri del Buio, per certi versi rivolti al male, all'oscurità, al libero sfogo delle pulsioni più profonde. Millenni addietro i due eserciti si incontrarono a un crocevia. Non volendo cedere il passo, si venne allo scontro. La lotta fu una sorta di genocidio, le forze erano paritetiche, e se lo scontro non fosse stato interrotto, allora sia i Guerrieri della Luce, sia quelli del Buio, sarebbero entrambi scomparsi dalla faccia della terra. Per ciò i due signori al comando degli schieramenti decisero una tregua, nominando alcuni loro rappresentati a fare la guardia affinché nessuno violasse i patti. I guerrieri della Luce sarebbero diventati i Guardiani della Notte, per controllare che i guerrieri del Buio rispettassero le regole, e viceversa, i guerrieri del Buio divennero i Guardiani del Giorno, anch'essi intenti a controllare che i guerrieri della Luce fossero rispettosi dei patti.
Passarono i millenni e la tregua resse, per lo meno in attesa che arrivasse un nuovo Altro, colui che, scegliendo con quale schieramento stare, avrebbe rotto gli equilibri, e scatenato la guerra.
Tutto chiaro? Bene! Ai giorni nostri, in Russia, un ragazzo di nome Anton si reca da una maga perché è stato abbandonato dalla sua amata. La rivuole indietro. E la maga, che altro non è che un guerriero del buio, accetta. L'unico modo, però, è causare la morte del bambino che la donna porta in grembo, che non è figlio di Anton, bensì del nuovo amore della ragazza. Anton accetta. Ma il maleficio è una violazione del patto, per cui i guardiani della notte intervengono. La loro azione non dovrebbe essere visibile agli occhi del ragazzo, ma lui li vede... Ed ecco che all'improvviso il patto scricchiola. Anton è l'Altro che può rompere il patto, e la sua scelta, ovvero quella di andare a far parte dei Guardiani della Notte, sbilancia gli equilibri.

Insomma, dai, non vi è venuto un brividino lungo la schiena? Io ve lo consiglio. 
Come ho detto, il film ha dei limiti rispetto alla saga narrativa, ma si guarda volentieri. E' ben interpretato, poco approfondito, ma piacevole e con quel filo di sovrannaturale che non fa mai male.




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sabato 26 dicembre 2015

Sin City - #Film #Recensione

Glauco Silvestri
Frank Miller è sicuramente un maestro del fumetto. Le sue tavole evocano un mondo perverso, vero, crudo. In Sin City da il meglio di sé costruendo una città dove il peccato regna, dove la giustizia annaspa, dove i cuori sono puri, ma la purezza non basta mai.

Il film creato su ispirazione del comics ha molte carte da giocare, a partire da un cast di prim'ordine, fino a una fotografia mozzafiato. Giocare col bianco e nero, usando contrasti estremi, e concedendo uno sprazzo di colore solo per il porpora, il rosso, il sangue, è un tocco che rende questo film un'opera da ammirare.
Il tema trattato è disperato. Un poliziotto sacrificherà la sua vita per la piccola Nancy Callahan, rapita da un pedofilo. Marv lotterà a perdifiato per scoprire chi ha ucciso la bella Goldie, una spogliarellista che per qualche arcano motivo, gli ha donato una notte di piacere, e una speranza nella vita. Dwight si immischia nei fatti del violento Jackie dopo che ha picchiato l'ennesima ragazza, la sua. Ciò lo porterà in un quartiere dove la polizia non osa neppure entrare, dove a governare è un gruppo di ragazze guerriere assetate di sangue.

E non finisce qui, ma non voglio neppure svelare troppo, per cui mi rimane solo da dire che - pur essendo girato totalmente in digitale - le interpretazioni di personaggi come Rourke, Jessica Alba, Bruce Willis, Clive Owen e Benicio del Toro sono davvero perfette. Va segnalato il cameo con Rutger Hauer, ma soprattutto la presenza di Frank Miller stesso, che fa il prete.

Al botteghino il film ha deluso un po' le attese, lo ammetto, però è un film che ha i numeri per intrattenere, anche in questo santo stefano targato 2015. Certo, non è proprio il film natalizio da guardare assieme ai bambini, visto che si strizza l'occhio sia al nudo, sia alla violenza gratuita, ma dopo una bella abbuffata post cena natalizia, è ottimo.

Note a margine: E' uscito un seguito, nel 2014, zitto zitto, senza tanto clamore. E' a metà tra il prequel e il sequel, ha lo stesso cast, a meno di Clive Owen che è stato sostituito da Josh Brolin, ma non l'ho visto, lo ammetto, ma la domanda che si pone è: Si può uccidere per una donna? 


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venerdì 25 dicembre 2015

Top Gun (e il Natale) - #Film #Recensione #Natale #Auguri

Glauco Silvestri
Quale festa di Natale della vostra ricordate con maggiore emozione? Io devo tornare indietro parecchio, ma ho bei ricordi che si sono impressi a fuoco nel cuore. 
  • Ricordo quando nel 1981, lasciato solo in casa un sabato pomeriggio, andai alla ricerca del regalo di natale, e scovai il Commodore64 nascosto nell'armadio dei miei. Ricordo che mi misi a saltare sul loro letto per la gioia, e che poi dovetti rimettere tutto in ordine per fare in modo che non si accorgessero di nulla.
  • Ricordo, qualche anno prima, un Natale in cui ricevetti un sacco di scatoloni. Dentro quello più piccolo c'era un modello del Gundam, alto una trentina di centimetri, componibile, snodato, con tutte le armi... E io adoravo Gundam! Nello scatolone più grande c'era il Daitarn III, alto quasi quanto me, motorizzato, con i cingoli, che si trasformava nelle sue tre varianti (astronave, robot, carro armato)... E io già avevo la Match Patrol, capite... Il paradiso del bambino!
  • In tempi più moderni ho uno strano ricordo del mio primo Natale fuori con gli amici, nel dettaglio, con un amico, Luccio. Non ne ricordo i dettagli. Ricordo come ero vestito. Ricordo che andammo in centro a vedere il vecchione, poi il buio più completo. Ma mi è rimasto impresso.

Ma cosa c'entra tutto ciò con Top Gun? Era il 1986 quando uscì quel film nelle sale. Io avevo una passione smodata per i caccia da combattimento. Sognavo, finite le superiori, di iscrivermi all'accademia militare di Modena per diventare pilota. Adoravo due caccia in particolare, l'F-4 Phantom, e l'F-14 Tomcat. Ancora oggi credo siano i più bei velivoli mai realizzati (n.d.r. Anche i più attuali Mig-29 Fulcrum, e il prodotto Y-23 Black Widow, non scherzano). 
Ecco! Il natale di quell'anno uscì la colonna sonora del film, e poco più tardi il VHS. E' evidente che non potei farmi mancare nessuno dei due, ma la colonna sonora del film, la cassetta di quel film, mi fu regalata una sera, comprata al mercatino di Santa Lucia. Non so... Fu una grande emozione! A volte sono le piccole cose a donare le grandi emozioni.
Ho ancora quella cassetta, la conservo gelosamente, anche se ormai gli strumenti per ascoltarla stanno invecchiando, e pur funzionando, non so quanto tempo ancora potranno sopravvivere.

Tornando al film, nonostante fosse una pellicola che strizzava gli occhi ai teenager, era davvero ben costruito. La fotografia, le inquadrature, le scene di combattimento aereo, niente è stato lasciato al caso. La regia è davvero eccezionale, la storia ha più livelli di interpretazione (n.d.r. Il torneo Top Gun, l'amicizia tra Maverick e Goose, la storia d'amore tra Maverick e Charlie, i problemi interiori di Maverick dovuti alla morte del padre), ha azione, adrenalina, passione, amicizia, e anche un pochino di drammaticità. Ovviamente, essendo stato girato prima del crollo del muro di Berlino, tutti i velivoli sono occidentali, il famigerato Mig-28 del film non esiste, ed è interpretato da un F-5 Tiger. No problem, si può chiudere un occhio, perché il film è davvero ben fatto.
Bravi gli interpreti. Se fate scorrere la lista di chi ha partecipato nel film troverete molti nomi che oggi sono diventati importanti.


Qui sopra potete vedere i cinque personaggi principali, un po' invecchiati ma... Son loro. Tom Cruise lo conosciamo tutti. Kelly McGillis era bellissima, ma aveva qualche annetto più degl'altri, se non ricordo male. Val Kilmer... Quant'è cambiato. E Goose? Qualcuno di voi avrebbe mai immaginato che avrebbe interpretato Ciccio Dottor Green in E.R. per millemila stagioni? Meg Ryan, tra Top Gun e Harry Ti Presento Sally si è costruita la fama della ragazza dolce e fragile, che bel viso che aveva da ragazzina.
Poi, quatto quatto, c'è un pilota che passa sempre in secondo piano, Merlin, che altri non è che Tim Robbins, e non chiedetemi chi è perché mi offenderei! E l'imbattibile Jester chi altri non è se Micheal Ironside? Un volto difficile da dimenticare perché è pressoché sempre la figura del cattivo in moltissime serie televisive degli anni novanta. Compare in più di cento film... Figuratevi!

Per concludere, quando arriva Natale, io Top Gun me lo guardo sempre. E' un caro ricordo, ed è un bel film. Ve lo consiglio.

Ma voi, ditemi: Quali sono i 'Natali' che ricordate con più affetto?

Vi auguro di passare delle belle feste. Buon Natale a Tutti!



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giovedì 24 dicembre 2015

True Lies - #Film #Recensione

Glauco Silvestri
Regia di James Cameron, vi rendete conto? True Lies è un film che non invecchia proprio. E' ironico, ricco d'azione e di suspance, con interpreti davvero bravi, e una fotografia mozzafiato. Pochissima CGI, è un film realizzato alla vecchia maniera, ma funziona e non tradisce nonostante abbia sulle spalle parecchi, ma parecchi, anni di vita.

Trama: Harry Tasker ha una doppia vita. Per la famiglia è un rappresentante di database computerizzati. Nel mondo reale è un agente operativo della Omega Sector, compartimento speciale della CIA, specializzato nel controspionaggio nucleare. Sta indagando su una nuova organizzazione terroristica, che ovviamente ha trafugato diverse testate nucleari e minaccia l'occidente. Il fatto è che l'indagine gli ruba molto tempo, per ciò Harry trascura la famiglia, al punto che la moglie Helen si lascia coinvolgere dagli inganni di un venditore di auto usate che si finge agente segreto... Mentre la figlia Dana diventa sempre più ribelle, scostante, e indisciplinata. Harry si trova quindi costretto ad affrontare il problema mentre la situazione internazionale sta per crollare. L'unico modo che vede per risolvere la questione è coinvolgere la moglie nel suo lavoro, e allo stesso tempo eliminare la minaccia del venditore di auto scatenando su di lui una vera e propria caccia alla spia. La situazione, ovviamente, degenera... E l'intera famiglia dell'agente Tasker diventa bersaglio dei terroristi.
Le scene migliori? Quando Harry prova la corvette fingendosi un potenziale acquirente dell'auto, così da studiare il tizio che ha sedotto sua moglie. Lo spogliarello di Helen nella stanza buia, per conto della CIA. Il gran finale a bordo del Sea Harrier ove Harry affronta i terroristi per salvare la figlia Dana. 

Note di merito? Tia Carrere.

Quanta ironia in questa pellicola. Quanta azione. Che storia intricata. E' evidente che il terrorismo è solo una scusa per raccontare la vita familiare di Harry Tasker, ma il costrutto che sorregge l'intero castello di carte è davvero geniale. Bravissimo Cameron a catturare con originalità i momenti salienti della vicenda. Schwarzenegger è sublime, perfetto, e in formissima. In formissima è pure Jamie Lee Curtis, ottima nel simulare la mogliettina per certi versi timida, ma con un carattere da leonessa ben nascosto. Affascinante come sempre Tia Carrere. Bravi anche gli altri comprimari, che funzionano benissimo come spalla, e allo stesso tempo funzionano bene anche come personaggi chiave delle loro vicende laterali. 

Davvero tutto perfetto. Lo consiglio assolutamente... Ma non stasera, eh? Che è la vigilia di Natale, e dovete travestirvi da Babbo Natale, scendere dal camino a mezzanotte e mettere i regali sotto l'albero!

Auguroni a tutti quanti.
Buon Natale





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mercoledì 23 dicembre 2015

Giocare con gli Obiettivi: Il tappo Stenopeico - #Corso #Fotografia

Glauco Silvestri
La mitica scatola delle sorpresine del Mulino Bianco
Le prime lezioni di fotografia le ho ricevute da bambino, grazie a un maestro delle elementari che mi permetteva di provare la sua Pentax completamente manuale. Fu lui a spiegarmi per la prima volta come funzionava una macchina stenopeica, in pratica, a spiegarmi come funzionavano le prime macchine fotografiche. 
Ricordo che, da bambino costruii due macchine di questo tipo: una piccolissima con una scatola delle sorpresine del Mulino Bianco, una più grande con una scatola da scarpe. Ci giocavo come se quegli schermi artigianali fossero il mirino del mio aereo da combattimento. Vedevo le immagini rovesciate, al centro avevo disegnato una sorta di tacca di mira... La fantasia dei bambini è davvero senza confini.

Passarono gli anni, ebbi la mia prima fotocamera reflex, dimenticai la spensieratezza delle camere stenopeiche, e mi dedicai alla fotografia su pellicola da 35mm. Il mio primo incontro con una Holga fu più o meno cinque anni fa, guardando una vetrina in centro città. Pensai fosse una macchina fotografica per bambini... Quanto mi sbagliavo... La Holga è una macchina stenopeica funzionante.

Una foto scattata da una Holga
La peculiarità di questa macchina è quella di non dare mai un risultato certo. Fa 'foto brutte', spesso sfuocate, con grande vignettatura, e colori sparati. Solo che queste 'foto brutte' sono davvero belle... per lo meno, il più delle volte hanno qualcosa di davvero unico, incredibile. Qui a fianco potete osservare una foto scattata con una Holga, immagine che ho trovato online grazie a google.

Come funziona? Esattamente come funzionavano le prime macchine fotografiche. Non ha un obiettivo. Possiede solo un otturatore a scatto. La pellicola va avvolta manualmente. E al posto dell'obiettivo c'è un forellino infinitesimale che è posizionato esattamente in modo che la macchina abbia un fuoco infinito. Il tempo di scatto è impostato da una sorta di timer. La sensibilità dipende dalla pellicola inserita.

L'obiettivo Holga
Le immagini create da questa macchinetta mi hanno sempre incuriosito, mai a sufficienza per comprarne una, ma comunque abbastanza per tornare a pensarci ogni tanto. E così, qualche tempo fa, curiosando su Amazon, ho scoperto che esiste un obiettivo Holga da attaccare alla mia Canon. In realtà ne esiste un set completo, e addirittura uno che ha un sistema a revolver tale da permettere di cambiare l'effetto 'Holga' a seconda di quello che si vuole provare.
La cifra è talmente bassa che mi ero quasi convinto a prenderlo senza troppo pensare... Ma poi l'ho inserito nella mia wishlist (n.d.r. Ricordate ciò che ci siam detti sul corredo fotografico?).

Come si usa?
Questo tipo di obiettivo è particolare. E' come se avesse l'apertura del diaframma impostato su valori incredibili. Vi servirà probabilmente un cavalletto, e il telecomando, perché con aperture di questo tipo i tempi diventano davvero lunghi, anche in pieno giorno. Inoltre, per scattare la foto dovete tener conto del fatto che il forellino è tanto piccolino da rendere inutilizzabile il mirino della fotocamera, ma col Live-View dovreste risolvere egregiamente.
Per scattare la foto è sufficiente mettersi su Priorità di Apertura, impostare fuoco infinito, e scattare. Il risultato vi dovrebbe stupire, anche perché senza cambiare nulla, a ogni scatto potrebbe accadere di avere risultati differenti.
Provate, inoltre, a scattare qualche foto in manuale, calando il tempo, e aumentando gli ISO. Vi assicuro che vi divertirete, anche se probabilmente otterrete una foto bella ogni... diciamo dieci/quindici scatti.

Note a margine: Avete problemi a leggere scritte piccoline? Provate gli occhiali stenopeici. Io li ho, e fanno davvero miracoli, per quanto sia strano guardare il mondo da quelle lenti.


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martedì 22 dicembre 2015

Esiste un unico Io.

Glauco Silvestri
Neutro ma non neutrale, solamente esiste un unico io.

L'impero familiare delle tenebre future (Italian Edition, Andrea Gentile)
Evidenziazione Pos. 625  | Aggiunta il giovedì 2 maggio 13 18:29:23 GMT+02:00

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lunedì 21 dicembre 2015

L'umana avventura e l'io Interiore - #ebook #Letture

Glauco Silvestri
Forse sarebbe meglio non scomodare né Freud, né Jung, per affrontare questa tematica, perché altrimenti potremmo cadere in una sorta di analisi molto più approfondita di quanto, in un post semplice come questo, ci si dovrebbe aspettare. E' però vero che in narrativa l'io interiore è un elemento che risorge dalle ceneri, e conquista il pubblico senza mai stancare. 
Romanzi che affrontano questo tema abbondano nelle librerie, e provengono da ogni epoca storica, senza alcuna eccezione.
Del resto, i romanzieri, gli scrittori, devono essere un po' psicologi, devono essere capaci di comprendere gli intricati fili che muovono il pensiero umano, e lo sono... Altrimenti i loro personaggi sarebbero privi di spessore, sarebbero finti, non credibili, e la narrativa non avrebbe cavalcato le epoche amata da tutti come invece è sempre accaduto.
E' vero che oggi si vive una forte crisi del libro, ma la mia sensazione è che sia piuttosto una crisi di contenuti, e non una crisi vera e propria della passione della lettura. La gente legge meno, è vero, ma ciò accade perché la loro vita, la nostra vita, è molto più 'impegnata', stimolata, distratta (n.d.r. nel senso di distratta dalla lettura perché attratta da mille altri nuovi stimoli), di quella dei lettori di un secolo fa.
Se esiste una vera crisi, è la crisi dell'editoria, perché non riesce a competere, e soprattutto non riesce a stare al passo con i tempi, e ancora di più non riesce a uscire dai binari che da sempre la guidano e l'hanno guidata, tanto da non vedere neppure gli eventuali percorsi alternativi che potrebbero nuovamente farla fiorire. 

Ma questa è un'altra storia e non vorrei finire col divagare.

Torniamo agli scrittori, che nei loro personaggi, da sempre, riescono a imprimere tutte le paure, le passioni, i desideri, e le gioie, che il comune mortale prova nella sua vita e che desidera inconsciamente ritrovare nel romanzo che ha tra le mani. L'abilità dello scrittore è quello di proiettare il lettore nella mente del personaggio, e viceversa, far sì che il personaggio si proietti, e diventi, il lettore. Ognuno di noi, sicuramente, ha un romanzo che ama più di tutti gli altri, quello in cui meglio ci si rispecchia, per un motivo intimo, o esplicito, più che in tutti gli altri.
Questa è la magia della narrativa.
Questa è la magia intrinseca nei personaggi ben costruiti. Cosa accade, però, quando lo scrittore fa un passo oltre, e comincia a investigare nell'inconscio. Perdonatemi se citerò per lo più titoli di film, piuttosto che di libri, ma anche le sceneggiature sono una forma di scrittura, di conseguenza non mi sento poi così fuori tema come potrebbe invece pensare ai più.

Inception scava nei nostri sogni, li manipola, li riscrive, e per certi versi, li rende ancora più realistici. Memento affronta invece la mancanza di ricordi, e costringe il protagonista a una dura lotta contro sé stesso... Proprio come accade, ma in forma di commedia, in 50 volte il primo bacio. Cosa siamo noi senza i nostri sogni, senza i nostri ricordi? In Risvegli ci viene raccontata la fame di vivere di un uomo che è stato per lungo tempo in stato comatoso, una storia - se non erro - per altro vera. In Al di là dei sogni, addirittura, si cerca di salvare un'anima persa nelle sue paure, nel suo sconforto, per condurla dall'inferno al paradiso. 
Cosa siamo noi se non spiriti intrappolati in corpi di carne?
E sono questi spiriti, queste anime inquiete, a rendere tutto quanto vivo e con un senso. E' per questo motivo che, nel mio piccolo, son sempre stato attratto più dai personaggi che dalle storie vere e proprie. Personaggi che costruivo con pazienza, passando anche intere giornate a studiare le persone, seduto sui gradini di San Petronio, osservando i passanti, le loro vite, i loro momenti di gioia, di rabbia, di tristezza.

Così è nato Dual Band, osservando persone al telefono, immaginandole in contatto diretto con il loro sé, o con il loro alter-ego, dipingendole come lo Jing e lo Jang della coscienza, un po' come accade ne La cura del Gorilla di Sandrone Dazieri, ma mostrando caratteri molto più estremi, ed estremizzati.

In modo simile, è raccontata una vicenda in cui è nascosta anche una specie di autobiografia. Un impiegato annoiato che sogna di vivere in un passato remoto, da capitano di un vascello, in un'epoca in cui Inghilterra, Spagna, Francia e Olanda si contendevano il dominio dei mari. Balzi tra realtà e fantasia, o forse tra realtà e realtà, o forse ancora tra fantasia e realtà; elementi che si fondono e si separano, cambiando vite e destini, che infine si rivelano come qualcosa di più di un semplice Sogno di Capitano.

The N.D.E. scavalca le innate personalità interiori per cercare di toccare la morte, di scoprire cosa c'è dopo, o forse semplicemente scoprire se c'è un dopo, ma soprattutto, scoprire se il proprio spirito, la propria anima, esista veramente o sia una sorta di astratto creato per aiutarci ad accettare l'esistenza e fingere di comprenderne i meccanismi.

La caducità umana, invece, viene sfidata ne Guerriero Immortale, il soldato che vede morire tutti i suoi compagni, e li vede morire per mano sua, perché costretto da forze superiori che lo spingono a compiere questo gesto. La disperazione, la fatalità, la rabbia, i sentimenti più umani che tutti quanti noi conosciamo, assieme all'amore, qui sono messi alla prova del sangue, e solo col sangue vengono purificati.

Di morte si parla, o forse di destino, o di tragedia, nel leggere gli ultimi momenti di un equipaggio perso alla deriva nello spazio. Storie di uomini, avventurieri per certi versi, che mai si sarebbero aspettati che la loro vita prendesse una piega tanto lontana dalla loro immaginazione. Persone abituate al pericolo, e per questo abituate a non credere troppo alle fatalità... Che però avvengono. Il carico emotivo in questi casi diventa quasi insostenibile, e l'animo umano è l'unico appiglio mentre si attende l'inevitabile. Alla Deriva è proprio questo tipo di vicenda. E' fantascienza, ma allo stesso tempo non lo è, visto che gli eventi sono solamente una scusa per poter sondare l'animo umano, e le sue paure. Giusto una nota a margine... Questo è un racconto gratuito offerto dalle Edizioni Scudo, in pdf, per certi versi un po' meno fruibile rispetto allo standard dei miei ebook, tutti pensati per il Kindle.

Ma il grande mistero è probabilmente disegnato dalla dualità delle persone. I sessi sono ben distinti, uomini e donne, ma ognuno di noi proviene da un uomo e una donna, per cui è geneticamente innegabile che in noi alberghino sia caratteristiche femminili, sia caratteristiche maschili. Ma cosa potrebbe accadere se il nostro 'mondo' fosse inverosimilmente costituito da soli maschi, e da una sola bambina? La metamorfosi di Lena scava nella diversità di questa femmina, amata da tutti come fosse un miracolo incomprensibile, nei suoi dubbi, nella incomprensione della sua vera natura, nella dualità del suo io, e nel suo destino che è ancora tutto da scoprire.

E infine il viaggio interiore alla ricerca del proprio gregge. Nomade Pastoralis è una avventura mistica, surreale, che si divide tra mondo tangibile e fantasia, che naviga tra deserti e centri urbani, che colloquia con demoni ed emiri. Lo spirito interiore che è scisso dall'esteriorità della vita, e che cerca la propria strada, il giusto percorso per ricongiungersi con tutto ciò che lo circonda. E' forse un'esperienza criptica e difficile da comprendere, e va letta fino in fondo, perché nella vita non c'è inizio e neppure fine, un po' come la storia dell'uovo e della gallina... Chi dei due è venuto prima?

Così finisce il percorso di lettura di oggi, il terzo che propongo per offrire una sorta di sentiero da seguire tra le mie pubblicazioni. Si è scavato nell'inconscio, si sono affrontate la morte e le paure interiori, si è entrati nella mente di uomini e donne, e si son vissute esperienze estreme. La speranza, come sempre, oltre al trascorrere momenti di lettura costruttivi, è anche quella di riuscire ad avere una sorta di crescita personale, o per lo meno di ampliare la propria percezione di sé. Non è ovviamente detto che ciò possa accadere leggendo racconti e romanzi di intrattenimento quali possono essere quelli che vi ho proposto, ma allo stesso tempo, non si può mai sapere neppure quale sia la strada giusta che ci porterà alla vera consapevolezza. Per cui... Perché non tentare?

Buona lettura.



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sabato 19 dicembre 2015

Wetware, uomini e Robot - #Libro #Recensione

Glauco Silvestri
Ecco un libro che mi ha lasciato un po' così... Come dire... Stranito. 
Intanto mi chiedo perché Urania abbia pubblicato il secondo capitolo di una saga che raccoglie quattro romanzi. 
Wetware, uomini e robot ha vinto - come il romanzo che lo precede - il premio Philip J. Dick sulla fantascienza, cosa non da poco, anche perché il romanzo mostra una certa visione alternativa del futuro, un po' alla Dick, per l'appunto.

Però devo ammettere che questo romanzo non mi ha soddisfatto del tutto. Ma vediamo di andare per gradi.

Trama: La rivoluzione del XXI secolo saranno i "bopper", robot massicciamente intelligenti costruiti grazie ai principi dell'ingegneria evolutiva. L'intelligenza di queste macchine spaventa però gli umani che, finché è possibile, li relegano a vivere sul suolo lunare, in una città costruita dai robot stessi chiamata 'il Disco'. La tregua tra uomini e macchine non dura a lungo, tanto che esplode una guerra, durante la quale il creatore dei bopper, Cobb Anderson, viene prima soggiogato dalle macchine stesse - divenendone schiavo - poi ucciso, quando la macchina che lo 'guida' viene distrutta. I bopper vengono persino cacciati dalla loro città lunare, e costretti a vivere in una sorta di altra città costruita attorno a uno stretto cratere, che i bopper battezzano col nome di Nido. Il Disco viene ribattezzato Einstein City, e colonizzato dagli umani. Sulla Terra nel frattempo viene permesso solamente l'uso di robot ad intelligenza limitata da leggi ben precise scritte nel loro software, i cosiddetti Asimov.  Passano gli anni, e nel 2031 i bopper hanno sviluppato nuove tecnologie in grado da eliminare i problemi tecnici dei loro corpi primordiali (che dovevano essere raffreddati costantemente per non uccidere il robot), hanno potenziato la loro intelligenza, e sotto sotto hanno cominciato un florido mercato commerciale con gli abitanti di Einstein. Ciò che gli umani non sanno è che alcuni bopper stanno lavorando per convogliare la loro personalità, e intelligenza, in corpi biologici. L'idea è quella di inviare sulla terra uno di questi nuovi bopper (Manchile), dotato di un corpo capace di maturare molto in fretta, e di riprodursi altrettanto in fretta. Questi, grazie al fatto per cui la gestazione di questi 'meatbot' è di soli 9 giorni, contro i 9 mesi degli umani, dovrebbe essere in grado di riprodursi tanto velocemente da avere sul suolo terrestre più di un miliardo di nuovi meatbop in un solo anno. Lo scopo è quello di mescolarsi agli umani, e abbastanza velocemente, incrociare le due specie in modo tale che ogni conflitto non abbia più senso.

Descritto così, il libro appare parecchio attraente. Nella pratica però non ho apprezzato la narrazione, né la costruzione di questo romanzo. E' un'opera del 1988, quindi anche recente, ma sembra scritta con uno stile che richiama gli anni sessanta, i figli dei fiori, eccetera eccetera. La via è quella dell'uso di droghe per fondere i corpi e mescolare gli spiriti. La sessualità è al centro di ogni argomento del libro. I robot pensano continuamente a riprodursi, i rapporti umani sono tutti orientati alla sessualità, spesso di gruppo, spesso con uso di droghe. Anche i rapporti tra uomo e macchina sono piuttosto disinibiti, e l'intelligenza di uomini e macchine spesso è addirittura messa in secondo piano. Non che mi dispiaccia, ma alla lunga il romanzo mi è parso prevedibile, poco profondo, o per lo meno sviluppato con una profondità laterale, principalmente focalizzata sulla riproduzione, sulla biologia delle specie, e senza troppi approfondimenti sulla cultura delle specie. Il richiamo al messia, a esperienze bibliche, e a paragoni con eventi scatenati dai bopper mi è parsa non proprio profonda.

Insomma, no. Non mi ha entusiasmato, ma si legge senza troppa difficoltà, e offre un intrattenimento sufficiente a non spingere l'abbandono della lettura. Mi aspettavo qualcosina di più da un premio Dick, ma devo ammettere che leggere il secondo capitolo di una saga, per quanto il libro sia autosufficiente, rende la comprensione dell'intero 'universo' narrativo un po' meno facile.





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venerdì 18 dicembre 2015

Terminator Genesys

Glauco Silvestri
Alla faccia del reboot... Terminator Genesys rimescola completamente le carte in tavola in un modo accattivante, e allo stesso tempo un po' stupido. Ora, io non so se l'america disegnata in questo film rispecchi la realtà o meno, ma costringere ogni attore a camminare col volto sempre rivolto al suo Lumia (n.d.r. Già! Questo film pare sponsorizzato da Microsoft per quanti Lumia compaiono tra le mani degli attori), e tutto per rendere credibile che Skynet possa rivestire i panni di un sistema operativo che entrerà in ogni dispositivo al mondo (n.d.r. Addio alla concorrenza, quindi? Mi pare che già oggi Android, Apple, e Windows abbiano i loro ecosistemi completamente integrati, e che spesso questa integrazione vada persino oltre alla piattaforma d'origine... Insomma, questa cosa non sta in piedi neppure per un istante!). E questo stratagemma trasforma ogni personaggio minore del film in una sorta di manichino ambulante che deve dimostrare quanto sia bello stare incollati allo smartphone, anche mentre si assistono i malati in un ospedale, mentre si fa la guardia davanti ai monitor di sicurezza, e in ogni situazione inverosimile o verosimile che può apparire nel plot della pellicola.

Ecco... Mi rendo conto che si sia voluto ampliare il concetto di dipendenza dall'elettronica, dalla rete, e quant'altro, ma qui si esagera.

Trama? Ricordate tutte le vicende narrate nei primi quattro film? Dimenticatevele. Connor vince la guerra contro Skynet, Skynet un minuto prima di perdere manda indietro nel tempo il T800, Connor manda sulle sue tracce Reese, e quest'ultimo, mentre sta per essere trasferito nel 1984, vede Connor aggredito da un Terminator... e il futuro cambia completamente, ma soprattutto il passato cambia completamente.
Il T800 appena arrivato nel 1984 viene distrutto da un T800 già presente in quell'epoca, e guardia del corpo di Sara Connor, che non è più Linda Hamilton, bensì Emilia Clarke, che Esquire avrà premiato come donna più sexy al mondo 2015, ma secondo me non regge il confronto con la vera Sara Connor. Va be'. Il passato è cambiato. I Terminator si affollano nel 1984, c'è pure un T1000 che da la caccia alla Connor. E quando arriva Reese quasi ne rimane vittima. Tant'è... Sara salva Reese, e poi lo informa che hanno una macchina del tempo, e vogliono andare nel 1997 per fermare Skynet. Solo che tutto è cambiato, per cui - blà blà blà - è nel 2017 che si deve andare.
Quello che accadrà è... Non ve lo dico, che tanto i Trailer avevano svelato già tutto all'epoca dell'uscita del film, e che non ci fu alcun effetto sorpresa. Insomma, John Connor diventa cattivo, e soprattutto diventa un Terminator, che ovviamente non vuole uccidere sé stesso, bensì vuole convincere Sara e Reese a unirsi a lui nella lotta contro l'umanità. Un po' contorto, eh?

Cosa mi è piaciuto: Finalmente il T800 riesce a uccidere John Connor. Questa pellicola si ricollega a Terminator 2, e cancella quelle robe non troppo ben riuscite del terzo e quarto film della saga. Del resto, però, anche questo nuovo filone non mi convince, e forse mi convince ancora meno dei film numero tre e quattro.

Cosa non mi è piaciuto: Esplicitamente invita al prossimo film della saga. Il T800 ha un upgrade (n.d.r. Dopo averla menata per tutto il film che è vecchio, non obsoleto). Ma soprattutto la scenetta dopo i titoli di coda in cui si mostra Skynet ancora vivo. Bah! Ma la cosa terribile è che il viaggio nel tempo sembra essere diventato molto facile da realizzare, tant'è che balzano da un'epoca all'altra senza problemi, e il buffo è che Skynet lo sa (n.d.r. Altrimenti John Connor non si presenterebbe nel 2017 a 'salvare' i genitori dalla polizia) e non fa nulla al riguardo. E' un guazzabuglio che non ha senso, e soprattutto ci sono buchi nella trama davvero enormi. Uno tra i tanti: Chi diavolo ha mandato un T800 a salvare Sara nel 1973? E chi ha mandato un T1000 nel 1973 a uccidere Sara?

In definitiva: Se non ci si pongono troppe domande, se si chiude un'occhio a certi eccessi, se si spegne il cervello, e ci si lascia commuovere dal ricordo del vecchio Schwarzy che non molla mai, allora è bello da vedere.




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giovedì 17 dicembre 2015

In un milione di Piccoli Pezzi - #Libro #Recensione

Glauco Silvestri
Il 2015 è stato un anno in cui ho trovato molti libri importanti, belli, capaci di toccarmi dentro. Ogni volta mi son trovato in difficoltà nel decidere quale fosse il migliore, e alla fine quello letto più recentemente finiva per scalzare il precedente. Giunto ormai a fine anno, pensavo di aver chiuso la classifica quando... Ecco arrivare tra le mie mani In un milione di piccoli pezzi.

E' una autobiografia. James Frey è un ex tossico, alcolista, violento eccetera eccetera eccetera. Viene trovato quasi morto, con un foro di proiettile nella guancia, fatto duro, in condizioni miserabili, e viene condotto in una clinica per la riabilitazione. La sua famiglia è agiata, l'ha allevato nel migliore dei modi, ma lui è sempre stato dominato da una rabbia interiore, da un desiderio di autodistruggersi tale da aver reso arido tutto ciò che tocca.
Ha un carattere forte, è intelligente, e conosce perfettamente la sua situazione. In clinica è in perenne lotta contro il sistema. Si fa degli amici, qualche nemico, smette di bere, di farsi, e pian piano comincia persino a dominare la sua dipendenza. Però non crede a ciò che gli viene detto, non crede ai 12 passi, non crede in Dio, non crede nella Associazione Alcolisti. Un paio di volte tenta di fuggire. Una volta viene cacciato, e ripreso. Alla fine conquista addirittura coloro che dovrebbero condurlo fuori dal tunnel, e soprattutto viola tutte le regole quando si innamora di Lilly, una ragazza che come lui è ricoverata nella clinica. I rapporti tra uomini e donne sono vietati, ma il loro amore è troppo forte, ed è per questo che viene cacciato, sia lui che lei, in momenti differenti, e quando lui corre dietro alla ragazza, che per disperazione subito va a cercarsi una dose, ecco che riconquista il diritto di rimanere in clinica. Nessuno aveva mai sfidato l'istituzione, nessuno aveva mai sfidato la dipendenza, e soprattutto nessuno ne era mai uscito pulito, prima di lui.

E' una storia potente, violenta, cruda, priva di dolcezza. C'è amore, delicato, sincero, importante. C'è molta sofferenza, e soprattutto rabbia, ed eccessi, e disperazione. Leggendo il libro, ogni tanto, bisogna fermarsi e prendere fiato. Leggendo il libro ci si sente accapponare la pelle. Leggendo il libro ci si arrabbia, e ci si dispera. La condizione umana, in queste pagine, tocca ogni limite mai immaginato, e li varca tutti quanti, assieme, nello stesso momento. 
Ci si commuove, ci si incazza, e si ride... Già, perché all'interno della comunità si riesce persino a ridere, e forse, a far nascere amicizie importanti e durature. Perché in quel luogo non c'è classe sociale che tenga, e così un giudice, un assassino, un ex pugile professionista, un drogato e un mafioso diventano uguali di fronte alla loro dipendenza, e nella lotta diventano amici, fratelli, legati per sempre in modo indissolubile.

Si tratta di un libro che mi ha fatto provare emozioni forti, e che persino nell'ultima pagina non fa sperare a un lieto fine. Non è un romanzo, e vita vera, e nella vita vera le cose non accadono come nei racconti.

Da leggere, assolutamente!



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mercoledì 16 dicembre 2015

La velocità è tutto - #Corso #Fotografia

Glauco Silvestri
La maggior parte delle macchine fotografiche, oggi, utilizza schede di memoria di tipo SD.
Se in passato esistevano altre tipologie di schede di memoria (n.d.r. Compact Flash, Memory Stick, eccetera eccetera), tutte molto diffuse e in piena competizione per la conquista del mercato, ora il formato SD è ormai divenuto un vero e proprio standard. Ciò è sicuramente un vantaggio per il fotografo, visto che non ha più necessità di valutare anche il tipo di supporto di memoria al momento dell'acquisto della sua fotocamera; allo stesso tempo, però, non bisogna allentare la guardia quando si decide di acquistare una scheda SD, perché queste non sono tutte uguali tra loro.

Le schede SD, non tenendo conto dei formati miniaturizzati (n.d.r. Di solito utilizzati per tablet e cellulari), si distinguono a seconda di alcune caratteristiche molto importanti. Tutte le caratteristiche sono scritte in chiaro sulla piccola etichetta della schedina stessa, ma è possibile che esse non siano di facile comprensione per i non addetti ai lavori. 

Qui a fianco è raffigurata una scheda SD nel dettaglio, è la più recente che ho acquistato, e ha i medesimi parametri delle altre due in mio possesso, che però hanno meno capienza di memoria. 
Vediamo, una per una, tutte le indicazioni presenti sull'etichetta, per poi concentrarci su quella - a mio parere - più importante.

Il primo parametro è la capienza. 
Tale valore è indicato in Giga Byte (n.d.r. GB). Le schede SD possono arrivare fino a 512 GB. I tagli vanno al raddoppio: partendo da 128MB, 256MB, 512MB, per poi andare a 1GB, si passa a 2GB, poi 4GB, 8GB, 16GB (n.d.r. Ovvero quella che ho acquistato), 32GB e così via.
Maggiore è la capienza, maggiore è il numero di foto che potrete scattare. Maggiore è il prezzo della scheda di memoria.
A seconda della capacità di memoria, le schede SD si distinguono con una sigla. Se la memoria è inferiore ai 2GB le schede sono nominate semplicemente SD. Dai 2GB ai 32GB sono identificate con SDHC (SD High Capacity), oltre i 32GB diventano SDXC (SD eXtended Capacity).

Il secondo parametro è la classe di appartenenza.
La classe  indica la velocità minima di scrittura continua su una scheda SD vuota espressa in MB/s. La tabella qui sotto (n.d.r. presa da Wikipedia) riporta, a seconda della classe, la corrispondente velocità di scrittura.
Maggiore è la velocità di scrittura della scheda, più veloce sarà lo scatto a raffica della fotocamera.
Come potete osservare la scheda da me scelta è una Classe 10. Il suo comportamento cambia a seconda della modalità di salvataggio delle fotografie.
Nel caso si decida di salvare in formato JPG alla massima risoluzione, la scheda sarebbe in grado di salvare una foto al secondo. La Canon EOS 700D ha uno scatto a raffica che tocca i 5 fotogrammi al secondo, per cui - grazie alla sua memoria interna - con questa schedina, è in grado di sfruttare la sua massima velocità di scatto rapido.
Nel caso si decida di salvare in formato RAW, la scheda impiegherebbe circa 2 secondi per salvare un solo fotogramma. Ciò metterebbe in difficoltà il sistema di scatto a raffica della Canon, che si troverebbe costretto a rallentare per attendere che le foto vengano salvate sulla memoria SD.

Risulta evidente che, maggiore è la velocità in scrittura della scheda, e maggiore sarà la raffica di scatti della fotocamera reflex.
Anche in questo caso, le SD con caratteristiche migliori in velocità di scrittura hanno un prezzo più alto.
Il terzo parametro è la velocità di lettura della scheda. In questo caso il parametro è riferito alla velocità di una SD standard. Questo parametro potrebbe risultare trascurabile rispetto ai due precedenti, ma va a influire sia nella consultazione delle immagini in live view, sia nello scaricamento delle stesse sul vostro computer a sessione fotografica conclusa. 
Più sono veloci le SD in lettura, più rapidamente si potranno vedere le immagini in live view, e più rapidamente le si potranno salvare sul computer.
La scheda sopra raffigurata è una 200x, ovvero è 200 volte più veloce di una SD standard, per cui è in grado di toccare i 30MB al secondo. La tabella che segue (n.d.r. presa da Wikipedia) riporta la velocità in lettura per i vari formati. In questo caso sono valori indicativi, visto che per le Classe 10 esistono schedine capaci di raggiungere persino i 300x (n.d.r. Per esempio questa, che è la nuova versione della scheda sopra indicata), e forse oltre. Tale parametro è in continua evoluzione, per quanto comunque sia legato imprescindibilmente con la velocità di scrittura.

In questo caso, la velocità di lettura non va a influire sensibilmente sul prezzo della scheda SD.
A questo punto, visto che dobbiamo scegliere una schedina SD per la fotocamera, quale parametro dobbiamo considerare principalmente?
  • Capienza
  • Velocità in scrittura
  • Velocità in lettura
Le schede SD costano da pochi euro, per raggiungere anche i 140 euro. Bisogna valutare il nostro utilizzo della fotocamera. Se usiamo il formato RAW, lo usiamo sempre, allora conviene investire denaro in velocità di scrittura così che la scheda non diventi il collo di bottiglia del sistema fotografico. Se si usa il RAW solo saltuariamente, e non in velocità, allora si può scendere a un compromesso e optare per schede in Classe 8, 9, 10.  Se lo scatto a raffica non vi interessa, potete optare anche per le più economiche.

Però...

Bisogna considerare che potreste usare la fotocamera anche per girare dei video. Consultate il manuale della vostra fotocamera. Sulla Canon EOS 700D, capace di girare filmati in full HD, viene consigliato l'utilizzo di schede veloci, almeno in Classe 8. 
Maggiore è la qualità del filmato, maggiore è il numero di informazioni che deve essere salvato, maggiore deve essere la velocità della scheda SD.
Alla fine dei conti è un discorso di disponibilità economica. Se non si hanno problemi, o non si danno limiti di budget alla passione fotografica, allora non esitate e prendete le schede più veloci. Altrimenti, mettete sulla bilancia ogni parametro, e cercate il compromesso migliore tra prestazioni e costi.




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martedì 15 dicembre 2015

L’esempio di Okapia

Glauco Silvestri
Quando eravamo piccole a noi sempre ci dicevano che per essere bravi nella vita bisognava seguire l’esempio di Okapia e portare avanti le idee tue senza che ti devi fare comandare dagli altri.

L'impero familiare delle tenebre future (Italian Edition, Andrea Gentile)
Evidenziazione Pos. 368-69  | Aggiunta il giovedì 2 maggio 13 14:19:36 GMT+02:00


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lunedì 14 dicembre 2015

Beta (Vol.1) - #Comics #Fumetti

Glauco Silvestri
Sto facendo la spesa al supermercato e l'occhio cade sul primo volume di Beta, tra riviste, quotidiani, e fumetti bonelliani. Non posso che fermarmi, visto che in primo piano compare un robot gigante.
Leggo il retro di copertina, e quelli della Cosmo dichiarano apertamente di voler dedicare una mini serie ai robottoni che tanto ci son piaciuti quando eravamo piccoli. Strizzano l'occhio a noi quarantenni mai cresciuti veramente, e ci riescono benissimo.
Titubante, lo prendo. E lo leggo tutto d'un fiato. 
L'ambientazione è ucronica, siamo negl'anni settanta, in piena guerra fredda, ma le armi atomiche non sono il deterrente che mantiene la pace tra i due assi. Sono i robot giganti a fare da guardiani alla pace tra USA e URSS. Ogni nazione ha i suoi guerrieri d'acciaio, e molti sono gli scienziati che si dedicano alla robotica.
Uno di questi, però, inspiegabilmente, decide di percorrere una strada differente. Scompare improvvisamente. E dopo anni e anni di silenzio, ecco apparire dei robot a metà tra il biologico e il meccanico a minacciare le più grandi città del mondo. Parigi, Tokyo, poi le città della costa americana. I robot a difesa delle nazioni riescono a stento a sconfiggere queste strane creature, che dopo un momento di smarrimento, vengono subito bollate come creature dello scienziato scomparso, da sempre appassionato all'integrazione macchina-biologia.
E' quindi il momento di mettere in gioco una carta mai svelata prima, ovvero un robot nazista mai entrato in funzione; una macchina che surclassa tutte quelle già esistenti, per quanto vecchia di quarant'anni, davvero potente... Ma per evitare problemi, la svastica sul petto viene modificata in modo che sia una semplice croce. Chi lo pilota? Il nipote dello scienziato incriminato di tante malefatte.

Non mancano le innumerevoli citazioni ai prodotti nagaiani. I nomi dei personaggi si mischiano in modo da creare nuovi protagonisti, ma ammetto che ciò mi ha dato un po' di fastidio, se non confusione, perché volti, incarichi, e nomi, non corrispondevano con ciò che la memoria mi riportava. Un citazionismo un po' troppo esplicito ed eccessivo. Il mecha design è interessante, anche in questo caso però richiama molto il già visto, sia per le armi usate, sia per l'estetica, che se non da vicino, da lontano mostra le similitudini e gli omaggi a robot resi famosi nei cartoni animati.
La storia è interessante, corposa, con sviluppi che lasciano aperti dubbi e perplessità. Si vuole andare avanti per cercare di chiarire i misteri, i legami, e le trame sotterranee. Le tavole in cui avvengono i combattimenti sono un po' confusionarie, ma il disegno, in generale, è apprezzabile, e ben realizzato.

Il fumetto costa circa 6 euro, lo trovate in edicola, nei supermercati, e anche sul sito della Cosmo. Il secondo volume uscirà a metà gennaio. Cercandolo online per questa recensione, ho scoperto che ne esiste un'altra edizione, del 2012, dal prezzo più alto ma col formato 'fumetteria'. Son già disponibili, in questo formato, sia la prima che la seconda puntata, qui e qui.

Interessante, nostalgico, carino, per di più italianissimo. Da provare.


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