Grande film,
La guerra dei Roses! C'è un Danny de Vito regista e voce narrante della vicenda. C'è una splendida Kathleen Turner, e un Micheal Douglas fenomenale. Gli ingredienti sono succulenti, i rapporti tra marito e moglie, invidie e gelosie, amore soffocante e non, ma soprattutto i piccoli difetti, che col tempo, diventano enormi e insopportabili.
Tutto ha inizio nello studio di Gavin D'amato, un avvocato divorzista vuole fare un favore al proprio cliente. Quest'ultimo sta divorziando dalla moglie e non riesce a mettersi d'accordo su come dividere la casa con la donna. L'avvocato divorzista, Gavin, decide allora di raccontare a questo uomo una storia: la storia dei suoi due migliori amici, marito e moglie, i signori Roses, Oliver e Barbara.
Conosciutisi da giovani, a un'asta di beneficenza, quando Barbara soffia a Oliver una statuina di ceramica che lui voleva acquistare, il loro rapporto dura ben 18 anni. Ma mentre lui ottiene il successo sperato nel proprio lavoro, Barbara si ritrova a fare la '
desperade housewife', e finché ha la casa da seguire, e due figli da crescere, tutto va abbastanza bene. Il problema sorge quando i figli lasciano la casa per andare al college. Barbara si ritrova improvvisamente con molto tempo libero, e con il marito sempre in mezzo ai piedi.
Risultato finale? Se già prima la coppia tentennava, ora la coppia è scoppiata. E tutto avviene quando, durante un importante meeting, a Oliver viene un malore. Sembra un infarto, i sintomi sono molto simili, e Barbara, nonostante sia stata avvisata, neppure si reca in ospedale. Dopo un bel litigio, a letto, lei chiede il divorzio al marito. E se all'inizio lui trasecola, perché ancora innamorato della donna, poi è costretto ad accettare la scelta di Barbara... Ma... Ma non è disposto a concederle la casa. La casa diventa un puntiglio. Barbara rinuncerebbe agli alimenti, a tutto quanto, pur di avere la casa, ma Oliver rifiuta. E così tra i due scoppia una guerra che finisce per degenerare al punto che...
Film eccezionale. Lo affiancherei a un altro capolavoro, ovvero
Un giorno di ordinaria follia. Entrambi rappresentano una coppia divorziata, in entrambi Micheal Douglas impersona il marito che non riesce a rinunciare al rapporto. Per quanto la vicenda abbia un che di surreale, la cronaca quotidiana ci ricorda che poi la fantasia non oltrepassa limiti tanto distanti dalla realtà. Accoltellamenti in famiglia sono all'ordine del giorno, così come le vicende dei ragazzi abbandonati che sfregiano le donne con l'acido non possono che ricondurre alle dinamiche di coppia descritte in questo film. Certo, non si possono paragonare le atrocità della vita reale con quelle descritte in una commedia dai toni tragici. Shakespeare insegna che...
Ma siamo poi così sicuri che le dinamiche non siano analoghe?
Cosa spinge un uomo a 'non mollare la presa' quando la donna è ormai decisa ad andare?
Può l'amore trasformarsi in cieca ossessione?
Può l'amore soffocare al punto da diventare odio?
La risposta è evidente, anche perché spesso ci si dimentica che amore significa 'dare' e non 'prendere'. Se entrambi 'danno', entrambi 'ricevono', e il rapporto funziona. Ma se entrambi 'pretendono' e 'prendono', alla fine l'alchimia diventa prigionia, e i sentimenti buoni diventano cattivi, e l'amore velocemente passa da inebriante a soffocante. Ed è forse la società odierna, ma fors'anche è sempre stato così dalla notte dei tempi, che spinge tutti a volere, volere, pretendere, pretendere, desiderare, desiderare. Ormai si sente solo dire 'io' e la parola 'noi' è pressoché dimenticata, così come i 'vorrei' son diventati 'voglio', e i rapporti di coppia sono ormai frutto dell'emotività, della fretta, ed è raro che durino a lungo. Le statistiche parlano chiaro, e anche ragionando un tanto al chilo mentre divago dal parlarvi di questo film, i divorzi entro i primi 5 anni di matrimonio hanno ormai raggiunto la quota 50%. Per cui non stupiamoci se i rapporti all'interno delle mura domestiche diventano sempre più estremi... Ma soprattutto auguriamoci che l'esempio dei Roses sia d'aiuto per far sì che, in un momento di crisi, non si diventi ciechi di fronte alle esigenze della persona con cui si è divisa una buona parte della propria vita.
Come dice Gavin durante l'epilogo del film: non so se questa storia abbia un significato, se voglia dire che chi ama i gatti deve sposare chi ama i gatti, e viceversa chi ama i cani deve sposare chi ama i cani, ma in generale, se le cose vanno male, bisogna essere generosi col partner, anche a costo di fare dei sacrifici, per poi avere l'occasione di ricominciare la propria vita da capo. Ma se solo se si ha uno spiraglio attraverso il quale si può credere che il rapporto possa essere ricucito, allora vale la pena tentare, ma senza mai dimenticare che anche il partner ha dei sentimenti, e che questi non devono essere mai calpestati.
E per finire, c'è una sola cosa, in questo film, che non ho mai capito: Gavin è sempre stato un donnaiolo, ma dopo la vicenda dei Roses, lo racconta lui stesso, mette la testa a posto e si sposa. La domanda è: con chi è sposato Gavin? Io credo con Susan, la donna di servizio dei Roses. Voi che ne dite?
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