Devo dire che le pellicole con una base storica mi hanno sempre affascinato. Su questo blog ne ho commentate molte, e The Post non poteva certo mancare all'appello, visto che - come periodo storico - va a collocarsi temporalmente a un periodo di poco precedente a un altro bel film (n.d.r. Il duello - Frost vs Nixon) che in questo spazio ho lodato non troppo tempo fa.
Siamo nel 1971. Daniel Ellsberg, convinto che la guerra in Vietnam sia una sciagura per il proprio paese, divulga parte di un rapporto segreto di 7000 pagine in cui molti segreti di stato legati al conflitto vengono finalmente alla luce. A pubblicare questo scorcio del rapporto è il New York Times, che però viene presto zittito dalle autorità e dalla Corte Suprema degli Stati Uniti. A questo punto entra in gioco il Washington Post, giornale in profonda crisi dopo la morte del suo proprietario, gestito ora dalla moglie che, poco pratica del mestiere, si è lasciata consigliare dalle persone sbagliate.
E' Ben Bradlee, il direttore della testata, a spingere affinché la libertà di informazione non sia imbavagliata dal governo, e a convincere Katharine Graham, la proprietaria, a pubblicare il rapporto. Ciò mette ovviamente in pericolo il giornale, che già versa in cattive acque, ma Editore e Direttore si pongono a muso duro di fronte alle difficoltà, svelano le manovre sottobanco del governo Nixon, le sue menzogne, e... Il resto è storia.
Il film è lento, cadenzato, riflessivo. Non c'è azione, ma molta riflessione. Spielberg, con questa pellicola, non è intenzionato ad affascinare gli spettatori, a intrattenerli, piuttosto intende lanciare un messaggio all'attuale amministrazione.
Il paragone Trump - Nixon è evidente, e non è un caso che Spielberg abbia sospeso il progetto a cui stava lavorando per girare in urgenza questo The Post e cavalcare l'onda dell'attualità. Ricordare il passato in un momento in cui media vengono screditati quotidianamente è un passo fondamentale. Spielberg vuole ricordare l'importanza di un giornalismo libero e indipendente. Tutto ciò si vede in maniera esplicita. La regia pare vivere all'interno della vicenda, è precisa, oppressa dagli spazi chiusi delle redazioni, senza vie di fuga se non nei pochi sprazzi di luce che appaiono nelle scene ambientate a casa Graham.
Buona l'interpretazione di Hanks e della Streep, anche se quest'ultima appare un po' imbolsita sotto un trucco che la invecchia a sufficienza per essere credibile nei panni di Katharine Graham.
In definitiva: E' un buon film. Può essere inteso come una sorta di prequel de Tutti gli uomini del Presidente (n.d.r. Ambientato nel 1972) e del già citato Frost vs Nixon. Sì, i tre film stanno molto bene insieme.
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