venerdì 31 marzo 2017

La Reunion di #Buffy

Glauco Silvestri
Chi mi segue da tempo saprà che quando ero un teenager - be', un po' più grandino di un teenager - avevo una passione smodata per Buffy the Vampire Slayer. Una passione che negl'anni ho mantenuto viva riguardando - ogni tanto - gli episodi della serie, scrivendo un blog racconto chiamato I'm the Slayer, e il suo capitolo conclusivo in ebook disponibile su Amazon, ovvero L'albero dei Corvi

Ebbene, qualche giorno fa c'è stata una Reunion dell'intero cast di Buffy, per i vent'anni - oddio! Sono già passati vent'anni? - dalla conclusione della serie. 
Io sono un nostalgico, voi lo sapete, per cui non ho potuto esimermi dal gustarmi lo shooting fotografico e un breve video dedicato all'evento. 
Sarah Michelle Gellar non è invecchiata minimamente - del resto lei è la cacciatrice - così come Charisma Carpenter, sempre bellissima. Maggiori segni del tempo li si vedono sul volto di Xander, di Spike, e si Willow... Sempre affascinante è Angel... Mancava solo Giles. 

Dio... Che bei tempi, e che bella serie... Vi lascio con una breve video intervista agli attori presenti alla reunion.


Fonte: qui.


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giovedì 30 marzo 2017

Trolls - #Film #Recensione

Glauco Silvestri
Target per i più piccini, questo Trolls. I creatori sono gli stessi di Shrek, ma qui tutto è più semplice, lineare, cantereccio, ricco di buoni sentimenti, e davvero easy. Però quando vedi un troll che per la paura dei minacciosi Bergen si fa la cacca addosso e la cacca sono dei piccoli bigné... Beh! Si ride, e si ride parecchio.

La trama è semplice: I Trolls vivono felici nella loro città albero immersa nel bosco. I Bergen vivono tristi nella loro città triste, non troppo lontani dall'albero dei Trolls. Invidiosi della felicità infinita dei Trolls, i Bergen si fanno prendere dalla rabbia, e un giorno mangiano una di queste allegre creature e... Ecco che i Bergen scoprono cos'è la felicità. Da quel momento per i Trolls la vita diventa dura. I Bergen cominciano a dare loro la caccia, per mangiarli in un giorno di festa dedicato alla felicità. Per questo i Trolls abbandonano il loro albero per fuggire e trovare un posto sicuro dove poter vivere. E per vent'anni ci riescono... Finché non vengono scoperti proprio il giorno in cui festeggiano i vent'anni dalla fuga dai Bergen.

Bella la colonna sonora, peccato però che sia stata tradotta in italiano. Carini i disegni, con personaggi e ambiente che sembra fatto di lana cotta. Storia sempliciotta. Si ride è questo è già tanto. Però un adulto potrebbe annoiarsi un pochino...



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mercoledì 29 marzo 2017

Master And Commander - #Film #Recensione

Glauco Silvestri
Non manco mai di dire quanto sia stato appassionato delle avventure di Jack Aubrey, e di conseguenza dei romanzi di Patrick O'Brian... Lo sapete vero? Ma questa volta lo faccio di proposito perché voglio parlarvi dell'unico film tratto dai testi del mio scrittore preferito.

Master And Commander è l'unico film tratto da queste avventure sui mari, un film che trae il titolo da una degli scritti meno appassionanti - probabilmente - ma che poi, per la trama, prende spunto da più libri, mescolandoli saggiamente, e trasformando le vicende in modo che diventino una caccia sfrenata tra due comandanti di vascello, ovvero Aubrey sulla sua meravigliosa Surprise, e un misterioso comandante francese sulla sorprendente Acheron.
Siamo molto lontani dalla Manica, qui si naviga in acque americane, per raggiungere le Galapagos, e proteggere le baleniere di Sua Maestà dal feroce corsaro francese. Gli scontri non mancano, così come gli inseguimenti, e le sfide di intelligenza. Ovviamente il mare è implacabile, tra tempeste e momenti di bonaccia, e mette l'equipaggio della Surprise davvero sotto torchio.
L'avventura è emozionante, così come lo sono le località toccate, che grazie all'interesse naturalistico del medico di bordo, ovvero Stephen Maturin, ci vengono mostrate con perizia, meraviglia, e molta attenzione.
Un film che coinvolge, ricco di azione, di colpi di scena, ma anche capace di raccontare la vita di bordo su una nave lontana da casa. Un equipaggio composto da uomini di cultura, giovani virgulti dal carattere non ancora formato, e marinai incartapecoriti timorosi delle peggiori legende, e credenti alla lettera della parola di Dio.

Si tratta di un film parecchio farcito di ingredienti, ben costruito, e che potrebbe far storcere il naso solamente a chi si sarebbe aspettato una trasposizione fedele del romanzo da cui questa pellicola è stata principalmente tratta (n.d.r. Anche se gli scontri ricordano di più la lotta tra la piccola Sophie, primo comando di Aubrey, e la temibile spagnola Cacafuego de Primo Comando).
E' un film ben interpretato, ricco di emozioni. Bravissimo Russell Crowe nei panni di Aubrey, e ottima la regia di Peter Weir (n.d.r. Per dirne uno: The Trouman Show). Film che ha avuto parecchie candidature agli Oscar, ben 10, ma che di fatto non ha ottenuto nulla perché dovette confrontarsi con l'acchiappatutto Signore degli Anelli

Un must to have!



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martedì 28 marzo 2017

Sorriso

Glauco Silvestri
È un sorriso solo con le labbra, di quelli che ti fanno capire che è meglio stare attenti.

The help (Omnibus) (Italian Edition) (Stockett, Kathryn)


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lunedì 27 marzo 2017

Ora #Justice è disponibile anche su #Carta

Glauco Silvestri
La fame vien mangiando, e dopo avervi proposto Un Pacco, Tre Ragazze, e un Ginseng in formato Paperback (n.d.r. Su carta), ecco che vi presento il secondo uscito, ovvero Justice.

Come nel precedente caso, ho differenziato la copertina, e ho sistemato qualcosina per una migliore impaginazione. Per il resto il libro è lo stesso.

Lo trovate qui, sempre su Amazon.





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domenica 26 marzo 2017

Batman - #Film #Recensione

Glauco Silvestri
Regia di Tim Burton. Cast stellare. Personaggio epico. Poteva essere un insuccesso il Batman uscito nelle sale nell'ormai 1989?

E difatti è un grande film, anche se sfortunatamente sente molto gli anni che porta sulle spalle, sia per gli effetti speciali, sia per certe scelte di regia, sia per il trucco, eccetera eccetera. Tengono in piedi la struttura l'ottimo - come sempre - Jack Nicholson, la brava e bella Kim Basinger, e l'inaspettato Michael Keaton nei panni dell'eroe mascherato. La regia di Burton è per certi versi all'acqua di rose, con un taglio gotico, e una - forse - volontà nascosta di richiamare i telefilm degli anni sessanta.

La trama è più o meno quella che già tutti conosciamo. E' il duecentesimo anniversario dalla fondazione di Gotham City, e il sindaco esige che la città sia ripulita dalla criminalità. Incarica il procuratore capo Harvey Dent e il commissario James Gordon per questa impresa, ma nonostante gli ampi poteri dati alla giustizia cittadina, il boss mafioso Carl Grissom rimane pressoché intoccabile.
Mentre la città è preda del crimine e dei poliziotti corrotti, nella notte compare un nuovo giustiziere. Si fa chiamare Batman, si maschera da pipistrello, e pare immortale e inarrestabile.
Il successo di Batman contro la criminalità fa infuriare le autorità ed eccita la stampa, tanto che ormai tutti si chiedono chi sia Batman. Ma questi vive nell'ombra e non si lascia avvicinare da nessuno.
Però... Quanto un supereroe compare, ecco che arriva anche un super-criminale a sfidarlo.
Tutto ha inizio nelle industrie chimiche AXIS. Durante una colluttazione il braccio destro di Grissom, ovvero Jack Napier, finisce in un calderone pieno d'acido. Sopravvive, ma ne esce talmente deturpato, e dalla mente distorta, da trasformarsi nella nemesi dell'uomo pipistrello.
Si farà chiamare Joker, e spinto sia dal desiderio di potere, sia dalla vendetta, acquisterà il potere su tutta la criminalità di Gotham, e sfiderà Batman direttamente, in campo aperto, senza paura, e... con una follia inarrivabile.

Ci sono alcune variazioni sul tema rispetto alla storia che tutti conosciamo: In questo caso è un giovane Jack Napier a uccidere i genitori di Wayne, e non Joe Chill (n.d.r. Comunque presente all'assassinio); Harvey Dent è di colore; e il personaggio del giornalista Alexander Knox è completamente inventato in occasione del film, così come anche il vecchio boss della malavita Carl Grissom.

Il film si guarda ancora volentieri, ma dopo la trilogia di Nolan, ahimè, sembra una pellicola all'acqua di rose.


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sabato 25 marzo 2017

The Man in the High Castle - #SerieTV #Recensione

Glauco Silvestri
Tratto dall'omonimo romanzo di Philip K. Dick (n.d.r. In Italia distribuito come La svastica sul Sole) la serie televisiva prodotta da Amazon è davvero di ottima fattura.

Per quanto riguarda la trama, probabilmente, già saprete tutto quanto, a ogni modo ve la ripropongo qui di seguito. Siamo in un passato ucronico della nostra storia. 
Il secondo conflitto mondiale non è terminato come noi tutti sappiamo, bensì con la vittoria dell'asse. Gli Stati Uniti sono diventati una colonia tedesca e giapponese, tagliati a metà da un confine che separa i territori dell'ovest americano - annessi all'Impero del Sol Levante - da quelli dell'est - annessi al Terzo Reich. Ovviamente ci sono ancora lotte intestine, un piccolo gruppo di americani che oppone una debole resistenza a un regime ormai radicato e che ha sottomesso l'intero popolo americano. La resistenza sta - cosa molto peculiare - cercando di salvare dei filmati dalla distruzione. Questi filmati sono particolari e raccontano una storia molto differente da quella in cui nel film si vive. E ogni film sembra addirittura raccontare un mondo alternativo. Nessuno sa chi li abbia girati, ma l'importanza di queste pellicole è assolutamente chiara sia alla resistenza, sia ai nazisti, sia ai giapponesi. In mezzo a tutto ciò c'è anche una instabilità interna tra i due alleati dell'asse. I legami di amicizia cominciano a scricchiolare quando i confini sono troppo vicini, e quando chi ha in mano il potere appare debole e non più capace a tenere in piedi l'intero castello. E se Hitler sta invecchiando e non è più arrembante come un tempo, in territorio giapponese le autorità devono affrontare un attentato al principe e futuro erede del trono.
In tutta questa vicenda sono coinvolti dei ragazzi normali, che fino al giorno prima vivevano la loro semplice vita, e all'improvviso, vengono coinvolti in tutto questo groviglio perché capita tra le loro mani un filmato, lo guardano, e...

Davvero intenso. La serie non ha un ritmo concitato. E' riflessiva, con dialoghi che paiono pugnalate, e personaggi dallo spessore notevole, con molte facce, e di cui si fa fatica a inquadrare completamente la posizione sulla scacchiera. Ottima la ricostruzione storica, così come è ottima la regia, che poi è di Ridley Scott (n.d.r. Che non ha bisogno di presentazioni) e di Frank Spotnitz (n.d.r. X-Files vi dice qualcosa?).

C'è poco da dire... Questa serie mi ha conquistato. Per ora ho visto solo la prima stagione, e la seconda è già disponibile, per cui... Ve la consiglio vivamente!



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venerdì 24 marzo 2017

La Maschera di Ferro - #Film #Recensione

Glauco Silvestri
Era passato parecchio tempo dall'ultima volta che ho visto La Maschera di Ferro. Il film ha già degli annetti sulle spalle, tanto che Di Caprio - qui - compare giovanissimo (n.d.r. Ma già talentuoso).

Siamo nella Francia monarchica. I tre moschettieri sono ormai in pensione, e solo D'Artagnan è ancora al servizio del re, un giovane e capriccioso Luigi XIV che bada solo a godere delle fanciulle di corte, scatenare guerre, e affamare il popolo. Tra le varie nefandezze commesse dal giovane sovrano c'è anche quella di mandare in guerra il figlio di Athos per allontanarlo dalla donzella di cui era innamorato. Ovviamente il figlio di Athos muore, e ciò mette in un qualche modo i tre moschettieri contro D'Artagnan, rimasto fedele al re per suoi motivi oscuri. Ed è qui che scatta il colpo di scena... Luigi XIV ha un fratello gemello, rinchiuso nelle segrete della Bastiglia e col volto celato da una maschera di ferro. Il motivo di tutto ciò, ovviamente, è che Luigi teme che il fratello gli faccia le scarpe... I tre moschettieri, venuto a sapere della prigionia del fratello di Luigi, preparano un piano furbesco per sostituire i due sovrani e risolvere tutti i problemi della loro amata patria.

Ottimi i costumi, i tempi narrativi, la regia, e le performance degli attori. Del resto parliamo di Di Caprio, Malkovich, Depardieu, e Jeremy Irons, mica bruscolini. La regia è di Randall Wallace, che possiamo ricordare anche per Braveheart e We Were Soldiers, per cui andiamo sul sicuro anche su questo piano. 

Un ottimo film: Guardatelo!



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giovedì 23 marzo 2017

Monolith (Primo Tempo) - #Fumetti #Recensione

Glauco Silvestri
Ok! Non sono riuscito a vedere il film, e neppure so come poterlo recuperare visto che in rete le informazioni al riguardo si limitano a qualche recensione e alle date in cui esso uscì nelle sale (n.d.r. Poche) nell'autunno del 2016. Per questo attendevo con ansia l'uscita del fumetto... Che da quanto avevo letto, mi ispirava tantissimo. Tra l'altro, se ho capito bene, è il primo lavoro Bonelli unicamente rivolto alle fumetterie...

Parlo ovviamente di Monolith. Regia (ehm) Sceneggiatura a due mani, di Recchioni (n.d.r. Che ormai seguo con molta attenzione) e Lmz, disegni di Uzzeo Mauro... La produzione cinematografica, se non sbaglio, è di Sky Cinema, mentre ovviamente la versione stampata è della già citata Bonelli.

La trama è semplice: La Monolith è un'auto di nuova generazione, iperconnessa alla rete, dotata di un sistema di intelligenza artificiale, blindata, quattro ruote motrici, eccetera eccetera, in pratica il luogo più sicuro dove stare e con cui andare in giro. A possedere la Monolith è una famiglia in crisi, una coppia giovane, e durante un litigio la moglie se ne va di casa assieme al figlio. Andrebbe via con la sua vecchia utilitaria scassata ma, per il bene del pargolo, il marito riesce a convincere la donna a prendere la Monolith. E lei parte. Esce dalla città. E' diretta a casa della sorella. Tutto sembra a posto quando, all'improvviso, in piena notte, per una distrazione, la donna investe un cervo. Ovviamente l'auto non si fa nulla, ma la paura è tanta. Si fermano. Lei scende dall'auto, l'auto si chiude in automatico (n.d.r. Non ci sono chiavi, l'auto riconosce l'utente attraverso il cellulare), facendosi luce con la torcia del cellulare si avvicina all'animale, che ormai è morto. Poi incespica, cade, e il cellulare si rompe. 

Una tavola tratta da Monolith
La Monolith è chiusa con dentro il bambino. 
Impossibile aprirla, anche prendendola a calci, a sassate, eccetera eccetera... E' una automobile super sicura...
Così la ragazza lascia il bimbo chiuso in auto e si avvia lungo la strada per cercare soccorso. Ma è buio, fa freddo, e in mezzo al deserto cominciano ad arrivare i primi predatori. Un lupo l'attacca. Lei cerca di difendersi - deve difendersi - ma il lupo è aggressivo e non ha paura di nulla, per cui lei corre verso l'auto, va sul tetto, tira un pugno alla carrozzeria e fa scattare l'allarme, e il lupo scappa... Ma cosa può fare per aiutare il proprio bambino? E' disperata e... Fine primo tempo!

Disegni spettacolari, foto-realistici. Trama semplice ma coinvolgente. Una sceneggiatura ben congegnata. Monolith funziona molto bene. Si legge veloce. Lo si gusta fotogramma per fotogramma perché le immagini parlano molto di più dei Balloon. Davvero un bel fumetto. 

Non vedo l'ora di leggere la seconda parte.


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mercoledì 22 marzo 2017

Inside Man - #Film #Recensione

Glauco Silvestri
Una volta mi affascinavano questi film, mentre oggi mi annoiano perché la trama finisce sempre per essere scontata. Voi che dite? La rapina perfetta, il ladro intelligentissimo messo a confronto con un negoziatore caduto in disgrazia, un segreto che deve rimanere tale, eccetera eccetera. Il finale che svicola da quello che potrebbe essere il finale scontato, ma tutto è bene ciò che finisce bene, no? Con... Ma non ve lo svelo, perché se non l'avete mai visto non voglio essere io a rovinare la sorpresa, perché c'è la sorpresa, ovviamente.

Inside Man è tutto ciò. Quattro persone mascherate da imbianchini entrano nell'edificio della Manhattan Trust, caposaldo finanziario di Wall Street, e senza che le guardie di turno se ne accorgano, riescono a chiudere le porte, mettere fuori gioco le telecamere, e prendere in ostaggio una cinquantina di persone, tra impiegati e clienti della banca. Ovviamente le forze di polizia intervengono, e a capo della situazione viene messo il detective Keith Frazier, chiamato a negoziare col capo dei rapinatori, Dalton Russell. Da qui il film si trasforma in un gioco a due, basato su nervi saldi, intelligenza, e strategia. Solo che Frazier gioca bendato davanti a una scacchiera di cui non conosce neppure la posizione dei pezzi. E nel caveau della della banca c'è una cassetta postale che non deve essere toccata, proprietà di Arthur Case, al comando del CDA della banca - ovviamente - di cui altrettanto ovviamente Russell sa tutto! Case mette in gioco un terzo elemento Madeline White, che intende mediare in questa faccenda complicata per proteggere gli interessi di Case senza troppo preoccuparsi di tutto il resto. Così Frazier dovrà giostrarsi tra un cattivo, e un elemento di disturbo non indifferente. Dovrà preoccuparsi di salvare gli ostaggi, evitare la rapina, e capire cosa sta accadendo tra la White e Russell.

Film mediamente interessante, dove Denzel Washington, Clive Owen, Jodie Foster, Christopher Plummer e William Defoe mostrano tutto il loro mestiere senza eccellere. Nessuno brilla come interpretazione, e la regia di Spike Lee non è proprio originalissima (n.d.r. Del resto è il suo primo film di genere), pur mescolando fasi dell'interrogatorio post rapina alle scene in tempo reale della rapina, anche se è curata ottimamente. Niente che non sia già stato visto. Un Thriller costruito su meccanismi classici dove tutto è bene ciò che finisce bene.

Ecco... Diciamo che intrattiene ma non stupisce.



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martedì 21 marzo 2017

Un Terzo

Glauco Silvestri
Allora investiremo un terzo del capitale nella campagna elettorale, un terzo in bustarelle per i dirigenti di ogni distretto e un terzo per diffamare l’avversario più temibile. L’ultimo terzo lo terremo per vivere se le cose dovessero andarci male. Cosa ne pensi?

Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve (Vintage) (Italian Edition) (Jonasson, Jonas)


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lunedì 20 marzo 2017

The Terminal - #Film #Recensione

Glauco Silvestri
The Terminal è sempre piacevole da vedere; non ci si stanca mai di osservare lo strano mondo circoscritto all'interno del JFK di New York e di vivere le disavventure di Viktor Navorsky.

Una falla nel sistema di quelle grandi, accade al povero Viktor. Non appena arrivato a New York scopre che nel suo paese, la Krakozhia, è appena avvenuto un colpo di stato. Il suo passaporto non è più valido, i suoi documenti non sono più validi, e persino il suo biglietto d'aereo per tornare in patria non può più essere usato. E' bloccato in un limbo infernale, in cui gli si impedisce di entrare negli stati uniti, e persino di tornare a casa. Deve vivere all'interno del terminal internazionale del JFK... Gli assicurano per un giorno al massimo... Ma quel giorno diventa settimana, poi mese, fin quasi a sfiorare l'anno di permanenza. Nel frattempo Viktor impara un po' di inglese, cerca lavoro all'interno del terminal per comprarsi da mangiare, fa amicizia, e aiuta persino qualche viaggiatore nei suoi problemi,e si innamora di una hostess. 

Il film è geniale, e forse pecca solamente per l'assurdo odio che il direttore del terminal prova per questo disgraziato. E' comprensibile che Viktor sia una figura scomoda all'interno del Terminal, ma di sicuro non è colpevole della sua situazione, e non merita l'astio che il direttore rivolge verso di lui. Anche perché Viktor è una persona perbene, difficilmente perde le staffe, e difatti non da fastidio a nessuno, anzi... A ogni modo il direttore è una figura fondamentale per l'intera vicenda perché è proprio a causa sua che il povero Viktor si trova a vivere una esperienza surreale. Ricorda, per quanto in questo caso non ci sia l'inconsapevolezza, The Truman Show. Stessa leggerezza, stesso brio...

La cosa curiosa è che il film sia ispirato a una storia vera, quella del rifugiato iraniano Mehran Karimi Nasseri che, nel 1988, giunto al Charles de Gaulle di Parigi, si sia visto rifiutare il visto d'ingresso dal Regno Unito a causa del furto del suo passaporto. Rimase nel Terminal 1 dell'aeroporto parigino fino all'agosto del 2006... Magari l'ho pure intravisto quando in quegl'anni visitai Parigi, chissà!

Col senno di poi, in questo film c'è una piccola chicca interessante: La poliziotta che rifiuta sempre l'ingresso al povero Viktor, ovvero l'agente Torres, è interpretato da Zoe Saldana. Ne The Terminal la ragazza ha un innamorato misterioso, e sarà Viktor a farli avvicinare. Ebbene, in quel film lei è una Trekie sfegatata e va a tutti i raduni di Star Trek. Ebbene... Chi interpreta Uhura nello Star Trek di J.J. Abrams? Proprio lei!

Tirando le somme: Bravissimo Stanley Tucci nell'interpretare un ruolo tanto scomodo. Bellissima ed efficace Catherine Zeta Jones nei panni della hostess di cui si innamorerà Viktor. Bravissimi tutti, soprattutto Tom Hanks... Perfetto, assolutamente perfetto!

Lo consiglio assolutamente.


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domenica 19 marzo 2017

Invasion - #Film #Recensione

Glauco Silvestri
Devo dire che Invasion non mi è mai dispiaciuto. In qualità di remake de L'invasione degli Ultracorpi, questa pellicola ha l'onere di mantenere alto il tasso di adrenalina, riuscendoci abbastanza bene, e si permette persino di osare a cambiare il finale (n.d.r. Già! Perché non si può fare un remake uguale all'originale), fallendo miseramente.

La trama è la stessa di quella del film a cui si ispira (n.d.r. più o meno): Un incidente nello spazio, uno shuttle che precipita, e la contaminazione del pianeta con una forma vivente molto particolare. una spora intelligente. I primi ad essere infettati sono quelli che abitano nelle zone limitrofe al luogo dove lo shuttle precipita, poi il contagio si allarga a macchia d'olio. Ma se negli Stati Uniti si tace la presenza di questo essere alieno, forse perché sin da subito le alte sfere vengono contagiate, in Europa sono più furbi e cominciano subito la ricerca di una sorta di vaccino. Ma come agisce la spora? Durante il sonno essa riesce a penetrare nella corteccia celebrale e ad annullare completamente la coscienza dell'individuo sostituendola alla propria. Al risveglio l'individuo è privo di emozioni e non più umano. La vicenda è concentrata su una donna, una psicologa, Carol Bennell, che casualmente si accorge del cambiamento di personalità di alcuni suoi pazienti. Dopo aver coinvolto il suo amico, collega, e amante, Ben Driscoll, i due cercano di fuggire a quanto sta accadendo, e di aiutare i pochi scienziati che stanno effettivamente lavorando a una cura (mentre le autorità diffondono la spora sotto forma di una falsa vaccinazione per debellare una influenza killer). In tutto ciò si aggiunge il figlio della Bennell, che da piccolo aveva avuto una grave infezione alla corteccia celebrale, e per ciò è diventato immune alla spora. 

Il film è ben costruito e regge bene la sfida con il suo predecessore. C'è tensione, c'è paura, e la regia accompagna bene tutto quanto senza mai arrancare. Bravissima è una Nicole Kidman ancora lontana dai ritocchi di chirurgia estetica (e di conseguenza bellissima), interessante l'interpretazione di un Daniel Craig che pian piano si sta facendo largo nella Hollywood che conta.

La vera pecca è il finale. Meglio l'originale, ovviamente, ma qui - pur tollerando la necessità hollywoodiana di un lieto fine - è affrettato, quasi incollato in modo posticcio su una pellicola che stava davvero scorrendo bene. Un vero peccato.

A ogni modo il film si guarda volentieri, non mi sento proprio di bocciarlo perché intrattiene e regala tanta suspance, per lo meno nei primi tre quarti di pellicola.


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sabato 18 marzo 2017

Un Pacco, tre Ragazze, e un Ginseng - #Libri

Glauco Silvestri
La copertina dell'ebook
Quanto tempo è trascorso dall'ultima volta in cui ho parlato dei miei ebook? Ammetto che è passato parecchio tempo. Del resto la scrittura è una di quelle passioni che ormai esercito solamente scrivendo su queste pagine, dall'uscita ufficiale di In Catene praticamente, e ancora oggi non ho idea se mai, un giorno o l'altro in futuro, tornerò a scrivere narrativa.
Però non ho dimenticato i miei vecchi lavori, e la bacheca di Amazon dimostra che ho a cuore la loro sopravvivenza e la loro salute. Tant'è che, un paio di settimane fa, ho voluto fare un esperimento, e tornare alla pubblicazione su carta.
Già! Tornare alla carta stampata.
Incredibile ma vero, Amazon offre da qualche tempo a questa parte la possibilità di realizzare con pochi click una versione Paperback dell'ebook già esistente. Un qualcosa di più immediato rispetto al precedente servizio (n.d.r. CreateSpace) che non ho mai voluto provare.

Ed ecco quindi che arriviamo al topic vero e proprio di questo breve post. Da oggi - se i miei conti sono corretti - Un Pacco, tre Ragazze, e un Ginseng dovrebbe essere disponibile sia in formato ebook, sia in formato paperback.

La copertina del libro
Il servizio è strettamente legato ad Amazon KDP, per cui sono sufficienti pochi click per arrivare al libro stampato. Gli automatismi non sono però completi al 100%. Bisogna reimmettere il file del romanzo, e bisogna costruire una copertina ex-novo (n.d.r. Fronte e Retro) perché quella dell'ebook non viene 'presa' in automatico. E giustamente è necessario verificare che il prodotto finito sia venuto bene, attraverso un simulatore davvero ottimo, che già in automatico identifica eventuali problematiche che si potrebbero incontrare durante la stampa.
Diciamo che, se non ci sono intoppi, in meno di un'ora si fa tutto.
Poi Amazon si prende massimo un paio di giorni per preparare la pagina online, e qualche altro giorno lavorativo per rendere disponibile alla vendita la versione stampata.

Ma perché iniziare da Un Pacco, tre Ragazze, e un Ginseng? Perché è un'opera che mi ha divertito parecchio creare, perché sono affezionato a questo strano personaggio nato quasi per caso, e perché è stato un lavoro per certi versi sperimentale, e di conseguenza ho creduto giusto mantenere viva questa sua attitudine rendendolo pioniere di questa mia piccola, e nuova, frontiera.




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venerdì 17 marzo 2017

Hotel Transylvania 2 - #Film #Recensione

Glauco Silvestri
Per quanto il primo film non mi abbia entusiasmato, Hotel Transylvania 2 mi ha strappato qualche risata in più, e ha saputo incuriosirmi con maggiore convinzione.

Rimane la narrazione frettolosa e superficiale. Jonathan e Mavis si sposano, fanno un figlio, e questo raggiunge i cinque anni d'età nei primi dieci minuti della pellicola. Poi la narrazione si concentra sulla questione 'nipotino'. Sarà umano o sarà un mostro? Di solito i vampiri mettono su i denti da sangue entro i cinque anni, per cui Dracula è in apprensione. Sfrutta il desiderio della figlia di portare il piccolo lontano dall'Hotel per avere una settimana libera con Dennis, il bimbo. Così mentre Mavis e Jonathan partono per cercare un posto dove mettere su casa, Dracula cerca in tutti i modi di stimolare l'istinto vampiro. A nulla valgono i suoi tentativi, se non ad alimentare i sospetti di Mavis, che una volta intuita la 'congiura' decide di tornare indietro, festeggiare i cinque anni di Dennis, e poi lasciare per sempre l'Hotel. Solo che al compleanno di Dennis, la giovane mamma, ha invitato anche il nonno... E da qui nascono i problemi, e la soluzione al famoso dilemma.

Non vi dirò se il bimbo diventa vampiro o no, vi dirò solamente che in questo caso, avendo ridotto la schiera di personaggi, il film diventa un briciolo più godibile. Rimangono gli stessi difetti della prima pellicola, ovviamente. E' superficiale, con personaggi poco caratterizzati, o sagomati con lo scalpello, e in cui si cerca la risata forzata a ogni scena.
Ovviamente i disegni e la CGI hanno raggiunto livelli tali che è inutile parlarne. Poi dietro c'è Sony, una azienda molto attenta ai dettagli, per cui dal punto di vista tecnico tanto di cappello. 
Come il precedente film, è evidente che sia rivolto ai più piccoli senza pensare troppo ai genitori. 
Insomma, il lavoro certosino di Pixar non lo si può pretendere da tutti, senza contare che anche Pixar, da quando è diventata Disney, ha perso parecchio smalto (n.d.r. Mio parere personale) e/o sia costretta a macinare sequel raffazzonati, se non fuori luogo, per sfruttare al massimo vecchie idee che avevano avuto successo, monetizzare, e accontentare la proprietà.

No, Hotel Transylvania 2 non è un capolavoro... Ma sembra che sia piaciuto a molti, tanto che per il 2018 è previsto l'arrivo del terzo capitolo.



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giovedì 16 marzo 2017

Hotel Transylvania - #Film #Recensione

Glauco Silvestri
Al lavoro tutti quanti mi hanno suggerito più volte di vedere Hotel Transylvania. Non andai a vederlo al cinema, all'epoca neppure il trailer mi convinse... Ma se proprio proprio tutti te lo consigliano, qualcosa di buono doveva esserci, no? Così l'altra sera ho deciso di dare una possibilità a questo film di animazione e... be' lasciamo perdere.

La trama è semplice: E' il centodiciottesimo compleanno di Mavis, la figlia di Dracula. In questa occasione speciale papà Dracula decide di organizzare una festa nel suo hotel, un luogo ben nascosto dove i mostri possono soggiornare tranquillamente senza aver paura degli umani. Sì, i mostri hanno paura degli umani, e non viceversa. Tutto nasce dall'epoca in cui i mostri venivano inseguiti con le torce e bruciati in pubblico senza troppe remore... Erano poi anni in cui i mostri facevano paura e uccidevano a loro volta... Ma lasciamo perdere i dettagli, no? Alla festa di Dracula si imbuca un giovane, umano, di nome Jonathan. Dracula fa di tutto per allontanarlo ma il ragazzo e sua figlia si incontrano, e si innamorano l'uno dell'altra.
Ovviamente tutto ciò porta a un gran trambusto, anche perché Mavis vorrebbe visitare il mondo e Dracula non vuole.

Parecchio confusonario, con alcune idee interessanti (n.d.r. Ad esempio gli zombie Mozart, Bach, e Bethoven) ma buttate giù alla meglio e troppo frettolosamente, così che non le si possano apprezzare davvero. E' tutto molto superficiale, raccontato con un ritmo eccessivamente concitato, troppi personaggi, tutto mal caratterizzati. E' sicuramente orientato ai piccoli, e non c'è un briciolo di interesse per gli adulti. La critica lo cassò brutalmente, ma il botteghino gli diede comunque ragione...
Vabbé! Per una volta io sto dalla parte della critica. 
L'unica battuta interessante? Quella che segue:

- E' vera la storia dell'aglio?
- Si, quando lo mangio mi si gonfia la gola.
- Ed è vero che se ti piantano un paletto nel cuore tu muori?
- Certo, chi non morirebbe?

E con questo calo mestamente il sipario.



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mercoledì 15 marzo 2017

Festival dell'Oriente 2017

Glauco Silvestri
Come ogni anno negli ultimi 3 anni, a cavallo tra febbraio e marzo, arriva a Bologna il Festival dell'Oriente, ovvero una kermesse fieristica dove la cultura orientale viene proiettata in occidente, per raccontarsi attraverso un mercatino, delle conferenze, moltissimi spettacoli, sia artistici che sportivi, libri, ristoranti, massaggi, cerimonie del tè, arredamento, vestiario, cultura e religione, eccetera eccetera eccetera.
Si tratta di un evento che difficilmente mi lascio scappare, sia perché è affascinante esplorare culture differenti (n.d.r. Per quanto molto contaminate da un ambiente fieristico), sia perché è un'ottima occasione per scattare qualche foto particolare. E se negl'anni scorsi mi sono davvero scatenato con la macchina fotografica, quest'anno ho preferito centellinare gli scatti, un po' a causa del minor tempo a disposizione per poter visitare il Festival, un po' perché ero a caccia di qualcosa che ancora non ero riuscito a catturare durante le precedenti edizioni. 

Qui di seguito vorrei proporvi alcuni scatti realizzati quest'anno, partendo da due bastoncini d'incenso fumanti su uno sfondo di campane tibetane.

Smoking Sticks

E dal bianco e nero salto ai colori sgargianti di un abito tradizionale giapponese esposto su un tappeto vermiglio.


Blu on the Red Carpet

Se devo rammaricarmi di qualcosa, quest'anno, è di non aver potuto assistere più di tanto ai tantissimi spettacoli in programma. La danza egiziana, quella dove il ballerino ruota ininterrottamente per più di una decina di minuti, è estremamente affascinante, ed è stato quasi un miracolo che io sia riuscito a catturarla in qualche scatto interessante. Quello che vi voglio proporre è però un punto di vista alternativo, ovvero attraverso lo schermo del cellulare di un altro spettatore... Foto che ho voluto scattare un un alto numero di ISO per cercare di simulare la grana 'naturale' delle pellicole Bianco e Nero di una volta.


Ballo Egiziano on the Phone

Tornando alle immagini a colori, qui di seguito vi riporto un primo piano di una ballerina cinese di una regione limitrofa ai confini con l'Unione Sovietica. Come potrete notare non assomiglia molto ai 'cinesi' che siamo abituati a frequentare, e difatti questa comunità è un mix interessante di genie e culture. La danza in cui l'ho immortalata ha la peculiarità di mantenere sulla testa delle tazze, una dentro l'altra, in perfetto equilibrio. Le tazze contengono acqua, e alla fine del ballo vengono svuotate per dimostrare la destrezza delle ballerine... Che ovviamente durante il ballo non ne versano una goccia!

Danza delle Tazze

Il prossimo scatto è sempre cinese, e riguarda una contorsionista davvero abile. Qui la riprendo in una delle sue posizioni incredibili...

Contorsioni ed Equilibrio

E con la foto che segue abbandono il palco per mostrarvi alcuni angoli della Fiera, un posto dove poter fumare da un narghilè in santa pace, seduti su un cuscino o a un tavolino intarsiato, e godere di un po' di relax in compagnia degli amici. 

Rasta, Lanterne e Narghilè

L'ultima foto di questa breve esposizione è dedicata alle statuine giapponesi. Qui ho immortalato un maestro zen da molto, molto vicino.

Maestro

A questo punto, nel caso foste affascinati dalla bellissima kermesse appena conclusasi a Bologna (n.d.r. Ma che dovrebbe iniziare a breve a Torino, e poi di seguito a Roma), potete andare a curiosare sul mio Album di Fotografie su Flickr. Quest'album raccoglie tutte le foto scattate sin dalla prima volta in cui ho visitato al Festival, e ovviamente contiene anche le foto scattate quest'anno.



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martedì 14 marzo 2017

Nirvana

Glauco Silvestri
Durante una di queste conversazioni fu chiaro che i due condividevano la stessa visione del nirvana. Secondo entrambi l’armonia suprema si raggiungeva comodamente spaparanzati su una sdraio, sotto un ombrellone, con un clima caldo e soleggiato e un cameriere che serviva bevande fresche di vario genere.

Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve (Vintage) (Italian Edition) (Jonasson, Jonas)


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lunedì 13 marzo 2017

Jack Reacher, Punto di non ritorno - #Film #Recensione

Glauco Silvestri
Secondo capitolo della Saga dedicata a Jack Reacher, ex ufficiale dell'esercito, giustiziere, per certi versi asociale, eccetera eccetera eccetera.

In Punto di non Ritorno Jack si trova ad aiutare il maggiore Susan Turner - che dirige l'unità investigativa un tempo gestita da Reacher stesso - da un complotto che la vuole fuori dai giochi. Storia complessa in cui le pedine son mosse da una società paramilitare privata che collabora con l'esercito, e che sfrutta questa collaborazione per ampliare il proprio giro d'affari organizzando un traffico non legale di stupefacenti. La Turner, Reacher, e una ragazzina che si spaccia per figlia non riconosciuta di Reacher stesso, finiscono in un vortice di violenza, azione, e fughe rocambolesche, che non si placano neppure quando la società privata viene scoperta, in quanto i militari a contratto sulle tracce di Reacher la prendono come una sfida personale tra ex militari professionisti.

Boh! Il primo film era piacevole e ben congegnato, ma questo fatica parecchio a coinvolgere. Se Tom Cruise fa di tutto per tenere alto il livello della pellicola (n.d.r. Fisico invidiabile, ma volto che ormai mostra tutti i suoi 54 anni, e non in maniera lusinghiera), non si può dire altrettanto di chi gli sta attorno. Cobie Smulders non convince nei panni di Susan Turner, così come Patrick Heusinger non brilla affatto nei panni del contractor che vuole a tutti i costi far fuori Reacher. Se la cava meglio Danika Yarosh nei panni di Samantha... Ma la pellicola ha davvero parecchi limiti. Regia più che sufficiente, ma mai eccelsa,

Si guarda, eh? Ma c'è di meglio in giro.



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domenica 12 marzo 2017

La Caduta dei Giganti - #Libro #Recensione

Glauco Silvestri
Ho atteso parecchio prima di iniziare a leggere la Century Trilogy di Ken Follett. Un progetto immane, che credevo rischiasse di rimanere incompiuto perché ogni volume era pensato per avere più di un migliaio di pagine, l'autore aveva già oltre sessantacinque anni, e... Boh... Dite che gli stavo tirando addosso una disgrazia? A ben vedere Follett è 'ancora giovane' e prolifico, e la trilogia è stata completata in tempi brevissimi nonostante i miei timori. Per cui - facendo mea culpa, eccomi a parlare del primo volume della Century Trilogy, ovvero La Caduta dei Giganti.

Questo primo volume affronta i primi vent'anni (n.d.r. Circa) del 1900. Cinque famiglie, una americana, una russa, due inglesi e una tedesca fungono da nodo focale del periodo più sanguinario della storia umana, ovvero quello che ha abbracciato la Prima Guerra mondiale e la Rivoluzione Russa.
Tutto ha inizio nel 1911, pochi anni prima dello scoppio del conflitto. Giorgio V viene incoronato Re d'Inghilterra. Billy Williams compie 13 anni e inizia a lavorare in miniera. I fratelli Peskov progettano di emigrare negli Stati Uniti. Il conte Fitzherbert sogna un rampollo che mandi avanti la sua famiglia, nel frattempo intrattiene una relazione indecorosa con la sua giovane governante, Ethel Williams, la sorella di Billy Williams. La cugina del conte, ovvero Lady Maud Fitzherbert, sogna l'emancipazione delle donne in Inghilterra, ma soprattutto di sposare Walter von Ulrich, diplomatico tedesco residente a Londra. Dall'altra parte dell'oceano, Gus Dewar, diventa assistente del presidente americano Wilson. Nessuno potrebbe mai immaginare che, solo tre anni più tardi, un attentato, avrebbe rivoltato come un calzino la vita di ognuno di loro. Il 28 giugno del 1914, l'arciduca Francesco Ferdinando d'Asburgo viene ucciso a Sarajevo, e ciò scatena di fatto il primo conflitto mondiale.

Il libro dipinge l'Europa dell'epoca, le sue tradizioni, le sue aspettative, le sue rivalità, e l'intreccio di culture che ancora faticavano a lasciare alle proprie spalle i retaggi del passato. Un semplice attentato riuscì a fare 'filotto', a riaccendere antichi rancori tra Francia e Germania, a risvegliare i sogni espansionistici di uno Zar ormai incapace di contenere il proprio popolo, a irrigidire la sobrietà inglese mettendone a rischio la supremazia dei mari, e nella politica. Soprattutto farà sì che tutto il mondo si accorga per la prima volta degli Stati Uniti e del suo potenziale, sia industriale, sia bellico.
Nel frattempo, non manca l'amore, l'orgoglio, la nobiltà, le passioni, il complotto, lo spionaggio, e la guerra stessa. L'ardore dei giovani contro la solidità immobile degli anziani; la cecità dei nobili contro l'energia dei poveri; la supremazia degli uomini contro il 'caratterino' delle donne; tanti ingredienti, tante vicende, tante passioni, vite spezzate, eccetera eccetera... Un romanzo ricchissimo che non annoia mai, e scritto con grande maestria.

Davvero bello. Da leggere assolutamente.


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sabato 11 marzo 2017

Ultimatum alla Terra - #Film #Recensione

Glauco Silvestri
Celebre remake della pellicola omonima girata nel 1951 da Robert Wise, Ultimatum alla Terra è per certi versi un film sempre attuale, dove - nonostante alcuni cliché ormai desueti - vengono toccati punti dolentissimi dell'indole umana e della nostra società basata sullo sfruttamento indiscriminato delle risorse e la voluta ignoranza riguardo alle eventuali conseguenze.

Keanu Reeves è perfetto a vestire i panni del glaciale Klaatu, sceso sulla Terra per salvare il pianeta da... noi. L'alieno, non appena toccato piede sul suolo americano, viene accolto con la solita enfasi USA, ovvero un proiettile in corpo e un bel terzo grado con tanto di macchina della verità. Fortunatamente, tra gli scienziati incaricati di studiare il nuovo venuto, c'è Helen Benson, microbiologa specializzata nello studio/ricerca di forme di vita aliene. La donna farà di tutto per liberare Klaatu dalle mani dell'esercito, e di metterlo in contatto con persone che potrebbero meglio rappresentare la nostra specie. Ma non c'è nulla da fare... Klaatu ha ormai deciso che noi siamo una minaccia per la sopravvivenza della Terra, e avvia la procedura di decontaminazione (n.d.r. Dopo aver, ovviamente, portato in salvo tutte le altre specie animali). Sarà il piccolo Jacob, figlio adottivo di Helen, a far rinsavire l'alieno, e a fargli compiere una corsa contro il tempo per interrompere il processo di decontaminazione. Ma riuscirà nell'intento?

Come ho già anticipato, il film contiene alcuni cliché triti e ri-triti che ne minano un pochino le fondamenta. Si parte da una reazione esageratamente aggressiva dei terrestri, dalla cecità dell'esercito nel capire che ogni tentativo è vano (n.d.r. E mi sorprende che non abbiano usato la 'solita' bomba nucleare), fino all'alieno che ascoltando Bach si commuove. Eppure nell'insieme la vicenda regge a sufficienza per incuriosire lo spettatore e raggiungere i titoli di coda senza sbadigli.
Oddio... Non che la pellicola abbia un ritmo concitato, ma i colpi di scena non mancano, e arrivano all'improvviso, quando meno ce lo si aspetta.

Bravo Reeves nei panni di Klaatu, per quanto ricordi un po' il Neo di Matrix. Jennifer Connelly veste bene i panni di Helen. Poco efficace Kathy Bates nei panni del segretario di stato Regina Jackson. Il più bravo è Jaden Smith - figlio di Will Smith - nei panni di Jacob. Ottimi gli effetti speciali; e buona la regia, che giustamente calca non troppo alla lontana quella del film originale.

Bello e da vedere! 


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venerdì 10 marzo 2017

Perfetti Sconosciuti - #Film #Recensione

Glauco Silvestri
Il cellulare è la nostra scatola nera. Questo piccolo oggetto contiene tutta la nostra vita, i nostri segreti, i nostri amori, i nostri successi, i nostri fallimenti. E' una bomba a orologeria che, nel caso sia usata in modo non corretto, potrebbe scatenare impensabili problemi... Per cui è sempre meglio trattarlo con molta cautela, perché dentro questa scatoletta è descritto il nostro vero io, e non la maschera che usiamo quotidianamente nel mondo che ci circonda.

Perfetti Sconosciuti ci mostra ciò che potrebbe accadere se, tra un gruppo di amici affiatatissimi, venisse la folle idea di mettere i cellulari sul tavolo, e rispondere in viva voce a ogni chiamata, messaggio, e quant'altro, senza più privacy, senza nessun segreto, perché tanto tra amici ci si dice tutto e, soprattutto, non si ha nulla da temere.
Titubanti, gli amici mettono il cellulare sul tavolo. E si comincia scherzando, sorridendo delle chiamate della mamma, del medico, delle vacanze prenotate appena confermate, l'appuntamento per il prossimo torneo di calcetto... Ma poi il gioco si fa duro. Prima la telefonata di una casa di riposo per la mamma del marito, informazioni raccolte ovviamente a insaputa del marito; poi la figlia che chiama il padre per sapere se fa bene a stare fuori col moroso tutta la notte, con tanto di sei troppo innamorato di mamma per capire che è una stronza; poi il messaggio di una ragazzina che manda foto di lei nuda a uno dei partecipanti della serata; poi i messaggi di gelosia del compagno di uno dei presenti - uomo - che non è stato invitato per proteggerlo da eventuali commenti fuori luogo.
E così i rapporti di coppia crollano, i rapporti di amicizia crollano, e le insicurezze affiorano, e le debolezze esplodono, eccetera ed eccetera...

Commedia che converge al drammatico, per poi concedere un lieto fine alla 'Sliding Doors' in cui quanto si è assistito, in realtà, non è mai accaduto. Ma i pensieri, le riflessioni, e i dubbi persistono nello spettatore, che uscendo dal cinema, o facendo un saltino in bagno dopo aver visto il film in salotto, un'occhiata al cellulare la butta di sicuro...

Film semplice, lineare, ben recitato, con un ottimo cast, che fa riflettere parecchio, ma allo stesso tempo non è pesante. Si sorride, si riflette, e offre persino un interessante tema da discutere in famiglia. 

Merita!



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giovedì 9 marzo 2017

Non Lasciarmi - #Film #Recensione

Glauco Silvestri
Nella mia biblioteca sono presenti alcuni titoli che, oltre a essermi piaciuti, hanno lasciato un segno importante nella mia esperienza di lettore. Sono davvero pochi e si contano sulle dita di una mano. Non si tratta di libri riconosciuti globalmente come "titoli da leggere prima di morire" o robe simili, ma di libri che ho apprezzato in modo differente rispetto alla moltitudine di testi che ho letto, che sto leggendo, e che leggerò.

Visto che sono pochi potrei anche citarli velocemente e senza un ordine preciso: La Danza della Tigre, La cura del Gorilla, Player One, Non Lasciarmi, e Fondazione e Terra. Questi libri mi hanno aperto porte che prima neppure sapevo esistessero. Mi hanno regalato ore intense, e tutti quanti li ricordo con affetto, e con piacere.
Di questi titoli, un paio sono giunti fino al cinema, ed è di uno di questi che vorrei parlare oggi, ovvero di Non Lasciarmi.

Il film ha un ritmo rilassato, proprio come avviene durante la lettura del romanzo. E' evidente che la pienezza dei dettagli di quest'ultimo non è replicata nella versione cinematografica, ma tutto è costruito con la giusta delicatezza, con le giuste informazioni, con il giusto ritmo e quell'aura di mistero che è presente anche nel romanzo.
Siamo in un mondo ucronico, dove lo studio del DNA ha portato a soluzioni miracolose per prolungare la vita dell'essere umano, e tutto ciò all'inizio degli anni cinquanta, tanto che solamente un decennio dopo, gli uomini sono in grado di raggiungere i 100 anni senza troppi problemi. Questo grande miracolo medico ha però uno scotto da pagare, ovvero quello dei bambini speciali... Bambini messi al mondo in provetta, copie genetiche di persone nate naturalmente, e allevate solamente perché fungeranno da pezzi di ricambio per i loro 'originali'. E se in molti istituti queste creature sono allevate in batteria senza troppo rispetto per la loro dignità, in Inghilterra è presente una sorta di istutito sperimentale dove ai bambini è concessa un'infanzia e una adolescenza normale. E così questi ragazzi hanno modo di farsi una cultura, di creare una propria personalità, di provare sentimenti come amore e odio, ed essere anche consapevoli del proprio destino (n.d.r. Segnato sin dalla nascita).
Tre di questi ragazzi sono molto uniti. Cathy e Ruth sono amiche del cuore, e Tommy è un ragazzo problematico che però conquista sin da subito le simpatie di Cathy. Il rapporto tra i tre bambini è molto stretto, e per quanto sia macchiato da gelosie e incomprensioni, rimane inscindibile fino a che tutti non raggiungono l'età adulta. E' a questo punto che Cathy, innamorata di Tommy, il quale però ha una relazione con Ruth, decide di lasciare il gruppo per dedicarsi all'assistenza ai ragazzi che già hanno cominciato a donare sé stessi per salvare i loro originali. E passeranno più di 10 anni prima che lei rivedrà nuovamente i suoi amici. Ruth, ormai vicina alla terza donazione, e consapevole che non sopravvivrà ad essa, trova il modo per riavvicinare gli altri due ragazzi. Ahimé anche Tommy è prossimo alla terza donazione, e in pochi sopravvivono ad essa, ma... Ma forse c'è una speranza per poter godere, almeno per un tempo limitato, dell'amore rimasto da sempre sopito del ragazzo e Cathy.

Storia toccante, e allo stesso tempo affascinante. Non è sicuramente un action movie come The Island (n.d.r. Che affronta gli stessi temi in modo imbarazzante...), e non è il classico film di fantascienza che tutti si aspettano di vedere al cinema. Niente effetti speciali, niente thriller, niente azione, lotta, combattimenti. Questa è una pellicola intima e carica di emotività. Usa i sentimenti per immaginare un fut... un presente differente da quello che noi tutti viviamo. E la consapevolezza che quel sistema potrebbe realmente esistere un giorno, visto i passi avanti che si sono avuti sino a oggi, rende l'intera vicenda ancora più profonda e toccante. Non è un caso, io credo, che oggi ci siano tanti dibattiti sulla sperimentazione sulle cellule staminali, sugli embrioni umani... E probabilmente un giorno si potrebbe davvero finire per affrontare una problema etico come quello presentato con delicatezza in questo film.
Film dove tutti quanti sono molto bravi, ma dove - per una volta - non mi ha convinto a pieno l'interpretazione di Keira Knightley, che mi è parsa un po' impacciata e distante dalle capacità che l'attrice aveva saputo esprimere in altri bellissimi film da lei interpretati. Pazienza.

Rimane comunque un bel film, da vedere assolutamente.





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mercoledì 8 marzo 2017

Green Manor - #Fumetti #Recensione

Glauco Silvestri
Green Manor è un fumetto di davvero pregevole fattura. Sembra un libro d'altri tempi, con una bella copertina spessa e in simil-pelle, quasi un diario, o un romanzo d'appendice. E invece è un fumetto; un fumetto di grande qualità, con pagine di grammatura elevata, con colori vivaci, e disegni molto molto ben fatti.

La mano che ha pensato e prodotto è francese (n.d.r. Qui in Italia è distribuito da Bao), e lo si vede anche nello stile delle storie narrate all'interno di questo bel fumetto. Sono sedici racconti brevi, tutti gialli dal tocco classico, legati assieme dal debole fil di lana di un pazzo internato in un manicomio che viene intervistato da uno psicologo. Questo pazzo crede di essere il Green Manor, ovvero un club per persone altolocate. Il periodo storico è la fine del 1800, e i membri di questo club si dilettano con l'investigazione su crimini efferati, sul desiderio di commetterli, sul desiderio di mettersi a confronto con le autorità, sfidarle, e vedere chi la spunta... Ma non solo. A ogni modo si parla di omicidi, sia studiati a tavolino, sia istintivi, sia per vendetta, sia per semplice e pura sfida tra i membri del club.

Storie brevi e brillanti, come ho già detto. Alcune divertenti, altre più cupe, altre ancora più complesse da interpretare. Storie brevi e ben narrate. Un libro che si legge veloce, tutto d'un fiato, ma che può essere anche assaporato un po' alla volta, una storia alla volta, senza perdere il gusto della sua lettura.

Difetti? Sì, uno grosso. E' davvero ben disegnato in ogni dettaglio, ma le strip sono piccole, e i dettagli dei disegni si perdono a causa dei baloon, ed è necessario rallentare la lettura per poter godere delle immagini. Meglio sarebbe stato avere qualche pagina in più, strip più grandi, meno "quadrati" per pagina, così da avere disegni più grandi e piacevoli da guardare. Lo dimostrano gli schizzi a fine del volume, dove lo studio dei personaggi, dei volti, e le bozze di una intera storia, sono rappresentate a misura più appropriata. 
E' un vero peccato che i disegni siano così piccolini.

A ogni modo è un gran bel fumetto e, specie per chi ama questo genere di storie, lo consiglio.



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martedì 7 marzo 2017

La Vendetta

Glauco Silvestri
La vendetta è come la politica: si accanisce fino a quando il brutto diventa peggio e il peggio diventa ancora peggio.


Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve (Vintage) (Italian Edition) (Jonasson, Jonas)



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lunedì 6 marzo 2017

La Guerra dei Roses - #Film #Recensione

Glauco Silvestri
Grande film, La guerra dei Roses! C'è un Danny de Vito regista e voce narrante della vicenda. C'è una splendida Kathleen Turner, e un Micheal Douglas fenomenale. Gli ingredienti sono succulenti, i rapporti tra marito e moglie, invidie e gelosie, amore soffocante e non, ma soprattutto i piccoli difetti, che col tempo, diventano enormi e insopportabili.

Tutto ha inizio nello studio di Gavin D'amato, un avvocato divorzista vuole fare un favore al proprio cliente. Quest'ultimo sta divorziando dalla moglie e non riesce a mettersi d'accordo su come dividere la casa con la donna. L'avvocato divorzista, Gavin, decide allora di raccontare a questo uomo una storia: la storia dei suoi due migliori amici, marito e moglie, i signori Roses, Oliver e Barbara. 
Conosciutisi da giovani, a un'asta di beneficenza, quando Barbara soffia a Oliver una statuina di ceramica che lui voleva acquistare, il loro rapporto dura ben 18 anni. Ma mentre lui ottiene il successo sperato nel proprio lavoro, Barbara si ritrova a fare la 'desperade housewife', e finché ha la casa da seguire, e due figli da crescere, tutto va abbastanza bene. Il problema sorge quando i figli lasciano la casa per andare al college. Barbara si ritrova improvvisamente con molto tempo libero, e con il marito sempre in mezzo ai piedi.
Risultato finale? Se già prima la coppia tentennava, ora la coppia è scoppiata. E tutto avviene quando, durante un importante meeting, a Oliver viene un malore. Sembra un infarto, i sintomi sono molto simili, e Barbara, nonostante sia stata avvisata, neppure si reca in ospedale. Dopo un bel litigio, a letto, lei chiede il divorzio al marito. E se all'inizio lui trasecola, perché ancora innamorato della donna, poi è costretto ad accettare la scelta di Barbara... Ma... Ma non è disposto a concederle la casa. La casa diventa un puntiglio. Barbara rinuncerebbe agli alimenti, a tutto quanto, pur di avere la casa, ma Oliver rifiuta. E così tra i due scoppia una guerra che finisce per degenerare al punto che...

Film eccezionale. Lo affiancherei a un altro capolavoro, ovvero Un giorno di ordinaria follia. Entrambi rappresentano una coppia divorziata, in entrambi Micheal Douglas impersona il marito che non riesce a rinunciare al rapporto. Per quanto la vicenda abbia un che di surreale, la cronaca quotidiana ci ricorda che poi la fantasia non oltrepassa limiti tanto distanti dalla realtà. Accoltellamenti in famiglia sono all'ordine del giorno, così come le vicende dei ragazzi abbandonati che sfregiano le donne con l'acido non possono che ricondurre alle dinamiche di coppia descritte in questo film. Certo, non si possono paragonare le atrocità della vita reale con quelle descritte in una commedia dai toni tragici. Shakespeare insegna che... 

Ma siamo poi così sicuri che le dinamiche non siano analoghe? 
Cosa spinge un uomo a 'non mollare la presa' quando la donna è ormai decisa ad andare? 
Può l'amore trasformarsi in cieca ossessione?
Può l'amore soffocare al punto da diventare odio?

La risposta è evidente, anche perché spesso ci si dimentica che amore significa 'dare' e non 'prendere'. Se entrambi 'danno', entrambi 'ricevono', e il rapporto funziona. Ma se entrambi 'pretendono' e 'prendono', alla fine l'alchimia diventa prigionia, e i sentimenti buoni diventano cattivi, e l'amore velocemente passa da inebriante a soffocante. Ed è forse la società odierna, ma fors'anche è sempre stato così dalla notte dei tempi, che spinge tutti a volere, volere, pretendere, pretendere, desiderare, desiderare. Ormai si sente solo dire 'io' e la parola 'noi' è pressoché dimenticata, così come i 'vorrei' son diventati 'voglio', e i rapporti di coppia sono ormai frutto dell'emotività, della fretta, ed è raro che durino a lungo. Le statistiche parlano chiaro, e anche ragionando un tanto al chilo mentre divago dal parlarvi di questo film, i divorzi entro i primi 5 anni di matrimonio hanno ormai raggiunto la quota 50%. Per cui non stupiamoci se i rapporti all'interno delle mura domestiche diventano sempre più estremi... Ma soprattutto auguriamoci che l'esempio dei Roses sia d'aiuto per far sì che, in un momento di crisi, non si diventi ciechi di fronte alle esigenze della persona con cui si è divisa una buona parte della propria vita.

Come dice Gavin durante l'epilogo del film: non so se questa storia abbia un significato, se voglia dire che chi ama i gatti deve sposare chi ama i gatti, e viceversa chi ama i cani deve sposare chi ama i cani, ma in generale, se le cose vanno male, bisogna essere generosi col partner, anche a costo di fare dei sacrifici, per poi avere l'occasione di ricominciare la propria vita da capo. Ma se solo se si ha uno spiraglio attraverso il quale si può credere che il rapporto possa essere ricucito, allora vale la pena tentare, ma senza mai dimenticare che anche il partner ha dei sentimenti, e che questi non devono essere mai calpestati.

E per finire, c'è una sola cosa, in questo film, che non ho mai capito: Gavin è sempre stato un donnaiolo, ma dopo la vicenda dei Roses, lo racconta lui stesso, mette la testa a posto e si sposa. La domanda è:  con chi è sposato Gavin? Io credo con Susan, la donna di servizio dei Roses. Voi che ne dite?


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