giovedì 2 dicembre 2021

Sprofondare... tra le foglie

Glauco Silvestri
E' passato parecchio tempo dall'ultima occasione in cui ho raccontato un mio sogno su questo blog. Accadeva spesso sulla mia vecchia piattaforma, e spesso quei sogni si convertivano in racconti brevi, altri in veri e propri romanzi... Altri tempi, che conservo nel cuore attraverso questa pagina, ma che proprio non so se torneranno un giorno.
A ogni modo, i sogni continuano ad arrivare, e io li ricordo bene, ma non ne parlo più con voi. Per lo meno fino a oggi...
Sogno breve, o lungo, soprattutto ricorsivo. Sì! Ricorsivo... Mi capitano, di tanto in tanto, questi sogni. Ma sto procrastinando il momento vero della narrazione, vero?
Ebbene...
Mi trovo in un ambiente cupo, nebbioso. Al suolo ci sono montagne di foglie, ma non c'è neppure un albero. Cammino, attorno a me non c'è molto. Vedo delle montagne in lontananza, c'è una piccola luce che lampeggia, nient'altro. Sansone gironzola attorno a me. Gli dico di non allontanarsi troppo. Lui mi guarda interrogativo, come se dicessi qualcosa di superfluo, poi torna ad annusare e a scavare tra le foglie.
Ci dirigiamo verso la luce. In breve ci troviamo di fronte a un piccolo bar. Una costruzione semplice, un cubo di cemento, con una porta a vetri illuminata, e una insegna, vecchia e malridotta, con su scritto 'BAR'.
Entriamo. Ci sono pochi tavoli, tutti vuoti. Su una parete c'è una televisione accesa. La trasmissione sembra essere un documentario sul ciclo dell'acqua. Al banco c'è una ragazza, magra, pelle olivastra, capelli ricci e folti, che avvolgono come una sfera soffice il viso ovale con occhi profondi e scuri.
Chiedo un caffè. Sansone lecca un po' d'acqua dalla ciotola a fianco del bancone.
Zucchero di canna. Qualche giro di cucchiaio sul liquido scuro a disturbarne la schiuma delicata in superficie. Sorseggio il caffè. La barista sorride. Bevo il goccio d'acqua offertomi in un bicchierino da shot di tequila.
Pago, faccio un cenno al mio bassotto, saluto la ragazza e usciamo, sentendo la sua voce profonda che mi saluta con un semplice, ma profetico, arrivederci.
Torno a camminare tra le foglie, aggiro il bar, la costruzione cubica, e proseguo nel fendere il mare di foglie che mi conduce fino alla base dei monti, che sembrano lontanissimi, ma che avanzano verso di me più di quanto io faccia nei loro confronti. E allo stesso tempo mi sembra di sprofondare. Il terreno sotto i miei piedi è solido, ma il livello delle foglie è sempre più alto, così io scendo, e loro salgono, come se mi stessi immergendo, lentamente, in uno specchio d'acqua.
Mi chiedo dove sia Sansone. Mi giro, mi guardo attorno, lo chiamo. Lui mi osserva. E' ormai distante da me, fermo sul bordo di quel lago di foglie che, lentamente, mi inghiotte, ove io mi immergo volontariamente, o forse, forzosamente, visto che è più forte di me proseguire.
Lo sento uggiolare, so che vorrebbe mi fermassi, che tornassi da lui... Ma non ci riesco. Mi volto verso le montagne, ormai sono vicine, ancora qualche passo, ma le foglie son già all'altezza del mio collo. Proseguo. Cammino, e all'improvviso, perdo il contatto con il terreno, sempre che ci sia mai stato un terreno, sotto di me.
Scendo, scendo lentamente, senza panico. Allungo le mani verso l'alto. Ma la fioca luce che ancora ferisce i miei occhi si offusca rapidamente.
Scendo, scendo, e fatico a respirare. Non c'è acqua. Sono foglie, fitte, dense, mi avvolgono e mi stringono, mi spingono verso le profondità, che ora mi paiono interminabili.
La serenità che provo è indescrivibile, in quei momenti di discesa. So che è la fine, che sto per morire, ma non provo panico, né paura, né disperazione. Penso a Sansone. Sarà in grado di tornare a casa da solo? La barista lo aiuterà? Soffrirà per la mia mancanza? Lentamente, i miei pensieri si ovattano. Gli occhi sono ormai chiusi. Le foglie aderiscono al mio naso, alla mia bocca, alla mia pelle. Le sensazioni si offuscano. Tutto svanisce un poco alla volta.
Finché, senza neppure che mi accorga del cambiamento, mi trovo in piedi in una radura di foglie. Non ci sono alberi attorno a me. E' un ambiente cupo, nebbioso. Cammino. Vedo delle montagne in lontananza, c'è una piccola luce che lampeggia, nient'altro. Sansone gironzola attorno a me. Gli dico di non allontanarsi troppo. Lui mi guarda, interrogativo, come se dicessi qualcosa di superfluo, poi torna ad annusare e a scavare tra le foglie.
Ci dirigiamo verso la luce, la sensazione di aver già vissuto questa esperienza è forte, ma l'istinto mi dice che devo arrivare a quella piccola costruzione cubica, con una porta a vetri illuminata, e una insegna, vecchia e malridotta, con su scritto 'BAR'.





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About the Author

Glauco Silvestri / Author & Editor

Vivo a Bologna. Vivo per le mie passioni. Scrivo, leggo, amo camminare. Adoro il cinema, amo tantissimo le montagne. Sono cresciuto a suon di cartoni di Go Nagai e Miyazaki.
Mi guadagno da vivere grazie all'elettronica. Lavoro nella domotica, e nell'illuminazione d'emergenza, per una grossa azienda italiana. Ci occupiamo di sicurezza, salute, emergenza... ma anche di energia pulita. Il mio sogno sarebbe vivere grazie ai miei libri, ai miei disegni, alle mie fotografie... Ma onestamente, suppongo di essere più bravo nel mio attuale lavoro. Ciò non significa che io rinunci a provare, tutt'altro, faccio di tutto per migliorare, crescere, ottenere il meglio che posso nei miei lavori, che siano racconti, digital painting, fotografie...
Ovviamente, oltre a ciò, sono anche un blogger, ma se state leggendo questa breve nota, vuol dire che già lo sapete.

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