martedì 30 giugno 2015

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Glauco Silvestri
Gesù aveva solo 12 followers, eppure ebbe successo comunque. Gesù ebbe un solo defollow, ma gli portò un mare di guai.

Iddiozie & Diavolerie (@lddio e @Dlavolo)
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lunedì 29 giugno 2015

Orfani, l'inizio - #Comics #Recensione

Glauco Silvestri
Regalo di Compleanno: Orfani l'inizio. Raccoglie i primi tre episodi della serie Bonelli scritta da Roberto Recchioni ed Emiliano Mammuccari. Ero curioso di leggere questa serie, ma allo stesso tempo ero titubante. La sua versione televisiva mi è parsa un pochino agé. La trama mi lasciava dei dubbi. I disegni, e il fatto che fosse a colori, mi attiravano e allo stesso tempo mi lasciavano anch'essi  qualche dubbio. 
Insomma, se non fosse stato per il compleanno, non l'avrei mai preso.

La storia è piuttosto nebulosa. La Terra viene attaccata da un pianeta lontano. Un raggio di energia distrugge pressoché l'intera Europa. Pochi sono i superstiti. La resistenza... Viene deciso di andare sul pianeta alieno e contrattaccare. Per ottenere ciò, oltre all'esercito regolare, vengono preparati dei super soldati. Questi non sono volontari, sono ragazzini raccolti tra le macerie e miracolosamente sopravvissuti. Tra loro vi è stata una selezione tremenda, una manipolazione genetica, un addestramento al limite della sopportazione. Chi è giunto alla fine dell'addestramento, è diventato un soldato d'élite. Questi soldati agiscono per conto loro, e si fanno chiamare, per l'appunto, orfani.
Quando giungono sul pianeta, però, tutto appare strano. Gli alieni sembrano combattere a mani nude, e se vengono uccisi, cristallizzano e si sbriciolano. Per quanto la guerra sembra condurre a una vittoria, molti sono i dubbi che attanagliano i terrestri. Chi sono questi alieni? Perché hanno attaccato la Terra? Queste non sono le uniche domande che rimangono senza risposta.

Il volume raccoglie i primi tre episodi della serie, che in totale conta 12 episodi, ovvero quattro volumi prodotti da Bao Publishing. Il volume è realizzato in maniera eccellente. Carta, rilegatura, colori... niente da eccepire. Rimango un po' dubbioso sul mecha design, che per certi versi guarda al futuro, per altri all'attualità, e per altri ancora alla tradizione dei samurai, nonché mostra una notevole influenza sia cinematografica classica, sia fumettistica. Per quanto abbia letto le interviste ai disegnatori dei primi tre fumetti, devo dire che non mi sono convinto a pieno sullo studio che è stato fatto al riguardo. L'opera è pregevole, lungi da criticarla, ma molte sono le scene che mi hanno ricordato - nebulosamente - cose già viste, lette, e quant'altro. Manca profondità nei personaggi, sembrano studiati col machete: lo sbruffone fa lo sbruffone, l'eroe si sacrifica per il bene degl'altri, l'intelligente ha sempre l'ultima parola, la donna non vede l'ora di sposarsi... è tutto basato su classici cliché che forse nel 2015 si sarebbero dovuti abbandonare.
Diciamo che il target è quello del teenager basso, massimo 15 anni, poi - se si ha un certo background culturale - si rischia di prevedere le mosse, e di non essere appagati nella lettura, per lo meno non completamente.
Eppure c'è qualcosa che mi attrae... Sarà che ho voglia di fantascienza e non trovo nulla di attuale che mi soddisfi...
Ecco... L'unico dubbio è che dal quarto episodio in avanti ci dovrebbe essere un punto di svolta. Non ho letto la versione Bonelli, mensile, uscita in edicola, per cui rimango con la curiosità sulla punta delle dita. Che faccio? Mi arrischio a prendere anche gli altri volumi?



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sabato 27 giugno 2015

Corto Circuito 2 - #Film #Recensione

Glauco Silvestri
Eccoci a un seguito un po' forzato di un film di successo. E' evidente che il produttore voleva sfruttare il personaggio, che di sicuro nel primo film aveva mostrato tanto carisma. Qui, in Corto Circuito 2, rovinano un po' la festa perché il robot si presenta in una veste hippy che poco gli si addice. E persino dotato di gadget poco probabili... Insomma, il film scade in una pellicola per ragazzi, se non addirittura per bambini. 

Ma vediamone la trama. Il robot Numero Cinque torna in azione, questa volta nella città di Toronto, dove uno dei suoi creatori - Ben - ottiene un contratto con un centro commerciale per produrre un migliaio di robot giocattoli entro la fine del mese. E' Fred Ritter, un venditore ambulante di orologi di dubbia provenienza, a convincere Ben a tuffarsi nell'impresa. I due soci non sembrano proprio essere in grado di mettere in piedi una attività industriale, ed è per questo che Stephanie e Newton permettono a Johnny 5 di andare in città per aiutare l'amico a costruire i giocattoli. A mettere i bastoni tra le ruote nell'impresa di Ben, oltre all'avidità di Fred, è la banca che sorge casualmente di fronte al capannone affittato dai due per costruire i giocattoli. E' da lì, infatti, che un gruppo di criminali ha iniziato a scavare un tunnel per raggiungere i caveau della banca. Per cui i criminali ne fanno di ogni per tentare di scacciare Ben e i suoi compagni... Ma poi comprendono che, probabilmente, è meglio sfruttare l'ingenuità di Johnny 5 per farlo lavorare al posto loro... Un robot è sicuramente più efficiente di un umano!

Il tema ricorrente è quello riguardante la discriminazione. Un tema nobile dove, per non offendere nessuno e non rischiare di andare contro a battaglie legali, si è messo un robot come figura discriminata. Una macchina non ha dignità, una macchina non è viva, una macchina non merita il medesimo rispetto di una vita umana. Ai tempi dello schiavismo - e forse ancora oggi c'è qualcuno che la pensa così - questo tipo di pensieri erano rivolti nei confronti delle 'razze inferiori'. E di sicuro ancora oggi son rivolte agli animali... Per fortuna da sempre meno imbecilli (n.d.r. Scusate il francesismo: Imbecilli nel senso che Imbellono - cit.). Peccato che il tema è affrontato in modo molto superficiale, e ciò rende il film adatto per lo più agli spettatori in tenera età. 
Fa ridere? Il giusto. Per fortuna rimane nel cast l'indiano Ben e il suo strano modo di parlare. Senza di lui la pellicola non avrebbe proprio senso di esistere. Anche in questo caso è presente una improbabile chiave romantica nella vicenda. L'imbarazzante rapporto tra Ben e Sandy mostra una sola scena che merita di essere vista, ovvero il 'primo appuntamento', dove il robot Johnny 5 comanda via remoto un tabellone pubblicitario per suggerire frasi a effetto all'impacciato scienziato indiano. Per il resto... Tabula rasa.

Vale la pena? Comme ci, comme ça!



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venerdì 26 giugno 2015

Uomini intelligenti, uomini saggi.

Glauco Silvestri
Potete giudicare quanto intelligente è un uomo dalle sue risposte. Potete giudicare quanto è saggio dalle sue domande.



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giovedì 25 giugno 2015

Corto Circuito - #Film #Recensione

Glauco Silvestri
Questo film ha trent'anni sulle spalle, ma è ancora un bel film da vedere. Corto Circuito ha tante frecce al suo arco, e si fa perdonare per le piccole pecche che una pellicola di questo genere possiede per definizione. E' divertente, prende un po' in giro i progettisti nerd, tanto geniacci quanto incapaci di vivere nel mondo reale, e ci mette di fronte a una creatura meccanica che sicuramente sa farsi amare.
Io... Be', lo ammetto, avevo una cottarella per Ally Sheedy (che comparve anche in War Games, per intenderci), per cui sono particolarmente affezionato a questo film.

Ma di cosa parla? La Nova Corporation presenta all'esercito la sua ultima creatura. Si tratta di un robot senziente da guerra, perfetto per sostituire la fanteria in ogni occasione il rischio di perdite umane sia molto alto. Durante la presentazione, che è un successo, il robot Numero 5 viene colpito da un fulmine. Ciò lo manda in corto circuito, e viene messo in riparazione... Solo che mentre attende che i tecnici si occupino di lui, la macchina si risveglia e acquisisce coscienza. Fugge dal laboratorio, e si rifugia in casa di Stephenie, che nella vita gestisce un ricovero per animali da compagnia.
La Nova Corporation vuole il robot indietro, è convinta che esso sia pericoloso, per cui coinvolge la milizia interna della società. Solo i progettisti del robot pensano che esso non sia pericoloso, per cui decidono di cercare autonomamente la macchina, ciò li metterà contro l'amministrazione della Nova, e li farà schierare dalla parte di Stephenie, e di Numero 5.

E' una commedia, per cui non aspettatevi un film pieno di effetti speciali alla Terminator o robe simili. Eppure si parla di macchine autocoscienti, si parla di una ribellione delle macchine al loro creatore. Un tema che nella fantascienza è stato battuto parecchie volte. Qui è l'ironia che la fa da padroni. Molto meglio del moderno Humandroid, perché divertente, e irriverente. Come molti film anni ottanta, i cliché si sprecano. I militari prima sparano, poi danno l'alt. Gli scienziati non sanno trattare con gli altri esseri umani, soprattutto se donne. Gli imprenditori badano solo ai soldi. E i robot? Input, hanno bisogno di input! Per cui son quelli che imparano più cose di tutti, apprezzano la vita, odiano la morte, e cercano solo di vivere tranquilli.
Ottime le interpretazioni della Sheedy, e di Guttenberg (volto che conoscerete per via di Scuola di Polizia). Bravo, davvero brillante, è Stevens, che veste i panni Ben Jahrvi. Le sue battutine sono un vero sostegno divertente all'intera struttura del film. C'è una battuta che, dopo trent'anni, mi fa ancora ridere, quando il Dr Newton racconta a Ben il suo primo incontro con Stephanie, questo sorride e gli dice «Scommetto che è vergine, o che per lo meno lo è stata in passato!». Non so... Ogni volta che la sento scoppio a ridere.

Ci siamo capiti, vero? Il film è piacevole, il mecha design pre-annuncia la venuta di Wall-e, e la storia c'è. Lo consiglio di sicuro.



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mercoledì 24 giugno 2015

Conosci il tuo Obiettivo - #Corso #Fotografia

Glauco Silvestri
Prendete tra le mani il vostro obiettivo. Se avete acquistato una Canon in Kit, sarà probabilmente questo, ovvero il 18-55mm EF-S STM. Osservate bene com'è fatto, e le scritte che ci sono sopra. Ne conoscete il significato? Avete idea di quali siano le sue caratteristiche effettive? 

Proviamo a esaminarlo passo dopo passo, cercando di rimanere nel 'pratico', evitando le nozioni tecniche più approfondite, che magari vi annoiano, e che magari non interessano a un amatore alle prime armi.  In futuro, se la passione vi condurrà verso una attività più seria, allora sarà meglio che studiate pure quelle. Per ora... Passiamo oltre.

Osserviamo l'obiettivo partendo dalla lente. Ci sono delle scritte tutte attorno a essa, vediamole nel dettaglio perché ognuna ha la sua importanza, e prima o poi ci capiterà di sfruttare le informazioni che forniscono.
La prima indicazione che salta all'occhio è il diametro dell'obiettivo.
Nel nostro caso è di 58mm. Ogni obiettivo ha il suo diametro, e non sono tutti uguali. Questa misura ci viene in aiuto quando dobbiamo scegliere un accessorio, ovvero un filtro, o un paraluce, così da scegliere correttamente quello che si potrà adattare alla nostra attrezzatura.
La seconda indicazione ci identifica la tipologia di obiettivo.
Leggendo la scritta veniamo a scoprire che l'obiettivo è di tipo EF-S. E' una indicazione importante. Gli obiettivi Canon sono tutti identificati dal suffisso 'EF' (n.d.r. Electronic Focus). La 'S' non sta a indicare che l'obiettiva è stabilizzato (n.d.r. difatti lo è, ma la 'S' indica qualcos'altro). Essa deriva dalla denominazione dove la "S" significa 'Short-backfocus', una caratteristica specifica delle reflex consumer e prosumer, ovvero con un sensore APS-C.
Questo tipo di obiettivi può essere montato solo su macchine di questo tipo, e non sulle macchine Full Frame. Il problema sorge a causa delle differenze di misura del sensore, e di conseguenza sul cerchio d'immagine (n.d.r. Banalmente, è l'immagine catturata dall'obiettivo, che è circolare, e proiettata sul sensore. Tale cerchio deve circoscrivere l'intera area del sensore, altrimenti si forma un effetto vignettatura nella foto). Ci sono anche problemi meccanici, sempre a causa della maggiore dimensione del sensore, e di conseguenza dello specchio retrattile, che - quando è in movimento - può andare a urtare il bordo dell'obiettivo.
Qui trovate maggiori informazioni sulla questione. Se vi annoiano le spiegazioni tecniche, vi basterà ricordare che sulle macchine APS-C possono essere montati sia obiettivi EF, sia obiettivi EF-S. Mentre sulle Full Frame, e sulle macchine a pellicola, si possono montare solo obiettivi EF.
La terza indicazione riguarda la lunghezza focale dell'obiettivo.
Che immagino già conosciate. E' un 18-55mm, per cui ci offrirà la possibilità di avere un buon grand'angolo (18mm), e di zoomare - vedi ingrandire - fino a una lunghezza focale di 55mm. Più alto è il numero di lunghezza focale, più si vede lontano (perdendo però in ampiezza dell'immagine), più è basso meno si vede lontano (guadagnando però in ampiezza dell'immagine).
La quarta indicazione è la massima Apertura Relativa dell'obiettivo.
A questo punto mi tocca affrontare un po' di teoria. Niente paura. Cercherò di andare per gradi e di 'parlare semplice'. L'Apertura dell'obiettivo indica la quantità di luce che esso riceve dall'ambiente esterno.
Questa però non indica la quantità di luce che arriva al sensore. 
Tra la lente e il sensore, infatti, è disposto un diaframma. Questo dispositivo permette di regolare la luce a nostro piacimento (n.d.r. o a piacimento dell'Autofocus). Il valore di apertura del diaframma è chiamato Apertura effettiva, ed ha sempre un valore inferiore all'apertura dell'obiettivo. Anche l'apertura effettiva, però, non ci dà una indicazione corretta della luce che arriva al sensore, perché quest'ultima dipende anche dalla lunghezza focale (il teleobiettivo raccoglie meno luce di un grandangolo).


Per questo si parla di Apertura Relativa, ovvero del rapporto tra la lunghezza focale e l'apertura effettiva.
Per fare un esempio pratico, con una lunghezza focale di 50mm, e una apertura effettuva di 25mm, otterremmo una apertura relativa pari a: 50/25=2mm (n.d.r. che normalmente è indicato come f/2). Come già detto in precedenza, sull'obiettivo è indicato il valore massimo di apertura relativa, ovvero quello che offre più luce al sensore.
Nel nostro caso specifico, il grandangolo avrà una apertura relativa massima di 3,5mm, mentre il teleobiettivo avrà  una apertura relativa massima pari a 5,6mm (si ragiona al contrario, un valore basso di apertura indica il diaframma aperto, un valore alto indica il diaframma chiuso).

Lunghezza Focale
Se la curiosità vi spingesse a chiedevi in che posizione si trova il sensore della vostra macchina fotografica, il cosiddetto piano della focale, è sufficiente cercare l'indicazione a fianco del mirino, sul lato opposto alla rotella di selezione della modalità di funzionamento della macchina.

Indicazione della posizione del sensore.


Proseguiamo con le ultime due indicazioni. 
La dicitura IS (n.d.r. Image Stabilizer) sta a indicare che il vostro obiettivo è stabilizzato. La dicitura UMS (n.d.r. Ultrasonic Motor) indica che l'obiettivo è mosso da un motore ultrasonico, per cui molto silenzioso. Alcuni obiettivi hanno invece la dicitura STM (n.d.r. Stepping Motor). Questa dicitura indica che il motore che muove l'ottica è un motore di tipo passo-passo, molto preciso, e adatto alle riprese video.

A questo punto è giunto il momento di osservare il nostro obiettivo da un'altra angolazione. Vediamo le scritte sulla superficie del barilotto. Alcune voci già esaminate sono riportate esattamente come le avevamo già viste. E' indicato che l'obiettivo è stabilizzato, che è un obiettivo di tipo EF-S, che è uno zoom con estensione della lunghezza focale pari a 18-55mm. Troviamo però una ulteriore indicazione:
 E' la distanza minima di messa a fuoco per la Macro fotografia.
Tale dicitura mostra un fiorellino, e di fianco è indicata una distanza sia in mm, sia in piedi. Nel nostro caso è di 0,25m. Questo significa che per fare uno scatto in macro fotografia, dovremo stare ad almeno 25cm dal soggetto.

Il barilotto ci propone anche alcuni comandi che non possiamo ignorare. 
C'è un deviatore che ci permette di porci in Auto Focus (AF) o in Manual Focus (MF).
C'è un deviatore che ci permette di attivare o meno lo stabilizzatore.
Non credo sia necessario spiegare nel dettaglio come essi agiscano. C'è giusto da ricordare che mettendo in modalità Manual Focus l'obiettivo, si dovrà poi impostare la rotella dei programmi sulla lettera M.

E ci sono due ghiere. 
Quella più grande ci permette di variare la lunghezza focale. 
Essa è presente solo sugli obiettivi zoom, ovviamente. In questo caso essa ci permette di passare dal 18mm, ovvero un grand'angolo, al 55mm, un piccolo teleobiettivo.
La seconda ghiera è posta a ridosso della lente, e serve per mettere a fuoco quando si lavora in manuale.
Ruotando questa ghiera, una volta impostata su M la rotella dei programmi, e messo su MF il deviatore sull'obiettivo, e dopo aver scelto tempo di scatto e apertura relativa del diaframma, si potrà mettere a fuoco l'immagine, ed effettuare lo scatto.

Con questo abbiamo finito. C'è solo da annotare che alcuni zoom con una estensione piuttosto ampia della lunghezza focale presentano un terzo deviatore. Questo è semplicemente un blocco meccanico dell'ottica, e serve a evitare che essa si possa muovere per via del suo peso, e di conseguenza mutare la lunghezza focale, in situazioni in cui si utilizza il cavalletto e si punta la macchina verso il cielo.



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martedì 23 giugno 2015

Il terzo mondo

Glauco Silvestri
La Terra è il 3° Pianeta del Sistema Solare, tecnicamente ciò fa di te un abitante del 3° Mondo.

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lunedì 22 giugno 2015

Matrix, la Trilogia - #Film #Recensione

Glauco Silvestri
Quand'ero più giovane, a volte con gli amici, a volte anche da solo, mi dedicavo alle maratone cinematografiche. La trilogia di Indiana Jones vista tutta d'un fiato; la trilogia di Star Wars tutta d'un fiato; la trilogia de Il Signore degli Anelli, tutta d'un fiato... Oggi non ho più il fisico per certe cose, ma in tre serate consecutive (quasi), ho voluto riguardare l'intera trilogia di Matrix (n.d.r. Per completezza devo aggiungere che non ho accluso Animatrix, per quanto i cartoon essi si vadano a innestare tra il primo e il secondo film).

Tre film. Bisogna dire che il primo fece scalpore, piacque tanto, e apriva porte che poi hanno deluso le aspettative. Per quanto la pellicola apparisse un po' asettica, priva di dettagli (n.d.r. ricordate la scrivania di Neo, totalmente vuota, come se non ci avesse lavorato mai neppure un minuto?), un po' troppo sponsorizzata da Nokia (n.d.r. il famoso bananone, gran bel cellulare!), e il finale alla Superman che ancora devo comprendere a pieno (n.d.r. Continuo a pensare che, se Neo era capace di vedere il codice, di entrare nell'agente Smith e sbriciolarne la struttura, allora avrebbe dovuto essere in grado di spostarsi attraverso il codice da un punto all'altro di Matrix, e non volando...) è stato di sicuro una gran bella novità nel campo del cinema.

Il primo era perfetto. La scoperta di Matrix, la difficoltà di Neo ad accettare la cosa, il tradimento, e la consapevolezza finale del predestinato, con tanto di telefonata finale in cui si preannuncia il cambiamento. Si fossero fermati lì...

E invece hanno fatto i due seguiti... e ahimé i fratelli Wachowski si sono proprio persi per strada, al punto che poi - in seguito - loro stessi hanno dichiarato di non essere stati soddisfatti della trilogia.

Il secondo film parte già male. Torna l'agente Smith, non ci sono molte spiegazioni, se non che può replicarsi. L'avevamo visto a pezzi nel primo film... boh! Prosegue peggio, col pippone filosofico pseudo-religioso. Entrano in gioco nuovi personaggi, tra cui il Merovingio e sua - ehm - moglie. Monica Bellucci è davvero fuori luogo in questo film, non entra mai nella parte, mi spiace. Ha fatto bei film in passato, ma qui no, no no! Per lo meno vediamo scorci di Zion - che da un lato è ipertecnologica, e dall'altro è pressoché medievale... boh! Neo è la delusione più grande. Non fa altro che fare a pugni e a seguire le bricioline fornitegli dall'oracolo. Iniziativa zero. Per certi versi sembra un videogame dove i personaggi si muovono su percorsi prestabiliti. Osceno lo scontro in CGI tra i millemila Smith e Neo. Vogliamo ricordarci che alla fine del primo film fermava le pallottole con un gesto, entrava negli agenti e ne smembrava il codice? Bah! L'unica cosa interessante è il rivelarsi di una verità fino a quel momento inimmaginabile. La resistenza e Neo fanno comunque parte del progetto di Matrix. Se la prima Matrix fu un fallimento perché troppo perfetta, la Matrix attuale funziona a meraviglia perché gli uomini soffrono come fossero nella vita vera, ma hanno anche una speranza intrinseca e inspiegabile, che poi è Zion... già fondata e distrutta chissà quante volte... che poi è il predestinato, Neo, anch'esso apparso chissà quante volte... eccetera eccetera...

Il terzo film ingarbuglia la matassa ancora di più. Ora Smith si è addirittura fuso con una persona vera. E' interessante perché nel frattempo Neo scopre di avere dei poteri anche nel mondo reale. Se prima fermava le pallottole dentro Matrix, ora ferma le sentinelle nel mondo reale. Però Zion è agli sgoccioli. E mentre Neo continua a vagare in Matrix seguendo le solite bricioline buttate a terra dall'oracolo, nel mondo reale si combatte e si muore  Va be', alla fine tanto sapevamo tutti dove si cadeva, no? Il destino del mondo non dipende dallo scontro tra le macchine e l'uomo, bensì tra Smith e Neo. E di nuovo pugni ed effetti speciali che non stupiscono più... Se Neo batte Smith è pace tra uomo e macchine. Finale assurdo... Gli uomini liberi lasceranno che le macchine continuino a coltivare persone per ottenere energia? Bah!

Per fortuna che il film si salva grazie al carisma dei personaggi. Morpheus, Trinity, Neo e Smth tengono in piedi tutta la baracca. Il resto del cast mi pare solo abbozzato, bidimensionale, necessario a coprire i ruoli di contorno. Non è che poi vengano spesso inquadrati, o facciano qualcosa di veramente importante per la vicenda. Ci sono molti elementi che stonano. E' interessante il contesto, e si percepisce che i Wachowski avevano in mente qualcosa di davvero potente, ma poi si son persi... O forse come spesso accade, i produttori hanno fatto pressioni per mettere più combattimenti, più CGI, più pallottole, come spesso, se non sempre, accade quando si vuol creare un blockbuster. E ciò ha minato le fondamenta di un prodotto che avrebbe potuto davvero scalzare i mostri sacri della sci-fi.

Peccato.  
Però, ogni tanto, si guarda volentieri.




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sabato 20 giugno 2015

Battaglia Nr.0 - #Comics #Recensione

Glauco Silvestri
Devo dire che il numero zero di Battaglia apre a prospettive interessanti. E' vero che l'aver letto già il primo numero ha ridotto la sorpresa, però bisogna ammettere che Recchioni e Leomacs hanno toccato punti vincenti per questo albetto di presentazione.

Il fumetto vero e proprio è di circa quattro pagine. Il vampiro Battaglia, in queste poche pagine, incontra niente poco di meno che Giulio Andreotti. Non posso dire altro perché la vicenda è davvero breve. 

Disegni, formato, idea, sono le medesime espresse nella recensione del primo numero. Il taglio è quello del fumetto noir italiano, quello di Diabolik per intenderci meglio. E' stata una scelta ponderata, forse per il crisma del personaggio, forse per staccare un po' dal classico albo in stile Bonelliano, e forse per cercare una identità tutta italiana, piuttosto che andare a guardare cosa fanno oltr'alpi. I disegni anch'essi ricalcano lo stile minimalista di quell'italico genere. L'elemento più interessante di questa miniserie deriva sicuramente dal fatto che attraversa epoche storiche, e politiche, molto importanti del nostro paese. Non dico che il protagonista è membro attivo della storia italiana, per quanto le vicende lette ne lascino indurre lo zampino; di sicuro ne è testimone, e di sicuro ne è coinvolto suo malgrado.

Da leggere? Il numero zero è davvero da leggere. La serie, invece, dipende dall'effetto che vi fa questo piccolo assaggio.


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venerdì 19 giugno 2015

Qualsiasi cosa tu sia destinato a fare...

Glauco Silvestri
Qualsiasi cosa tu sia destinato a fare, falla ora. Le condizioni giuste non si presenteranno mai.

Doris Lessing

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giovedì 18 giugno 2015

Benvenuti al Sud - #Film #Recensione

Glauco Silvestri
Guardo sempre volentieri Benvenuti al Sud. Per quanto sia una sorta di rivisitazione di un film francese, la versione nostrana riesce comunque a giocare simpaticamente, e in modo originale, con tutti i pregiudizi tipici esistenti tra milanesi e napoletani. Così vediamo una periferia milanese sempre immersa nella nebbia, le piccole furberie degli impiegati delle poste per avere un posto migliore, l'uomo del nord che pensa solo a lavorare e a far carriera, le mogli apprensive che costruiscono una gabbia di vetro attorno al figlio, l'eterno cantiere della Salerno-Reggio Calabria (n.d.r. mi piacerebbe provare l'ebrezza di imboccare quella strada, lo ammetto!) l'idea che al sud non si faccia nulla, che siano tutti dei delinquenti scansafatiche... Il gioco viene realizzato in modo delicato al punto che nessuno si offende, anzi, alla fine ecco che escono fuori i meriti dei due italici popoli. La tipica accoglienza, la disponibilità e gentilezza, il carattere caldo ed emotivo, della gente del sud prevale su ogni stereotipo. E forse è proprio questo il messaggio del film, ovvero che siamo tutti italiani, che ognuno di noi ha pregi e difetti, e che spesso questi ultimi non sono neppure tanto grandi e gravi come invece la distanza ci induce a pensare.

Ho già detto praticamente tutto, vero? Tranne la trama! Alberto è il responsabile dell'ufficio postale di una piccola cittadina della Brianza. Il suo desiderio, ma soprattutto quello della moglie, è di trasferirsi a Milano. Per ottenere questo risultato Alberto è disposto a tutto per salire in graduatoria, prima prova a usare le amicizie, poi tenta persino di fingersi invalido. Il problema è che viene scoperto, e per questo punito con un trasferimento un po' più a sud di Milano, in una piccola filiale in Campania. Rassegnato al suo destino, Alberto parte da solo verso la sua nuova meta, aspettandosi soltanto degrado, strade invase dai rifiuti e colleghi scansafatiche. Però non è ciò che trova e...

Il resto è da vedere. Bravo Bisio, bravo Siani, molto brava la Finocchiaro... Tutti sono bravi, ed è difficile immaginare un cast diverso per questa pellicola. Ogni tassello cade al suo posto, si ride, ci si stupisce, ci si commuove. Le trovate, per quanto alcune volte veramente estremizzate, sono notevoli. 

Davvero piacevole da vedere e non posso che consigliarlo. Discorso contrario per il seguito, Benvenuti al Nord, che ho trovato un po' forzato, non gira bene, e non si ride se non in casi sporadici.


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mercoledì 17 giugno 2015

Saturno (provo a fotografarlo)

Glauco Silvestri
L'obiettivo che ho voluto collaudare
Di sicuro non ho scelto il giorno migliore per fare questo primo esperimento. Di sicuro non mi sono comportato come un astrofilo provetto. In realtà volevo solamente provare questo obiettivo, il più luminoso che ho, e tanto valeva che tentassi di inquadrare Saturno (n.d.r. viste le recenti scoperte sull'anello più grande del pianeta).

Le foto che seguono sono state scattate da una delle mie terrazze. Solitamente, la notte, quella terrazza è rivolta verso un'area relativamente buia, per cui ero ottimista. Sfortuna ha voluto che proprio ieri sera i miei vicini abbiano deciso di fare un compleanno in giardino, con tanto di lanterne cinesi lanciate in cielo per festeggiare il festeggiato (n.d.r. scusate il gioco di parole). Sfortuna ha voluto che, proprio per via del buio che caratterizza quella terrazza, qualche tempo fa io abbia installato una luce di cortesia che si accende per 30 secondi quando qualcuno esce in terrazza.
Parametri di cui non avevo tenuto conto, ma che alla fine sono riuscito - in un qualche modo - a schivare, facendo molti tentativi, e sfruttando tutta la mia pazienza residua.

L'attrezzatura scelta allo scopo è stata la seguente:
 Non avendo un inseguitore astronomico, ho tenuto un tempo di scatto pari a 15 secondi sperando che la rotazione terrestre non influisse a sufficienza per rovinare la foto (in realtà ho provato scatti con tempi più brevi, e tempi più lunghi, anche in posa B, ma i migliori risultati li ho avuti con la tempistica succitata).
Ho scattato sia in JPG che in RAW. Quest'ultimo file è stato elaborato per mettere in primo piano il pianeta.
 L'immagine che segue è il Jpeg.

F/1.8 ISO800 15"
L'immagine è stata scattata in manuale. La messa a fuoco non è ottimale perché ero disturbato da molti fattori. In effetti... è solo un primo tentativo.
Per quanto l'immagine sia estremamente luminosa, si intravedono tre stelle messe a triangolo, di cui quella più a destra fa parte della costellazione della Bilancia, poco più in basso c'è Saturno, e sotto Dschubba, nota anche come Delta Scorpii, una stella doppia nella costellazione dello Scorpione.

Qui a fianco vi riporto una piccola mappa stellare (n.d.r. quella che ho usato per identificare gli astri, scattata poco prima di fare la foto, dallo schermo del mio smartphone). 
Ho identificato con un cerchietto giallo le tre stelle a cui mi sono riferito per identificare il mio soggetto principale.


Visto il tipo di obiettivo che ho usato, appare evidente che non sia possibile identificare gli anelli del pianeta, e neppure vedere nitidamente la stella doppia. Qui di seguito potete osservare l'immagine in formato Raw elaborata in modo tale da mettere in evidenza gli astri più interessanti.

Clicca sull'immagine per ingrandire.
Si tratta, in realtà, di una elaborazione grossolana, devo ancora prenderci la mano con il software fornitomi da Canon per l'elaborazione dei Raw. Forse ho tagliato via troppo... Sarebbe stato carino vedere qualche stella di contorno. A ogni modo la coppia che era di mio interesse si vede bene. E' interessante notare che regolando luminosità, contrasto, ed esposizione, gli astri abbiano acquisito dei colori pieni.

Stamattina, mentre preparavo questo articolo, ho voluto ritagliare un quadrante dell'immagine sopra indicata, aumentarne un po' il contrasto, e correggere un briciolo i parametri gamma. Il risultato è quello che segue.


Ammetto di non avere esperienza in questo campo, ma l'immagine è d'impatto sapendo che sotto al pallino rosso c'è una stella doppia... Farò altri tentativi, magari anche con il Samyang, per vedere se compare anche qualche anello.


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martedì 16 giugno 2015

L'italiano onesto

Glauco Silvestri
L’italiano onesto è come Super Mario (Bros): deve sbattere la testa contro i muri per trovare un po’ di soldi.

Iddiozie & Diavolerie (@lddio e @Dlavolo)
Evidenziazione Pos. 574-75


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lunedì 15 giugno 2015

Il Tredicesimo Piano - #Film #Recensione

Glauco Silvestri
Quanto mi piace Il Tredicesimo Piano. E' un film dove la fantascienza dà il meglio di sé. C'è la realtà virtuale, ci sono le intelligenze artificiali, c'è un crimine, c'è passione, c'è il dramma, e il finale è inaspettato, per lo meno la prima volta.

Tutto inizia nella Los Angeles degli anni trenta. Un uomo anziano consegna una lettera al barman di un night club, lettera che deve essere consegnata solo a una persona, che chiederà dell'anziano, nessun altro. Poi ci si proietta nella Los Angeles dei giorni nostri. Hannon Fuller è proprietario di una società tecnologica di altissimo livello. Al tredicesimo piano della sede della società è in corso un esperimento di realtà virtuale, uno studio durato più di vent'anni, e forse la scoperta più importante nella storia dell'umanità. Fuller chiama il proprio socio, Douglas, deve raccontargli la sua ultima scoperta, ma teme che qualcuno voglia attentare alla sua vita. Difatti Fuller non vede il mattino successivo. La polizia indaga. Il sospettato principale è Douglas, ovviamente, perché Fuller - in caso di morte - ha lasciato la propria società al suo amico e aiutante. Però c'è un'altra pedina sulla scacchiera, la figlia di Fuller, comparsa dal nulla, di cui nessuno conosceva l'esistenza.
Douglas decide di investigare da solo, scopre che l'anziano Fuller era riuscito a proiettarsi nel mondo virtuale che aveva creato, e di andare lì per divertirsi con le ballerine di un night club. Decide di seguire le orme del suo mentore, per scoprire il messaggio misterioso, e chiarire l'omicidio prima che la polizia decida di arrestarlo... Scopre così che il mondo virtuale è tutt'altro che virtuale, la vita è vera all'interno di quei computer, e ogni persona ha la sua personalità. Per di più scopre che il barman ha letto la lettera, e sà di trovarsi in un ambiente artificiale... Ed è determinato a vedere com'è il mondo fuori...

Un bell'intrigo, eh? E non ho rivelato tutto quanto, soprattutto, quello che sarebbe il colpo di scena che rende tutto quanto molto più emozionante. Fare il paragone con Matrix è quasi scontato, perché è il film che si sarebbe voluto vedere nella pellicola dei Wachowsky e che non si è visto. Il pappone filosofico religioso lasciamolo ai filosofi, gli scontri in CGI con i Mr Smith lasciamoli a chi ama i film action. Finalmente ecco come doveva essere 'il film' sulla realtà virtuale. E' ciò che ci si aspettava, per certi versi, con Second Life. Ovviamente, come accade sempre, la datazione di queste pellicole finisce per rendere tutto inverosimile. Spoilerizzo un po'? Il 2024 è una data troppo vicina, anche all'epoca della realizzazione del film, per immaginare che...
Bravi gli attori, ottima l'ambientazione dove si è deciso di mostrare gli anni trenta con una tonalità seppia, e il mondo attuale con i colori giusti. Bella l'idea di un Douglas che dopo il primo salto nel mondo virtuale segnala la diversa tonalità di colore come un difetto da correggere. La grafica CGI è limitata, è efficace, è adatta al tipo di film. L'ambientazione del futuro 2024 invece è discutibile, visto poi che lo skyline delle metropoli americane non è poi cambiato molto negli ultimi due secoli, perché dovrebbe cambiare in poco più di vent'anni? Una menzione d'onore va a Vincent d'Onofrio. E' davvero bravo a interpretare ruoli border line. Lo ricordo bene nelle vesti di Palla di Lardo, giovanissimo, in Full Metal Jacket. Bravissimi anche gli altri... tutti volti poco conosciuti, e comunque non sconosciuti. Molto carina Gretchen Mol, che avevo già incontrato in Life on Mars, in Donnie Brasco (cit. Che te lo dico a fare?), e qualche altro film hollywoodiano.

Il film è da guardare. Assolutamente. Per cui non esitate neppure un attimo.


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sabato 13 giugno 2015

Il diavolo veste Prada - #Film #Recensione

Glauco Silvestri
Credo di essere fan di Stanley Tucci. Non c'è film in cui lui non sappia vestire alla perfezione il ruolo che gli viene affidato. Qui, in Il diavolo veste Prada, è davvero perfetto. Anche se è evidente che questo film può funzionare solo se ogni tassello è al suo posto, è lui la vera star. Già! Facile per Meryl Streep indossare i panni dell'inossidabile Miranda. Facile anche per la Hathaway indossare i panni di Andrea. Però è il personaggio di Tucci quello che lega ogni parte del film. Lui è il mentore di Andrea, il consigliere fidato di Miranda, l'uomo che ha ambizioni sepolte sotto un quintale di bontà e senso del dovere. E' un ruolo complicato che viene costruito magistralmente. Davvero... Ma forse è meglio partire dall'inizio, no?

Arrivata a New York dopo essersi laureata, col sogno di entrare in un giornale, e lavorare come giornalista, Andrea si trova costretta ad affrontare un colloquio nella redazione di Runaway, una rivista di moda, un settore anni luce dalle aspirazioni della ragazza, ma che allo stesso tempo - parola di molti - potrebbe aprirgli molte porte per il suo futuro. Così, senza prendere troppo sul serio il mondo della moda, Andy fa il colloquio con Miranda Priestly, l'editrice più esigente del mondo della moda. Lei è pressoché dio in quel mondo, e per quanto chiunque al posto di Andrea si riterrebbe fortunato, quest'ultima non è proprio sicura di esserlo. A ogni modo ottiene il lavoro. All'inizio è impacciata e incapace, non è assolutamente all'altezza delle esigenze di Miranda, ma piano piano, con l'aiuto di Nigel, acquista sicurezza e prontezza di spirito, oltre a trasformarsi da una cenerentola a una top model.

Io credo che l'unico punto debole del film sia costituito dagli amici, e forse anche dai parenti, di Andrea. Il mondo costruito all'interno di Runaway è perfetto. Per certi versi mi ricorda un (bel) po' il film Una Donna in Carriera (c'è pure la scena della gamba rotta subito dalla rivale, e persino il belloccio che si fa in quattro per aiutarla, e sedurla). Il problema è che il fidanzato di Andrea, i suoi amici, si comportano da emeriti... ehm, non lo dico ma lo penso. La povera Andrea si fa in quattro per mantenere il proprio lavoro quando gli altri a stento riescono a pagare l'affitto di casa, il fidanzato - addirittura - lavora in un diners come cuoco. Lei fa loro regali costosi, cerca di mantenere un rapporto nonostante il lavoro la soffochi, e questi in un istante si riempono di pregiudizi, la allontanano, non la riconoscono più. Della serie, se ottieni qualcosa di buono dalla tua vita, guardati dagli amici, perché invece di aiutarti a evitare di farti assorbire troppo dal lavoro e dallo stress, ti allontaneranno perché non sarai più parte della loro cerchia ristretta di ragazzi che si lamentano del loro lavoro sottopagato. E come va a finire? Toh! Ognuno per la sua strada. Il (ex) fidanzato vola a Boston perché finalmente si decide a fare un colloquio serio, e diventerà chef di un importante ristorante. L'amica fotografa aprirà una sua galleria... No comment! E pensare che Andrea finisce persino per lasciare il lavoro perché ha nostalgia della sua vecchia vita... e ringraziamo il cielo che Miranda le fa delle buone referenze, così che possa diventare redattrice di un quotidiano. Già, i personaggi al di fuori del mondo di Runaway sono tagliati con lo scalpello, non hanno molta profondità, più che comprimari, sono sagome di cartone che servono allo scopo, ed è un peccato perché altrimenti il film sarebbe davvero perfetto.

A ogni modo è una pellicola divertente, piacevole, che si guarda volentieri. Soffre un po' del passare degli anni perché vive troppo sull'attualità. La ricerca del manoscritto di Harry Potter, le apparecchiature all'ultimo grido che ora sono obsolete, la moda stessa... E' un po' film e un po' spot. Tanti sono i marchi citati nel film, a partire per l'appunto dalla nota saga della Rowling, passando per la Bang & Olufsen, eccetera eccetera. E', per l'appunto, un mix tra Sex and the City, e il già citato Una Donna in Carriera. Funziona, funziona davvero bene, per cui lo consiglio. E' Da vedere. ‎


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venerdì 12 giugno 2015

L'arte

Glauco Silvestri
L'arte non è uno specchio cui riflettere il mondo, ma un martello con cui scolpirlo.



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giovedì 11 giugno 2015

Le Guerre di Pietro (e altro) - #Comics #Recensione

Glauco Silvestri
Le Guerre di Pietro è un volumetto auto-conclusivo che uscì qualche tempo prima della Miniserie di cui ho già parlato (n.d.r. commentando il numero zero e la prima uscita). In questo albo Roberto Recchioni e Leomacs ci raccontano le origini del personaggio, un sottotenente dell'esercito regio 'caduto' in battaglia durante uno scontro con gli austriaci. Caduto e rimessosi in piedi inspiegabilmente.
L'uomo, il soldato, si è fatto beffe della morte, l'ha ingannata, l'ha violata... E per questo motivo ne ha subito le maledizioni. Vita eterna, sete incessante di sangue, anima cupa, incapacità di stare al sole. In pratica... Pietro Battaglia diviene un Vampiro!
I suoi primi passi nel mondo lo portano a seguire le orme delle truppe italiane in fuga, a riunirsi con i suoi commilitoni, e a chiudere i conti con i suoi superiori, e allo stesso tempo, a nutrire la sua sete di sangue sfruttando un attacco improvviso delle armate austriache. Vittoria o morte... Solo lui rimane in piedi, saziato sia del sangue dei suoi ex compagni, sia del sangue degli eterni nemici.

Il volumetto è interessante, i disegni convincono, anche se ancora il progetto dei due autori è ancora una semplice idea, e qui viene presentato il personaggio con uno stile classico all'italiana, alla... Per come siamo abituati dalle uscite in edicola, alla Bonelli. Non si presagisce ciò che hanno in mente gli autori, se non il fatto che il loro personaggio deve, vuole, entrare nella storia reale del nostro paese.
La Miniserie metterà tutto in chiaro, ma qui è ancora troppo presto per comprendere veramente tutto ciò. A ogni modo parlo di un albo che diverte, e che consiglio volentieri.

E già che parliamo di Miniserie, è appena uscito il secondo volumetto. La Lunga notte della Repubblica eleva all'ennesima potenza il progetto di Recchioni e Leomacs. Se il numero zero mi aveva incuriosito, il primo non mi aveva convinto del tutto, e il prequel mi aveva divertito, ecco che questo secondo numero mi dà la conferma che ho fatto bene a scommettere su Battaglia, e sugli autori. Qui viene preso in esame il caso Moro, il suo rapimento, le indagini, e la fine ingloriosa dell'uomo che forse avrebbe potuto far fare un passo in avanti alla vita del nostro paese.
L'unico dubbio è la comparsa di un nuovo personaggio, di origini tedesche, o forse austriache, che Battaglia conosce. Una sorta di alter-ego del nostro non-eroe. Lui ha gli stessi poteri di Battaglia, ma li sfrutta per i suoi ideali politici... quando invece Pietro Battaglia li usa solo per soldi, o per sete di sangue. I due personaggi paiono conoscersi, aver avuto dei trascorsi, e degli scontri, e qui probabilmente si giunge all'apice della loro guerra personale. Però non ci è dato sapere su come siano venuti in contatto la prima volta... E la curiosità è maledetta!
Bellissimo albo, lo consiglio.


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mercoledì 10 giugno 2015

Il Corredo Fotografico (parte 1) - #Corso #Fotografia

Glauco Silvestri
Per essere bravi fotografi non occorre avere un armamentario tale da riempire un Fiat Ducato. 

Alcuni fotografi famosi sono noti per scattare foto usando solamente un pancake da 50mm, mentre altri scelgono accuratamente cosa prendere con sé in base a quello che è il loro 'progetto fotografico', evitando così pesi inutili sulle spalle. E' comunque evidente che bisogna avere un po' di attrezzatura, per lo meno quella necessaria a ottenere gli scatti che si desidera realizzare. Poi... Magari... A seconda delle occasioni si lascia a casa qualcosa, per poi pentirsene quando si è a destinazione, specie se non si ha un 'progetto' in mente, specie se si fanno foto senza una idea di ciò che ci si troverà davanti.

Il mio consiglio, di conseguenza, è quello di avere le idee ben chiare, e magari di progettare la sessione fotografica, così da essere pronti e attrezzati per ciò che vi aspetta.

Io che cos'ho? Come vi avevo anticipato qualche post fa, molta della mia attrezzatura viene dal mio passato di fotografo con reflex a pellicola. La già citata EOS700D è indispensabile. 
  • Le ottiche a mia disposizione sono quattro: uno zoom grand'angolo EF 22-55mm USM, un 35-80mm USM, un 70-200mm USM, tutti originali Canon. Sono obiettivi vecchiotti ma efficienti. Preferisco avere tre zoom con una estensione corta che gli super zoom a lunga focale che vanno di moda oggi. Questi ultimi sono molto pratici, e soprattutto trasportabili, hanno persino una luminosità maggiore dei miei vecchi obiettivi, ma quando si va dai 18mm fino ai 200mm, si finisce sempre per non ottenere prestazioni di buon livello, c'è rischio che si creino effetti vignettatura, o delle aberrazioni cromatiche, o altri difetti poco graditi, a causa del numero di elementi all'interno dello zoom, e persino problemi di messa a fuoco, specie in automatico. Insomma, o si ha la possibilità di spendere cifre importanti o è meglio spezzare e portarsi dietro obiettivi 'più corti' ma più efficienti. Io, poi, già li avevo... Altrimenti, forse, avrei optato per questo, lo ammetto (n.d.r. la praticità* non va comunque mai sottovalutata, anche perché più roba si ha con sé, più peso si porta sulle spalle).
    Ho detto quattro ottiche, per cui ne manca una. Si tratta di un Samyang 500mm F/6,3 manuale, a cui ho abbinato un duplicatore di focale 2x della stessa marca. Questo giocattolo l'ho preso per l'appunto per giocare. Non me lo porto certo in ferie, ma se voglio fare delle foto naturalistiche, o qualche fotografia astronomica, è la morte sua (e poi è completamente manuale, usarlo risveglia l'istinto del fotografo, e per una volta manda in pensione gli automatismi). Qualche settimana fa ho mostrato una foto della luna scattata proprio con questo obiettivo.
  • Ho un mirino ad angolo retto. Questo qui, della Polaroid, preso di recente perché... be', fotografare il cielo tenendo l'occhio sul mirino normale della macchina fotografica mette a dura prova la mia cervicale. Non costa molto e mi consente una postura più comoda. Un must have!
  • Ho due cavalletti. Un GorillaPod DSLR che mi porto sempre dietro, e un treppiede Ravelli davvero solido che uso principalmente in abbinamento al Samyang (a questo proposito, le foto alla Luna citate poco fa son state fatte con un treppiede più leggero e portabile, ma davvero instabile sotto il peso della macchina... treppiede che ho mandato in pensione non appena mi è arrivato il Ravelli).
  • Il telecomando non è fondamentale, ma utile quando non si vogliono vibrazioni al momento dello scatto, in più l'avevo già all'epoca della mia esperienza con le reflex a pellicola. Ce ne sono tanti in commercio, costano poco, io ho questo.  
In genere l'attrezzatura che porto sempre con me è composto dalla macchina, i tre obiettivi Canon, e il GorillaPod. 
Uso una borsa della Lowepro, la Sling 3, davvero molto comoda, perché può portare anche oggetti che non hanno a che fare con la fotografia, non è ingombrante, e può essere indossata sia come mono spalla, sia come borsa a tracolla. In più, la parte che contiene l'attrezzatura fotografica può essere tolta, così da usare tutto lo spazio per altri tipi di oggetti.
Uso anche uno zaino, sempre Lowepro, il Photo Sport 200 AW, comodo in escursioni che durano una o più giornate perché, oltre ad avere uno spazio per la macchina fotografica accessibile dal fianco, ha molto spazio per ciò che può essere utile durante l'escursione, dalle bacchette per Nordic Walking, alla Camel Bag, ed è persino munito di un fischietto di emergenza, e di una protezione in tela in caso di pioggia estrema.
Ho anche una custodia in neoprene per la reflex, questa, utilissima per proteggere la macchina fotografica quando esco solo con corpo macchina e un solo obiettivo. Ho preso la misura più grande, così da potermi portare dietro il 70-200mm, ma in realtà in quel tipo di occasioni esco sempre con il 35-80mm. In realtà ne avevo già una vecchissima ereditata sempre dall'epoca della pellicola, ma si è rotta l'estate scorsa in trentino, durante una escursione, per cui ho dovuto sostituirla.

Che cosa ho e non uso?
  • Un flash Speedlite (non questo, ma un suo predecessore diretto) che è fermo da un decennio, e l'ultima volta che l'ho innestato sulla macchina fotografica, di recente, non si è neppure acceso... difatti è sulla via del bidone della spazzatura. E dubito che ne prenderò uno nuovo perché l'ho usato molto raramente, e posso farne tranquillamente a meno.
  • Tre filtri: Un filtro UV da 52mm, un filtro Polarizzatore da 52mm, e uno da 58mm (per il 22-55mm). Ci giocavo molto quando ero più giovane. Con il digitale i filtri hanno perso molto del loro scopo. Certo… Il Polarizzatore è ancora utile in alcuni casi, per ridurre la foschia, o per scattare foto alle vetrine ed eliminare i riflessi, per cui non è proprio vero che non lo uso più. Diciamo che lo uso di rado.
Lo so, sembra tanta roba, ma non la uso mai tutta assieme. Per di più ognuno dei pezzi che possiedo ha uno scopo, visto che ho interessi divergenti nell'ambito della fotografia. I ritratti li faccio con il 35-80mm; per le foto architettoniche/paesagistiche uso il 22-55mm, mentre per le foto naturalistiche è necessario il 70-200mm, se non addirittura il Samyang (con cavalletto e telecomando), che poi è l'unico obiettivo che ho acquistato assieme alla EOS700D. Se date una occhiata alla mia pagina Flickr scoprirete che amo tutte e tre le discipline, per quanto - probabilmente - in questi ultimi tempi dedichi la maggior parte del mio tempo agli scatti naturalistici. Ciò mi costringe ad avere una attrezzatura tale da poter soddisfare ogni mia esigenza. Ma se avessi interessi più specifici, alcuni degli elementi in mio possesso non sarebbero necessari.

In conclusione: è da evitare l'entusiasmo per la nuova passione, e la corsa agli armamenti. Pensate attentamente a ciò che volete fotografare, e procuratevi solo quanto vi è veramente necessario. Il resto è peso in più che vi farà sudare senza regalare soddisfazioni.




* Vale la regola del: l'obiettivo montato non è mai quello che ti serve. A me capita quando vado in mezzo alla natura e noto in cielo un fenicottero, o un airone, o un falchetto. Puntualmente l'ottica montata sulla macchina è la più lontana, come focale, a quella che mi sarebbe utile per immortalare il soggetto. In questi casi uno zoom a lunga escursione sarebbe perfetto, perché tempo di cambiare obiettivo, e il soggetto se ne è già andato.

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