sabato 30 gennaio 2016

Jurassic World - #Film #Recensione

Glauco Silvestri
Devo ancora decidere se il titolo di questo film, Jurassic World, sia rivolto ai dinosauri, o sia piuttosto rivolto a una serie di cliché cinematografici che stentano a morire.

Il primo cliché è quello di tentare di monetizzare un brand che starebbe in piedi da solo, forzandolo con le solite espressioni tipiche di hollywood: più denti, più emozioni, più morti mangiati. Brand che tra le altre cose, ma questo è un colpo di genio, è ripetuto anche dai manager del parco giurassico, ogni due o tre scene, per giustificare il loro modo di agire, e convincere lo spettatore che... sì, c'era proprio bisogno di un altro film dedicato a Jurassic Park. Sì, ci voleva proprio... Specie se fatto in modo osceno come questa pellicola, che della vecchia saga (n.d.r. Il primissimo film uscì a metà degli anni novanta) ha solo qualche richiamo nostalgico, nonché un plot che ne ricalca a pieno la trama.

Difatti, sono passati anni dal primo Jurassic Park. Hammond non c'è più. La inGen ha deciso di riprovarci perché immagino che non ci sia tre senza quattro. Tre fallimenti non erano bastati, ed eccoci al quarto tentativo di fare un parco a tema sui dinosauri. L'ambientazione è quella del primo parco, solo che è tutto nuovo, tutto più grande, e sembra pure che funzioni... Finché non decidono di creare il primo dinosauro OGM. Lo fanno bello grosso, più di un T-REX. Lo crescono in pieno isolamento. Gli danno geni tali da renderlo mimetico, capace di regolare la propria temperatura corporea, veloce come Bolt... Ci manca solo che sia antiproiettili ma... be' è comunque ben corazzato perché in una scena gli sparano contro con un fucile a pompa e si vedono proprio i proiettili che rimbalzano, con tanto di scintillina... E pure quando gli sparano con un mitragliatore militare, da un elicottero, i risultati non sono migliori. Gli sguinzagliano dietro pure tre Velociraptor, un ex marine esperto nell'allevamento di dinosauri (n.d.r. Si vede che nei marines fanno corsi specifici di questo tipo, bah!), e una dirigente interessata solo agli incassi, ma che sa usare perfettamente un fucile. Ovviamente, nel mezzo, ci si mettono due bambini che alla prima occasione riescono a violare ogni sistema di sicurezza e a ficcarsi nei guai nel bel mezzo di un mondo pieno di predatori spietati.
Tristissima la scena del combattimento finale... E soprattutto 'come va a finire' il combattimento finale...

Cosa si salva? La macchietta del ragazzo annoiato che sta all'ingresso dei veicoli a bolla, gli effetti speciali, sempre strepitosi (n.d.r. tranne alcuni fotogrammi della scena con i brachiosauri uccisi dall'indomitus, che appare palesemente finta). Nient'altro. Pessimo anche Vincent d'Onofrio, davvero in difficoltà a rappresentare un personaggio piatto, stereotipato, e mal pensato.

Boh... Da guardare, dico io, solo a cervello spento. E' il peggiore dei quattro.


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venerdì 29 gennaio 2016

Addio... prima password!

Glauco Silvestri

Ieri è stato un giorno speciale. 
Ieri è stato il giorno di un addio importante. 
Ieri ho abbandonato la prima delle mie password.

Era un'epoca incredibilmente remota. A quei tempi ci si collegava a internet con modem capaci di viaggiare alla velocità iperbolica di 56 Kbit al secondo. Si collegava lo scatolotto alla linea telefonica e si sentiva il famoso piiiii...prrrrrr...piiiii...prrrrrr... e dopo qualche altro istante si era connessi.
A quei tempi l'accesso a internet era gratuito, si pagava solo la telefonata al server del provider che si preferiva. In ogni negozio si trovavano CD di installazione per i più svariati provider, e non sempre i provider erano strettamente legati a compagnie telefoniche, perché all'epoca di compagnie telefoniche, in casa, ce n'era solo una: mamma telecom.

Il comune di Bologna, all'epoca, era avanti eoni rispetto al resto dell'italico paese. Offriva una connessione internet, un indirizzo di posta, e un portale informativo che già offriva molti servizi rivolti al cittadino. E io avevo uno di questi account. Bastava essere residenti in città per averne diritto. Eh sì... Erano altri tempi.

A ogni modo questo servizio è ancora attivo, e si è evoluto nel tempo, tanto che oggi offre a tutti l'opportunità di sfruttare il wifi gratuito pressoché in ogni piazza del centro storico della città (e anche oltre...).

E quel mio primissimo account è sempre rimasto. All'inizio era usato per tutto, poi solo per le comunicazioni importanti, mentre oggi che sono applecentrico è diventato una sorta di valvola di sicurezza in caso qualcosa vada storto.

Per farla breve, era una settimana che non riuscivo più ad accedere al servizio. Non so cosa sia successo, non ricordo se abbia fatto qualcosa, modificato qualche impostazione... Insomma, non riuscivo più ad accedervi. Così ho chiesto soccorso al comune di Bologna, che prontamente ha ripristinato tutto quanto... e - come è ovvio - mi ha cambiato la password.
Per cui, con questo post, voglio dire addio alla mia primissima password. 
Abbiamo trascorso tanto tempo assieme, vissuto tante avventure, visto l'evolversi della tecnologia, e dei servizi internet. E' giunto il momento di separarci, di seguire individualmente il nostro sentiero, e chissà che un giorno... 


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Setup Video (parte 3): Add-ons (lesson 5) - #Corso #MediaCenter #Kodi

Glauco Silvestri
Dopo aver predisposto Kodi in modo tale da vedere i filmati presenti sul nostro NAS si potrebbe pensare di aver finito il nostro lavoro di configurazione, ma non è così, perché come diceva il saggio: la fame vien mangiando.



Se si osserva il menù principale del Media Center noteremo che alla voce Video sono presenti due sotto menù. Fino a ora ci eravamo concentrati sul menù Files, e la voce Add-ons era stata messa in secondo piano, perché non strettamente correlata con le nostre necessità principali. 
Gli Add-ons sono piccoli applicativi capaci di linkare (n.d.r. E di conseguenza mostrare) i contenuti multimediali presenti sul web.
In pratica, grazie agli Add-ons, è possibile vedere Youtube, come anche Vimeo, e così pure Rai Replay, e di conseguenza moltissime altre piattaforme online - italiane e non - direttamente sul TV di casa, con pochi click, e senza difficoltà.
Ovviamente gli Add-ons sono presenti in tutte quelle che sono le componenti di Kodi, quindi non solo nel comparto Video, ma anche nelle Immagini e nella Musica.
Configurare Kodi in modo tale che sia in grado di accedere a questo vasto mondo di contenuti è piuttosto semplice. Basta cliccare sul menù Add-ons per accedere a una schermata in cui - in futuro - vedremo i nostri contenuti. L'unica voce disponibile è Aggiungi Add-ons, ovviamente, e noi la clicchiamo.



Ciò che compare davanti ai nostri occhi è un elenco enorme di Add-ons. Possiamo scorrere l'elenco per scegliere ciò che più ci interessa. L'elemento selezionato viene descritto brevemente nella finestra accanto all'elenco.

Quando troviamo qualcosa che ci interessa, è sufficiente cliccarci sopra. Si aprirà una ulteriore finestra da cui potremo installare, configurare, e attivare l'Add-on.


Ovviamente, allo stesso modo in cui installiamo e attiviamo un Add-on, è possibile disattivare e disinstallare ciò che non vogliamo più veder comparire nel nostro elenco.

Una volta attivati gli Add-ons che ci interessano, è possibile tornare al menù precedente per poterne vedere i contenuti. I vari Add-ons ci appariranno esattamente come appaiono i nostri Video nel menù Files.


E se ci fosse qualche Add-on che si desidera mettere in primo piano? Niente di più semplice.

Torniamo al menù principale e andiamo su Sistema. Nel menù di Configurazione andiamo a cercare le impostazioni della Skin. Vi ricordate? Ci siamo già stati per far scomparire dal menù principale sia le Immagini, sia la Musica, sia i Programmi. In quella occasione avevamo modificato alcune opzioni dal menù Home. Ora dobbiamo andare sul menù Add-on.


Scorrendo la finestra verso il basso potrete notare che è possibile attivare fino a un massimo di Add-ons per ogni tipologia di menù (n.d.r. Ovvero i soliti Video, Immagini, Musica, e Programmi). Questi appariranno sotto la barra principale nella Home. Per scegliere quali Add-ons rendere visibili è sufficiente cliccare sulle voci numerate. 

Ad esempio, cliccando su Add-on 1, apparirà una finestra che permette di scegliere quale Add-on mettere a sinistra dello schermo. Add-on 2 premette di scegliere l'Add-on che deve comparirgli di fianco, e così via fino ad arrivare al bordo destro dello schermo.
Ovviamente non è necessario metterli tutti e sei, e neppure è necessario partire da Add-on 1. Potrete scegliere liberamente la posizione, tra le sei disponibili, dei vostri Add-ons.
Una volta confermato tutto, tornando alla Home, l'effetto sarà quello mostrato qui di seguito.





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giovedì 28 gennaio 2016

Ant Man - #Film #Recensione

Glauco Silvestri
Quando uscì al cinema ero tormentato da un dubbio: Lo vado a vedere o no? Diciamo che il personaggio è discutibile. Se molti eroi marvel hanno un loro perché, e l'inverosimile può comunque essere credibile, con Ant Man no, non riuscivo a farmelo star bene.

Il discorso è semplice: Nata come pura ricerca, la miniaturizzazione viene poi sfruttata per scopi militari contro le truppe naziste. Finita la guerra, quando nell'1989 l'esercito decide di impiegare la tecnologia in modo più vasto, il suo creatore si ribella, abbandona le ricerche, e lascia tutti con in mano... nulla! Passano gli anni, e ai giorni nostri ecco che finalmente la tecnologia è stata riprodotta. A riuscirci è il pupillo del precedente scienziato... Quest'ultimo, però, colto dall'avidità, decide di vendere questo prodigio tecnico al miglior offerente... Ovvero l'Idra. A questo punto Ant Man deve tornare in azione. Non volendo coinvolgere gli Avengers (n.d.r. Per non dare la tecnologia a Stark), viene scelto un 'volontario' e convinto a sostenere la causa.

Cosa non mi sta bene? Ant Man, oltre che piccolo e molto forte (n.d.r. Come le formiche), è anche molto veloce. Ora... Osservate una formica. Anche alla massima velocità, quanto tempo ci mette a percorrere un metro? E quanto ci mettiamo noi, molto più grossi, goffi, e deboli, a percorrerlo? Eppure Ant Man è velocissimo. Un attimo prima è qui, un attimo dopo è sulla tua spalla. Come ha fatto?
Nella pellicola viene spiegato che per acquistare velocità è necessario sfruttare le accelerazioni, ovvero inizi a correre a dimensioni normali, poi ti rimpicciolisci e il gioco è fatto. Il problema sono le accelerazioni stesse. Voglio dire... A parte che in molte scene questa tecnica non viene sfruttata e comunque Ant Man sembra essere onnipresente, saltando da un uomo armato all'altro, ci son cose che proprio non le percepisco come possibili. Se lanci una formica a quelle velocità questa finisce per spiaccicarsi da qualche parte. Il suo corpo non è invulnerabile, nonostante l'esoscheletro. Ant Man, quando si tramuta da grande a piccolo per scagliare un pugno a un avversario, dovrebbe spiaccicarsi - visto poi che non ha neppure un esoscheletro - piuttosto che mandare al tappeto l'avversario. Se io sparassi a 100km/h una formica contro una persona che accadrebbe? Temo che non la butterei a terra, visto che pesa solo 8 milligrammi, probabilmente sentirebbe l'impatto come una sorta di puntura. 
Ecco perché con me questo eroe Marvel non fora la barriera della Sospensione della Incredulità.

Ma... E' divertente! Mi piace la sua gang squinternata. Mi piace l'atteggiamento del professor Pym quando deve avere a che fare con quella gente, mi piace il carattere duro e affascinante della figlia di Pym, e persino l'antagonista funziona.

Preso con il giusto spirito, Ant Man diventa un film piacevole da guardare. Recitazione più che dignitosa, scene brillanti, ironia, azione, c'è tutto quello che serve per passare una bella serata. Per cui lo promuovo!


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mercoledì 27 gennaio 2016

Il Bilanciamento del Bianco - #Corso #Fotografia

Glauco Silvestri
La luce non è tutta uguale. A seconda della sua tonalità, le superfici che ne vengono colpiti, e che la riflettono, acquistano colore e tonalità differenti. Per quanto ognuno di noi ne sia cosciente, al momento di scattare una foto capita che non si dia peso al problema, se non più tardi, quando si osserva l'immagine prodotta, e si nota che non è uguale all'originale.
 
Per ovviare a questo problema, tutte le fotocamere moderne sono in grado di regolare il proprio sensore in base al tipo di luce che dovrà andare a misurare. Questa funzione è chiamata Bilanciamento del Bianco.

Tutte le fotocamere sono in grado di regolare automaticamente il bilanciamento del bianco (n.d.r. AWB, ovvero Automatic White Balance). Il sistema funziona piuttosto bene, di conseguenza non ci sono molti motivi per cui convenga passare a un sistema di regolazione manuale. Eppure questa possibilità, specie nelle Reflex, esiste.
Solitamente l'impostazione manuale del Bilanciamento del Bianco prevede alcuni setup standard: Soleggiato, Ombra, Nuvoloso, Lampadina a Incandescenza, e Lampadina Fluorescente.

Oltre a ciò, le Reflex offrono l'opportunità di una taratura personalizzata. Quest'ultima opportunità è pensata specificamente per ottenere una taratura del bianco più precisa rispetto a quanto può fare l'automatismo della fotocamera.

La taratura del bianco personalizzata è semplice da realizzare.
  • Fotografate un oggetto bianco. L'oggetto deve occupare il centro del fotogramma. Va utilizzata la modalità manuale, impostando l'esposizione standard per un oggetto bianco, usando una impostazione del bianco qualunque.
  • Selezionate da Menù la funzione WB Personalizzato e premere SET.
  • Selezionare l'immagine acquisita e premere SET, e confermate con OK nella finestra di dialogo in cui si chiede di importare i nuovi dati.
  • Uscite dal menù, poi selezionate il setup personalizzato dal menù WB.
  • A questo punto le nuove impostazioni verranno usate dalla fotocamera per scattare le foto.
Note Pratiche: Al posto di un oggetto bianco è possibile utilizzare una scheda grigia al 18% così da ottenere una migliore taratura.
Le potenzialità della funzione di bilanciamento del bianco vanno oltre alla regolazione dello stesso. 

Oltre alla personalizzazione del Bilanciamento del Bianco stesso, la maggior parte delle reflex consente addirittura di andare a variare tale valore (n.d.r. SHIFT, ovvero Spostamento) così da ottenere delle foto con valori cromatici di base volutamente deviati rispetto al bianco.
Questa funzione consente di non utilizzare i filtri di conversione di colore, o i filtri di compensazione del colore, indispensabili nella fotografia con pellicola, e di applicare le medesime correzioni direttamente variando le impostazioni della macchina fotografica.
E' inoltre possibile applicare la funzione Bracketing anche sul Bilanciamento del Bianco, così da ottenere tre scatti differenti della stessa immagine, uno relativo alle impostazioni correnti della macchina,  uno con un viraggio verso il blu/ambra, e uno con un viraggio verso il magenta/verde. Questa variazione può coprire fino a tre stop di viraggio in entrambe le direzioni, ed è molto utile nel caso non sia possibile determinare un esatto setup del bianco vero e proprio.

Note Pratiche: Vale la pena ricordare che, nel caso di scatti salvati in formato Jpeg risulta difficile correggere il bilanciamento del bianco in fase di post-produzione; mentre nel caso di file salvati in formato Raw, il Bilanciamento del Bianco è modificabile a piacimento.

Note Pratiche: Il Bilanciamento del Bianco automatico delle reflex moderne è molto efficiente, per cui accade di rado che diventi indispensabile un setup personalizzato dello stesso. Più utile è la funzione di Shift della tonalità di colore, che permette di ottenere fotografie dai colori caldi senza dover impiegare, e di conseguenza acquistare, un set di filtri da applicare all'obiettivo.




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martedì 26 gennaio 2016

Per ottenere la verità!

Glauco Silvestri
Cominciava a pensare che sarebbe bastato capovolgere, l’una dopo l’altra, tutte le opinioni convenzionali per ottenere la verità. 

Il seggio vacante (Fuori collana, JK Rowling)
Evidenziazione Pos. 1281-82  | Aggiunta il domenica 19 maggio 13 11:14:44 GMT+02:00

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lunedì 25 gennaio 2016

Scoop - #Film #Recensione

Glauco Silvestri
Sulle orme de La maledizione dello scorpione di giada, anche se i due film non sono proprio consecutivi, Scoop ci mostra nuovamente un Woody Allen investigator... ehm nei panni di un prestigiatore che per un fortuito caso si trova coinvolto nelle investigazioni di una giovane giornalista, la quale ha ricevuto una imbeccata per uno scoop dal fantasma di un giornalista morto. Complicato? Tutt'altro, e qui di seguito vi spiego meglio tutto quanto.

Trama: Il defunto giornalista Joe Strombel, durante uno spettacolo di illusionismo del mago Splendini, appare a Sondra, una studentessa di giornalismo, rivelandole lo scoop del secolo: l'identità del misterioso 'assassino dei tarocchi'. Sondra si mette subito al lavoro coinvolgendo il riluttante mago. Il presunto assassino è il figlio di un noto magnate londinese; Sondra, infiltratasi con una scusa nella villa del miliardario, riesce a sedurlo... Ma ahimè si fa anche sedurre dall'uomo. Ciò costringe il mago Splendini in una difficile mediazione tra amore e dovere, nella speranza di scoprire chi sia realmente l'assassino, e magari dare un tranquillo e meritato riposo al giornalista defunto, che continua a comparire nei suoi spettacoli, dando imbeccate, e creando imbarazzo.

Ovviamente il finale non ve lo svelo, visto che è tutt'altro di quanto ci si aspetti. Va invece sottolineata, come sempre, la qualità umoristica dei dialoghi. Scarlett Johansson non si esprime al meglio, del resto - se non ricordo male - in questo film è praticamente ai suoi esordi. In compenso è perfetto Hugh Jackman nel ruolo dell'affascinante e ricchissimo Peter Lyman. 

Scene divertenti, momenti di - quasi - tensione, istanti da puro giallo, e una generale aria da commedia impegnata, sono gli elementi principali di questo film, che diverte e intrattiene in modo intelligente, senza offrire risate sguaiate, e al contempo alleggerendo l'atmosfera senza che uno se ne accorga.

Forse non è il miglior Woody Allen, ma di sicuro non è il peggiore. Il film merita di essere visto.


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sabato 23 gennaio 2016

Beta (Vol. 2) - #Comics #Recensione

Glauco Silvestri
Un paio di mesi fa ho avuto occasione di parlare del primo numero di questa novel a fumetti italiana, Beta, che strizza l'occhio alle saghe dei robottoni degli anni settanta, quelle che ci inchiodavano davanti alla televisione, quelle che poi ci hanno fatto diventare, oggi, dei ragazzi cresciutelli delusi dal fatto che la scienza non ci ha portato, dopo gli anni 2000, né al volo spaziale tra i pianeti, né ai robot giganti da combattimento. Si, ok, nessuno in passato ha mai previsto internet... Ma 'sta storia è un po' bollita e a noi non ci basta.

Ma torniamo al secondo volume di Beta. Il mondo è attaccato da strane macchine per metà biologiche e per metà, ovviamente, meccaniche. La Terra viene difesa strenuamente da un gruppo di robot, creati durante la guerra fredda, ma ora in piena collaborazione tra loro, sotto la guida del possente Spartacus, guidato da Beta, un pilota introverso dal passato piuttosto difficile. Si incolpa il professor Shima di questi attacchi, un grande scienziato che da tempo immemore ha abbandonato i laboratori delle scienze per dedicarsi privatamente ai propri esperimenti, per trovare la giusta integrazione tra uomo e macchina. E in effetti lo zampino di Shima c'è, ma non come sembra. I mostri sono alieni, sono intelligenti, e sono persino pacifici. Sono attratti sul nostro pianeta a causa delle radiazioni emesse dalle centrali energetiche, e dai robot. Per questo aggrediscono le città, per cibarsi di energia. Shima sta cercando un modo per comunicare con loro... Per dire loro ciò che stanno combinando, per farli allontanare. Ma ciò, ovviamente, pesta i piedi alla scienza ufficiale, che vede negli alieni l'occasione per appianare tutte le controversie geopolitiche in nome di una sicura salvezza del pianeta. Attorno a tutto ciò, soprattutto, domina la rivalità tra Shima e il professor Beta, il padre del pilota di Spartacus, che è a capo dell'organizzazione mondiale che coordina i robot in difesa del pianeta. Rivalità difficile da appianare, e che potrebbe mettere a rischio la salvezza del pianeta.

Il secondo capitolo della trama diventa più politico, e soprattutto più umano. Gli alieni e i robot vanno lentamente in secondo piano per lasciar spazio ai problemi esistenziali di Beta pilota, all'egocentrismo di Beta scienziato, alla follia di Shima, che però è l'unico - per certi versi - ad agire secondo una morale più alta, per quanto spinta dal desiderio di vendetta nei confronti del professor Beta. E' un intrigo famigliare piuttosto complesso che non mi va di dipanare in questa sede, e che rende un po' più pesante la lettura del fumetto.
L'idea di rendere alla vicenda uno spessore che invece i cartoon dei nostri tempi non avevano si percepisce, ma probabilmente non la si accetta del tutto, o non la si desidera veramente. Il lettore vuole i robot, non le questioni d'amore, le rivalità tra scienziati, lo spionaggio... Il lettore vuole i robot che combattono tra loro. Ok, dai... Non abbiamo più otto anni, ci vuole anche una bella trama, e i robot che combattono.

Ciò non toglie che questa novel è corposa e di piacevole lettura. Il disegno è all'altezza della situazione, i personaggi hanno il giusto spessore, la qualità del plot è più che discreta. Alla fine della festa è un ottimo fumetto, e non posso che consigliarlo. 


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venerdì 22 gennaio 2016

Setup Video (parte 2): SMB (Lesson 4) - #Corso #Kodi #MediaCenter

Glauco Silvestri
I limiti del protocollo DLNA sono evidenti, se si vuole fare 'una bella cosa' con il proprio Media Center, soprattutto se la disponibilità di informazioni sui film offerta da internet è tanto succulenta quanto lo è realmente. Per cui è probabile che molti non vogliano accontentarsi di un sistema che funziona, e vogliano tutto il pacchetto deluxe.

Per fare ciò è necessario far sì che il NAS sia visibile a Kodi come fosse un hard disk vero e proprio, che poi difatti lo è.

Kodi è in grado di accedere a diversi protocolli di comunicazione. I principali sono AFP, NFS, e SMB. Il primo è l'Apple File Protocol. Nelle ultime versioni di Kodi non è più implementato perché... Perché a volte andava, a volte no, e non riuscivano a cavarci i piedi, per cui ci hanno rinunciato (n.d.r. Tanto Apple non ha problemi a dialogare con gli altri due protocolli indicati). Il secondo è il Network File System, e viene usato in ambiente Linux. Il terzo è Samba, tipico degli ambienti Windows.


Io ho usato SMB, perché nativo nel mio NAS. La procedura è analoga per ogni tipo di protocollo, per cui è sufficiente controllare quale sia quello che più piace al vostro dispositivo, e usarlo.

Per quanto riguarda SMB - per lo meno con Kodi Helix, ovvero la versione da me installata - ho dovuto modificare la configurazione del NAS in modo che comunicasse con SMB1, mentre di default è impostato per SMB2. E' stato sufficiente entrare nel menù di configurazione attraverso il solito web browser, andare nel menù dedicato al Multimedia, e cambiare l'impostazione di default.


Fatto ciò, son tornato su Kodi e ho ripetuto le operazioni che già avevamo visto con il DLNA. Vediamo di ricapitolare:

  1. Clicchiamo sul menù Files di Video.
  2. Clicchiamo su Add Videos
  3. Clicchiamo su Esplora
A questo punto va selezionato Windows Network (SMB), ovviamente. Ciò vi conduce a una finestra in cui è possibile scegliere il direttorio in cui sono contenuti i vostri files. Una volta scelta la directory... Ecco che le cose cambiano, perché si attiva lo Scraper Video.

Oddio... Che cos'è uno Scraper? Niente paura! E' semplicemente un piccolo 'motore di ricerca' che si occuperà di cercare (n.d.r. E trovare) su internet le informazioni relative ai files contenuti nel direttorio che avete indicato come sorgente.


La finestra è di semplice comprensione. Dovete indicare se il direttorio contiene Film, Serie TV, o Musica. Scegliere la sorgente, impostare qualche opzione basilare, e premere Ok.

Nel mio caso ho selezionato Film. Nel caso non ci siano sorgenti di ricerca impostate, cliccate su Trova Altro e installate le fonti che ritenete più valide. Ricordatevi di aggiungere anche la voce Informazioni Files Locali, così che se il film non è presente sui database online, Kodi possa comunque mostrare una locandina (n.d.r. il file folder.jpg già descritto nella precedente lezione).


Una volta premuto Ok, si torna alla finestra che già conosciamo, ove è necessario dare un nome all'elenco, e premere di nuovo Ok per confermare.

Attenzione: Anche in questo caso c'è da lavorare nell'organizzazione dei file sul vostro disco di rete. 
  • Il nome del file deve essere identico al titolo del film, altrimenti Kodi non può riuscire a individuare le informazioni corrette. Nel caso di omonimie, l'aggiunta dell'anno di uscita tra parentesi può aiutare. L'ideale rimane quello di avere una cartella per ogni file, con dentro anche una locandina in jpg, come già visto per il DLNA.
  • Film e Serie TV devono essere su rami diversi, così che lo Scraper non faccia confusione e vi sia più facile configurare Kodi creando una voce per i film, e una per le serie TV.
  • Nel caso delle serie TV, i singoli file devono identificare la stagione e la puntata. Ci siete già abituati, no? S01x01 sta per prima puntata della prima stagione. Meglio ancora se le varie stagioni sono divise in cartelle.
Ovviamente anche in questo caso il Media Center può impiegare un po' di tempo ad aggiornare gli elenchi. Per quanto sia più veloce, può valere l'opzione di disattivare l'aggiornamento automatico e di eseguire quello manuale solo quando si è consapevoli di aver aggiunto qualche file. La procedura è la stessa di quella vista per il DLNA

Al termine della procedura, tornando alla Home (n.d.r. Cliccate sull'icona a forma di casa in basso e alla vostra destra), scoprirete che nel menù principale, oltre alla voce Video, si sono aggiunte le voci Film e Serie TV. Andandoci sopra verranno visualizzati i film aggiunti più recentemente, come mostrato nell'immagine sottostante.



Nella prossima lezione parleremo degli Addons della sezione Video. Saranno un plus molto interessante a cui, una volta installati, non riuscirete più a rinunciare.


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giovedì 21 gennaio 2016

Le Space Opera - #ebook #Letture

Glauco Silvestri
Lo so. Non vanno più di moda. Per quanto il cinema ancora creda in questo genere di narrativa, il mondo del libro preferisce indagare nel cyberspazio, o nella robotica... Temi assolutamente interessanti ma che mancano, a mio parere, dello 'spirito esploratore' che invece è tangibile nelle Space Opera.

L'ho scritto già in passato:
Credo che il lento abbandono delle Space Opera da parte della fantascienza derivi soprattutto da una mancanza di interesse del pubblico, e soprattutto dell'assoluta chiusura del programma spaziale americano (e non solo) in seguito alla fine della guerra fredda. 
L'ultima vera sfida tra i colossi dello spazio è avvenuta sul piano della navetta riutilizzabile per i voli orbitali, vinta a caro prezzo dallo Shuttle... Ma ormai è preistoria. Oggi si va nello spazio con capsule che molto hanno da spartire con le Sputnik e le Apollo del periodo della corsa alla conquista della Luna. 
La stessa ISS è stata possibile grazie allo Shuttle. Se fosse stata realizzata con i mezzi odierni, sarebbe poco più grande del caro vecchio Skylab.
Se non fosse per la Cina, che in questi ultimi quindici anni ha cominciato a solleticare i poteri forti di USA e Unione Sovietica, la corsa allo spazio sarebbe pressoché chiusa, e gongoleremmo solo per i nostri satelliti in orbita bassa che ci permettono di usare i GPS, le tv satellitari, le comunicazioni in genere, e internet. Mica poco, eh? Ma non vi manca qualcosa? Non andate in fibrillazione per ogni anticipazione sul prossimo film di Star Wars? Non siete curiosi per il prossimo The Martian (n.d.r. tratto da questo, ottimo, romanzo)? Non continuate forse a guardare le repliche delle vecchie serie di Star Trek?

Allora perché la fantascienza ha smesso di credere nelle Space Opera? 

Ok, non è proprio vero che questo genere sia scomparso dalle librerie, ma è sempre più difficile trovare qualcosa di nuovo, bisogna andare a leggere in lingua originale, cercare all'estero, perché qui si continua a spingere sui classici, o al massimo su titoli di derivazione da altre categorie di media, come i videogame... 
Se invece andiamo a guardare gli altri filoni, allora il campo si rinvigorisce. Piacciono i mondi immersi nelle cyer-reti del futuro (Matrix), piacciono le macchine che uccidono (Terminator), le intelligenze artificiali che... Addirittura si innamorano (Her), quelle di cui ci si innamora (SimOne), ma soprattutto quelle che ingannano (Ex-Machina), quelle che vogliono l'indipendenza (Automata), quelle che vogliono solo sopravvivere (Humandroid), quelle che vogliono migliorare l'uomo a suo discapito (Trascendence)...

Ma ditemi la verità: Non siete curiosi di vedere il prossimo Indipendence Day? Non vorreste un seguito a District 9? E che dire degli già annunciati prossimi tre film legati a Prometheus, che sembra si ricollegheranno alla saga di Alien?
Lo spazio non vi attira proprio più?
A me attira ancora, e parecchio. E' per questo che non ho mai smesso di dedicare tempo a questo genere, scrivendo racconti, e romanzi, e leggendone tanti, tanti, e per fortuna che Urania - ancora - promuove Space Opera nel nostro paese, ed è ormai l'unica, perché altrimenti dovrei dedicarmi solamente ai testi in lingua originale. E propone anche titoli nostrani, come Cronache di Mondo 9, di recentissima uscita (n.d.r. Per lo meno al momento della prima scrittura di questo articolo).

Scrivo fantascienza, per cui non posso esimermi dall'indicarvi la mia primissima saga, a cui sono legato per tanti motivi, tra cui la mia primissima pubblicazione con un editore nostrano dopo la vittoria a un premio letterario... Si parla del secolo scorso, ma la saga di Cometa (qui, qui e qui), devo citarla anche se non si tratta di una Space Opera pura al 100%.


Un ebook che mi è molto caro è, invece, Starship Journal. Si tratta di un progetto che ha vissuto innumerevoli riscritture, è in pratica il mio primissimo romanzo, e ammetto che è stato molto difficile giungere alla sua forma definitiva, tra l'altro proposta con la bellissima copertina di Luca Morandi.


Alla Deriva l'ho già citato in un altro percorso narrativo in cui si parlava dell'umana avventura, e del viaggio interiore. Quale occasione migliore per cogliere due piccioni con una fava? Perdersi nello spazio, riflettere su sé stessi sapendo che non c'è possibilità di salvezza, affrontare il pericolo, e la morte, ma soprattutto le paure interiori, sono il cuore di questo ebook.

Luna Oscura... Adoro questo romanzo. Si ispira a dichiarazioni avvenute realmente diverso tempo fa, fatte da un ex dipendente NASA, in cui si affermava di una fantomatica missione segreta denominata Apollo 19 (e Apollo 20), atte a esplorare un'area della Luna su cui si erano rinvenuti dei manufatti alieni; missione realizzata in collaborazione con i russi.
Tutti romanzi, racconti, storie, questi che ho citato fino a ora, che ci coinvolgono al tempo presente, o nel nostro recente passato, o nel futuro più prossimo.
Ma la fantascienza dovrebbe occuparsi anche del futuro remoto, e con La Confederazione di Elite, per certi versi un omaggio a un vecchio videogioco che andava di moda quando ero poco più che ragazzino, vi proietto in un universo dove mondi diversi commerciano, tramano, e si occupano di umane questioni su scala cosmica. E ancora oltre mi spingo con H-Asteroid, ove seppur le origini della vicenda si hanno pressoché ai giorni nostri, poi lo svolgimento di questa raccolta (n.d.r. Di fatto si tratta di racconti brevi connessi a un'unica trama comune) si dipana su molte generazioni avanti rispetto alla nostra.
Infine dovrei citare Guerriero delle Stelle, una Fan Novel, e allo stesso tempo una Space Opera pura. E' ispirata a Starblazer, un cartone animato di Leiji Matsumoto a me molto caro.

Come potete vedere, il mio amore per questo genere letterario mi ha spinto a scrivere molte storie, tutte diverse tra loro, con fonti di ispirazione particolari e suggestive. E il mondo là fuori è ancora più vasto, specie se si prova a scavare nella narrativa straniera, non solo americana, dove ancora questo genere è ancora in fermento nonostante comunque l'interesse generale si sia assopito a livello globale. C'è molto materiale interessante, ci sono molte idee nuove, moderne, ben sviluppate. E' un genere che va curato con attenzione, alimentato dalla passione, mantenuto in forze, vivo, e prospero. Per questo ve lo consiglio e ve lo propongo.

Il mio augurio rimane comunque, e sempre, lo stesso: che possiate trovare una buona lettura.



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mercoledì 20 gennaio 2016

Il Blocco dell'Esposizione (AE-L e FE-L) - #Corso #Fotografia

Glauco Silvestri
Come si scatta una foto? Puntiamo sul soggetto, premiamo a metà il tasto di scatto, e quando l'autofocus ci dà l'ok (n.d.r. bip e pallino verde), scattiamo.
Fondamentalmente è questa la procedura. Però sappiamo bene che l'inquadratura va costruita, e non sempre l'Autofocus mette a fuoco il punto che vorremmo noi, specie se quel punto non si trova al centro dell'inquadratura. 
E' per questo che ci viene incontro il trucco del 'metti a fuoco e decentra'.
In pratica: Puntiamo sul soggetto, premiamo a metà il tasto di scatto, quando l'autofocus ci dà l'ok, tenendo premuto (n.d.r. a metà) il tasto di scatto decentriamo il soggetto per creare l'inquadratura desiderata, e scattiamo.

Questa soluzione è sicuramente molto pratica, ma un po' scomoda perché dobbiamo tenere sempre il tasto premuto a metà, e nel caso in cui volessimo cambiare la coppia tempo-diaframma senza modificare l'esposizione (n.d.r. In modalità P, tenendo a fuoco il soggetto, è possibile cambiare le coppie tempo-diaframma ruotando la ghiera vicina al pulsante di scatto) ci troveremmo un po' in difficoltà.
Per ciò il Blocco AE (n.d.r. AE-L, ovvero AE Locked) diventa una funzione essenziale.
Il Blocco AE si attiva con la semplice pressione di un tasto. Può essere utilizzato in tutte le modalità di misurazione dell'esposizione, anche se la modalità Spot è quella più funzionale per i nostri scopi, visto che userà il centro del fotogramma per le misurazioni.

Come si opera in questo caso? Puntiamo sul soggetto, premiamo a metà il tasto di scatto, quando l'autofocus ci dà l'ok, premiamo il tasto Blocco AE. A questo punto possiamo rilasciare il pulsante di scatto, decentrare per creare l'inquadratura desiderata, scegliere la coppia tempo-diaframma che più ci piace, e scattare.
Dopo lo scatto il Blocco AE si disattiva.

Alcune Reflex (n.d.r. come la mia EOS700D) offrono anche l'opportunità di mantenere attivo il Blocco AE anche dopo lo scatto, nel caso si volesse eseguire più foto con le medesime impostazioni.
Per ottenere ciò è sufficiente tenere premuto il pulsante Blocco AE al momento dello scatto, impedendogli a questo modo di disattivare l'impostazione a scatto eseguito.
Questa funzione viene molto utile nei contro-sole, quando la messa a fuoco è difficoltosa, e di conseguenza, una volta ottenuta, è meglio evitare di perderla perché si vuole cambiare qualche impostazione di scatto.
Nei contro-sole, spesso, viene anche utile l'utilizzo del flash. Quest'ultimo è in grado di abbattere le ombre che si possono formare su un volto quando ci troviamo in condizioni di illuminazione non ottimali.

Nel caso si volesse sfruttare il flash, il Blocco AE potrebbe venire utile per bloccare la sua esposizione. Questa opportunità è particolarmente utile nel caso del 'metti a fuoco e decentra' visto che è sempre meglio regolare il flash in base alla luce che colpisce il nostro soggetto, piuttosto che l'ambiente circostante. 
In questo caso l'opzione è chiamata Blocco FE (n.d.r. FE-L, ovvero FE Locked).
La procedura è analoga, con l'unica differenza che, prima di iniziare, è necessario aprire il flash incorporato della fotocamera.

Una volta aperto il flash, premere il pulsante di scatto a metà e attendere che l'icona del flash sia illuminata e fissa (n.d.r. Se lampeggia il flash si sta caricando), mettere a fuoco il soggetto, premere il pulsante di Blocco FE. Il flash emette un lampo di pre-flash per calcolare l'intensità di luce necessaria, e la memorizza. Lasciare il pulsante di scatto, creare l'inquadratura desiderata, regolare la coppia tempo-diaframma, e scattare.

Note Pratiche: Il Blocco FE non può essere utilizzato in Live View.


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martedì 19 gennaio 2016

Startrails (primo esperimento)

Glauco Silvestri
Primo esperimento? Non proprio. Ma è la prima foto che pubblico al riguardo. Non vi spiegherò come ho fatto a realizzare lo scatto, perché ritengo che non sia venuta benissimo. Il fatto è che, alle sue spalle, c'è un aneddoto divertente.

Quale? Per realizzare una Startrail sono necessari molti scatti. Ogni scatto ha un tempo di circa 30 secondi, per cui bisogna lasciare ferma la fotocamera per molto molto tempo. Poi, ci vuole un programma che sovrapponga tutte le immagini, eventualmente tolga i difetti del sensore grazie a un dark frame, e infine un briciolo di editing per sistemare esposizione, contrasto... le solite cose basilari, senza pretendere elaborazioni complesse che - come ripeto sempre - a me non è che piacciano granché.

Ebbene... Preparo il cavalletto. Controllo la batteria. Imposto la macchina in manuale, con scatto continuo. Metto il telecomandino. Punto la fotocamera... Fa freddo, è il primo esperimento, mi fido, non faccio uno scatto di prova, poi lo faccio dal mio terrazzo, non ho pretese. Faccio click! Poi me ne vado in sala, al caldo, a guardare un film.
Il tempo passa. Due scatti al minuto. Per fare un bel arco colorato con tante stelle ci vogliono tante foto. Pazienza... Pazienza... Pazienza... 
E' il momento di controllare il risultato. Interrompo lo scatto continuo. Spengo la macchina. La porto in casa.
Guardo l'obbiettivo: Ha ancora il tappo!
Il secondo tentativo, ovvero la foto che segue, è stata realizzata in meno tempo - vista l'ora tarda - solo 66 scatti, più un paio di prova, e un dark frame. In post produzione ho aumentato il contrasto, ridotto la luminosità, e basta. Ovviamente, per metterla in rete, ne ho esportata una versione più piccola, e ci ho aggiunto il solito watermark. La potete osservare qui di seguito. 

F2,8 ISO100 50mm 30sec
Lo vedete il satellite? E' una traccia debole che taglia tutte le altre trasversalmente. Nell'elaborazione si è scurita molto...

Se il tempo lo permette, domani sera riprovo... Senza il tappo, ovviamente... Spero!





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Non far niente...

Glauco Silvestri
Non far niente è infinitamente faticoso.

La scuola dei disoccupati (Vinili, Joachim Zelter)
Evidenziazione Pos. 762 | Aggiunta il martedì 7 maggio 13 14:27:08 GMT+02:00


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lunedì 18 gennaio 2016

Accidenti a te... Google!

Glauco Silvestri
Scusate lo sfogo presente nel titolo... Ma quando ci vuole, ci vuole. Google mi ha fatto passare due settimane in cui ho rimpianto la velocità di internet del lontano 1995, caspiterina!

Vediamo di ricapitolare. E' un po' di tempo che sto seguendo una sorta di progetto di vita. Visto che coinvolge altre persone, ho messo sul mio account Google Drive - in condivisione - tutta la documentazione relativa a questo progetto. Documentazione che include foto, documenti excel, pdf, documenti word. Niente di trascendentale. 
Per comodità, invece che passare sempre via browser, ho installato Google Drive sul mio Mac. Già usavo Dropbox per cose mie private, già uso iCloud per la condivisione tra i miei iCosi... Che problema vuoi che sia?
Difatti non avevo per nulla collegato questa mia primissima azione, alle conseguenze che ne sono seguite.
All'improvviso è diventato impossibile navigare. Entrando su un qualunque sito testi e immagini arrivavano col contagocce, l'accesso ai social era pressoché roba da latte alle ginocchia, il web banking era impossibile. Gli aggiornamenti, prima fulminei, dei files presenti su iCloud e Dropbox son diventati una tortura cinese. Il programma di posta, che già non brilla per prestazioni ed è forse il peggior software mail che io abbia mai visto (n.d.r. E che solo per pigrizia non ho ancora cambiato), non rispondeva proprio più; cancellavi una mail, e questa ricompariva dopo poco con un messaggio del tipo 'impossibile cancellare il messaggio'. Insomma... Ero disperato. Ho accusato prima il router, nuovo di zecca (n.d.r. Quasi), poi Infostrada, ingiustamente. Poi ho fatto una prova col vecchio portatile ecco che l'esperienza di navigazione era quella che ricordavo essere.

Che diamine stava succedendo sul mio Mac?

Provo a Googlare tra i forum. Scopro che non sono l'unico. Su un forum di google viene suggerito di disattivare AirDrop (n.d.r. Strumento che uso molto, e che non vedo quali problemi possa dare all'accesso a internet, visto che riguarda semplicemente uno scambio tra device locali). Su altri siti leggo di persone che hanno problemi solo con mail. Su altri ancora hanno problemi su Safari, altri ancora e ancora su iCloud. Ma nessuno di loro su tutti i servizi contemporaneamente.
A ogni modo, un passo alla volta, provo le soluzioni suggerite su tutti i forum che ho incontrato. 
Il problema con Safari lo risolvo, in effetti, eliminando dalla libreria il com.apple.safari.plist, probabilmente corrotto.

Il resto è un mistero. Poi mi viene un dubbio... Qual'è l'ultima cosa che ho fatto prima di avere tutti questi problemi. Google Drive! Ho aperto il monitor di sistema e guarda guarda chi è che si alloca le maggiori risorse in accesso al web?

Disinstallato. Immediatamente. Senza remore. E improvvisamente tutto ha ripreso, magicamente, ad andare come prima.
Mai Più!
Quanto a Mail, invece, i problemi persistono. Ho provato tutte le soluzioni suggerite e non c'è stato nulla da fare. Giusto una ha tamponato un po' la falla. Consiglia di usare CleanMyMac, o Onyx, per far eseguire le varie routine di manutenzione di OSX (n.d.r. Quelle che il sistema dovrebbe fare quando rimane in modalità riposo, ma che io non faccio svolgere perché è difficile che lasci la macchina in quella modalità, o lo uso, o lo spengo). Avendo già CleanMyMac installato (n.d.r. Onyx, anche aggiornato, con El Capitan, mi impalla la macchina e non so perché), l'ho avviato... E ho scoperto che c'è proprio una voce dedicata al programma di posta. Ho fatto fare un giro di manutenzione al programma e... Ora funziona in modo accettabile.

Rimane iCloud. L'upload delle foto non funziona più. Che è successo? Ovviamente la causa scatenante è stata quella sopra citata, immagino, visto che prima andava tutto quanto, ma evidentemente Apple Foto non si è ripreso dallo shock. 
Su internet, forum su forum affrontano questo problema. Ognuno si comporta in modo leggermente diverso. C'è chi si lamenta dell'estrema lentezza (n.d.r. Ma forse è colpa del provider), chi come a me non va proprio, chi va e non va... Soluzioni? Sfoglia che ti sfoglia, alla fine trovo uno che ha risolto il problema nel modo più banale... Avrei potuto arrivarci da solo... Ricostruire la libreria di Apple Foto.  

Premo assieme Mela+Alt+Command e clicco sull'icona per avviare il programma... Foto mi chiede di ricostruire la libreria. Confermo. Cinque minuti e la libreria è nuova di zecca. Guardo sull'indicatore dell'upload delle foto e... Urk! Ha ripreso ad andare!

Finalmente il panico è rientrato. Tutto a posto. Son contento... Ma che rabbia, e che sconforto.



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Space Shuttle - #Recensione #Libri

Glauco Silvestri
Ho comprato questo libro a un mercatino, più o meno un anno e mezzo fa, e solo in questi giorni mi son deciso a leggerlo... Non perché me ne fossi dimenticato, ma per il fatto che l'elenco di libri che vorrei leggere si allunga, e il tempo che vi posso dedicare si accorcia sempre di più... Io questo fatto, lo ammetto, mica lo capisco bene, eh?

A ogni modo, lo Shuttle è un mezzo spaziale che mi ha sempre affascinato. Da piccolo ne possedevo due modellini, che ancora conservo gelosamente, e come altri bambini, sognavo che - da grande - anche io avrei potuto far parte dell'equipaggio di uno di quei meravigliosi mezzi. Poi... Il destino ha voluto che prendessi altri sentieri, e va bene lo stesso, ma la meraviglia, e l'immaginazione, continuano a spingermi a puntare il naso verso l'alto. Per questo lo Shuttle è rimasto un punto fermo del mio fantasticare, e diciamocelo, dopo lo Shuttle in pochi si sarebbero immaginati un ritorno alle capsule balistiche, e per fortuna che c'è SpaceX che fa esperimenti interessanti sul recupero dei vettori, e per fortuna che ci sono un paio di aziende private che non hanno abbandonato l'idea dei veicoli riutilizzabili.

Ma torniamo a bomba: il libro. E' una bella monografia che raccoglie la storia dello shuttle fino all'incidente del Challenger avvenuto nel 1986. Il testo ci racconta del suo sviluppo (n.d.r. Dopo l'abbandono delle missioni Apollo, e l'interruzione completa da parte della NASA di mandare nello spazio degli uomini... Per lo meno fino al 1981, quando il Columbia partì per il suo primo spettacolare volo in orbita), dei primi test, delle prime missioni, delle problematiche di progetto, e delle geniali soluzioni atte ad aumentare la capacità di carico (n.d.r. Non verniciare il serbatoio fece guadagnare 1 tonnellata utile per il carico a bordo). Viene descritta nel dettaglio, ma non in 'scientifichese', ogni fase del decollo e del rientro a terra. Vengono mostrate rotte e traiettorie... 
Ma la parte più interessante è ovviamente quella fotografica. Immagini incredibili, grandi, dettagliate, del veicolo in volo, del veicolo in fase di costruzione, del veicolo durante i test...

Davvero un'ottima monografia, che non annoia, e appassiona. Al termine del libro sono presenti persino alcune tavole che illustrano la strumentazione di bordo. 

Molto molto bello! 


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sabato 16 gennaio 2016

Vivian Maier, una fotografa ritrovata - #Libri #Recensione

Glauco Silvestri
Bambinaia, anonima, appassionata d'arte, di politica, di fotografia. Vivian Maier è una di quelle donne che passava inosservata, se non per il fatto che vestiva in modo austero, e andava sempre in giro con una fotocamera al collo. Era una donna decisa, forte, con principi elevati, al punto da portare nei bassifondi, ogni tanto, i bambini che accudiva, così che potessero comprendere che erano dei privilegiati, che al mondo c'era chi soffriva, e che la vita non era tutta rose e fiori come poteva sembrare per una famiglia altolocata.
Vivian Maier ha lasciato al mondo uno di quei box che si vedono nelle trasmissioni in stile Affari al Buio. All'interno era contenuta tutta la sua vita. Giornali, ritagli di riviste, qualche ricordo delle sue esperienze, e più di centomila rullini da sviluppare, e tantissime foto sviluppate, e tantissimi negativi. I suoi averi sono stati acquistati in questo modo, a un'asta, per poche centinaia di dollari. Non ci è voluto molto per comprendere il valore di quelle foto... Per quanto un pochetto ci sia voluto.
Colui che possiede la maggior parte dei lavori della Maier è John Maloof, curatore del libro che vi sto segnalando, ovvero Vivian Maier, una fotografa ritrovata.

Da amante della fotografia, della Street Photography, Vivian Maier non poteva sfuggire alla mia attenzione. Il motivo principale di questa mia attrazione per la fotografa bambinaia è che lei era fatta come me. Fotografava senza un progetto, senza un obbiettivo (n.d.r. Nel senso di un traguardo da raggiungere, non di un obbiettivo fotografico). Era attratta dalla vita, dalle persone, da ciò che le accadeva attorno. Le sue foto ritraggono New York, nel periodo in cui ci visse, e Chicago, dove passò quasi tutta la sua esistenza. Ci sono le foto delle vacanze, al Cairo, in pochi altri luoghi, e le foto del suo paese natale, la Francia.
La Maier stravedeva per la gente, le strade, la vita, le città. Scattava foto a raffica, poco importava se i soggetti la guardavano male, o si lamentavano per essere stati fotografati. Immortalava dettagli di una vetrina, di un palazzo, di un idrante. Immortalava fotografi che scattavano a loro volta foto a persone, o a soggetti. E si faceva parecchi autoritratti, spesso riflessa da qualche superficie metallica, o da uno specchio, o da una vetrina.

Non era una fotografa professionista. Le sue foto sono piene degli errori tipici dei fotografi principianti. Quello più frequente era l'ombra di sé stessa proiettata nel fotogramma. C'è chi dice che fosse voluto, che lei volesse apparire in un modo o nell'altro nei suoi scatti, perché del resto le inquadrature, i soggetti, ogni dettaglio delle sue foto, anche quelle mosse, sembrano pensate, sembrano frutto di una fotografa che sa il fatto suo.

Le foto della Maier possono piacere o non piacere, ma mai sono banali. Si nota la passione, l'attenzione, e il desiderio di raccontare la vita. Non sono scatti fatti a caso, c'è amore, in quelle foto. Un amore intimo, assoluto, e lo dimostra il fatto che pochi abbiano visto le sue foto quando era in vita, solo gli amici stretti hanno potuto godere di questa anteprima. Lei non cercava la fama, per quanto vivesse in un periodo in cui la fotografia era la massima arte, e gli Stati Uniti erano disseminati di talent scout in cerca di fotografi di qualità. Soprattutto, Chicago era la fucina di questo nuovo mondo; in questa città si erano radunati i maggiori esponenti della fotografia americana, le sue gallerie d'arte proponevano mostre fotografiche senza sosta. E' probabilmente per questo che la Maier si trasferì in questa città lasciando New York. Per essere più vicina al fulcro della fotografia, per respirare l'aria in fermento di una città aperta all'arte, e soprattutto alla sua passione, la fotografia.

Morta nel 2009, forse Vivian Maier è l'ultima delle fotografe di un'epoca ormai scomparsa. Il mondo di oggi non vede più la fotografia come il rapporto intimo tra il fotografo e la sua macchina. I social, Instagram, Facebook, i dispositivi mobili... Nel mondo di oggi la fotografia è diventato un mezzo per dire 'io esisto', per raccontare sé stessi, per alimentare il nostro ego. La fotografia intesa dalla Maier era qualcosa di diverso, che raccontava il mondo attorno alla fotografa. Era una questione intima, non esplicita. Forse è un bene che questa donna, che la sua arte, sia stata scoperta postuma... Non sono sicuro che Vivian Maier avrebbe apprezzato il clamore improvviso attorno alla sua opera, e la fama.

Il libro è stupendo. Una prima parte è narrata. Si racconta la vita della Maier per quel poco che si conosce. Si racconta com'è stata scoperta, le difficoltà avute per comprendere chi fosse l'autrice degli scatti, e per ricostruire la sua storia. Ci sono molte testimonianze, di chi la conosceva, di chi la frequentava. Un testo toccante e affascinante. La seconda parte del libro è esclusivamente fotografica, com'è giusto che sia. Ve lo consiglio.

E vi consiglio la mostra fotografica a Milano. Durerà fino al 31 gennaio. Non so se riuscirò ad andarci, ma spero proprio di sì, perché... Non so, mi sento molto vicino al suo modo di fare fotografie, e vorrei - anche se in modo astratto - conoscere meglio questa donna, fotografa, bambinaia.


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venerdì 15 gennaio 2016

Movimento

Glauco Silvestri
Sto pensando di partecipare a una concorso fotografico. Non si vince nulla se non un briciolo di soddisfazione personale, ma lo trovo stimolante, anche perché è un bel modo per alimentare una passione, per crescere, per allargare gli orizzonti... E tutto ciò indifferentemente dal fatto che si vinca o meno.

E' difficile che nei prossimi giorni possa uscire per strada in cerca di un soggetto che possa ispirare lo scatto giusto per questa competizione, sono impegnatissimo in altre faccende, e il tempo libero è davvero risicato. Difficile ma non impossibile... Ovviamente. Però qualche candidato per il tema di questo contest potrei già averlo. Posso presentare una sola foto, e sono estremamente indeciso perché, seppure io - nel profondo - sappia già quale foto vorrei far concorrere, mi rendo conto che non è uno scatto perfetto. Si tratta di una tecnica che sto cominciando a sperimentare in questi giorni, che non padroneggio, e che applico non proprio come si dovrebbe - per lo meno in questi primi maldestri tentativi. Però la foto mi piace... E chissà che non mi decida.

Il tema, come suggerisce il titolo di questo post è: Movimento.

Non pretendo una votazione ufficiale, avrei aperto un vero e proprio sondaggio se avessi voluto tutto ciò. Il mio è più che altro una necessità di esternare il dilemma, così da poterlo affrontare con occhi diversi. Per cui... Bando alle ciance, ecco le foto in questione:

F16 ISO100 55mm 2,5s
Questo bianco e nero è stato scattato al Vondel Park, ad Amsterdam, nell'estate del 2015. Niente cavalletto, ero appoggiato a un albero. Bianco e Nero con un alto contrasto, l'immagine è leggermente mossa, un mosso che però mi piace. Trovo che la poca nitidezza dello sfondo si adatti bene all'acqua della fontana deviata dal vento. 

F22 ISO100 22mm 1,6s
Qui siamo a Verona, sto dando le spalle all'Arena. Anche in questo caso niente cavalletto, tempi lunghi. Ho voluto immortalare la rotazione della giostra, e condirla con i getti d'acqua della fontana, che ovviamente sembrano disegnati da una pennellata.

F00 ISO3200 0mm 0,8s
Questa foto l'ho scattata con un obbiettivo pinhole. L'effetto stenopeico è evidente, il fuoco è evanescente e da una sensazione di movimento nonostante i soggetti siano fermi. Il tempo è un briciolo lungo, forse avrei potuto aumentare ulteriormente gli ISO per calare il tempo di esposizione, ma temevo divenisse troppo luminosa. Questo tipo di obbiettivi è piuttosto esigente, e il risultato dipende molto dalla sensibilità di chi scatta la foto, anche perché attraverso il mirino si intravede a malapena la sagoma di ciò che si sta inquadrando.

Quale scegliere? 
AmbarabacciCiCoccò. Tre civette sul comò. Che facevano l'amore con la figlia del...



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