venerdì 18 gennaio 2013
Time goes by...
About the Author
Glauco Silvestri / Author & Editor
Vivo a Bologna. Vivo per le mie passioni. Scrivo, leggo, amo camminare. Adoro il cinema, amo tantissimo le montagne. Sono cresciuto a suon di cartoni di Go Nagai e Miyazaki.
Mi guadagno da vivere grazie all'elettronica. Lavoro nella domotica, e nell'illuminazione d'emergenza, per una grossa azienda italiana. Ci occupiamo di sicurezza, salute, emergenza... ma anche di energia pulita. Il mio sogno sarebbe vivere grazie ai miei libri, ai miei disegni, alle mie fotografie... Ma onestamente, suppongo di essere più bravo nel mio attuale lavoro. Ciò non significa che io rinunci a provare, tutt'altro, faccio di tutto per migliorare, crescere, ottenere il meglio che posso nei miei lavori, che siano racconti, digital painting, fotografie...
Ovviamente, oltre a ciò, sono anche un blogger, ma se state leggendo questa breve nota, vuol dire che già lo sapete.
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Gli argomenti che affronti sono concreti, reali. C'è tutta la nostra fragilità e inconsistenza di esseri umani. Ognuno ha la propria sensibilità umana e, a volte, religiosa, ma io penso che neanche un figlio possa far continuare la tua vita per un istante in più. Sì, resterà qualcuno che aprirà quel famoso computer e ci troverà foto, racconti, capolavori nascosti forse, ma tu (un "tu" generico) non ci sari più. Brutalmente penso che una volta chiusi gli occhi, a 50 come a 90 anni, hai chiuso con tutto. Spesso si dice che i grandi dell'arte, dello sport, della musica continuano a vivere nelle loro opere o gesta; ma sta di fatto che se in questo momento volessi chiedere qualcosa a Manzoni a proposito dei promessi sposi o volessi semplicemente fargli i complimenti, non sarebbe possibile. Non penso dobbiamo vivere con l'ansia di dire: e questo resterà a chi? chi leggerà questo mio racconto che mi sembra venuto davvero bene? chi apprezzerà questo quadro? Anche se qualcuno lo farà, io non sarò lì a dire grazie, e d'altra parte se anche la mia anima vivesse ancora (per chi crede in queste cose) non potrei andare da lui e dirgli: grazie! e lui non potrebbe esserne contento. Forse dovremmo pensare a condividere "adesso" quello che abbiamo, tenendo conto che siamo tutti sulla stessa barca. Anche io penso spesso a queste cose (se ricordi ne ho fatto anche un post, tempo fa; anche se tu l'hai espresso molto meglio di me), alla mia inconsistenza, evanescenza davanti alla realtà esterna. Quando morì mio padre e mi trovai a dover gestire tutto quello che aveva lasciato, trovai anch'io quaderni e blocchi con racconti, poesie, appunti, addirittura critiche cinematografiche, tutti scritti degli anni '50, quando aveva 20 anni. E poi c'erano lettere a suo padre, ai suoi parenti (una volta non c'erano i telefonini e il telefono costava, quindi si scriveva). Sono ancora lì, in una mia vecchia cartella scolastica delle elementari che ancora resiste. Ma sono comunque chiuse, magari non le riprenderò mai più in mano. E quando morirò io (che non ho figli "diretti") non penso che a qualcuno interesseranno quei fogli ingialliti già oggi, anche perché non avranno forse mai nemmeno conosciuto mio padre. Allora deve essere "carpe diem"? Forse sì. Ma le tue domande sono anche le mie e, penso, di ogni uomo e donna che si rendano conto di vivere e di rappresentare un'entità su questa terra. L'argomento sarebbe ancora lungo, da trattare fra momenti di depressione e momenti di gioia sfrenata, ma spero di averti fatto capire quello che penso.
RispondiEliminaTotalmente condivisibile... ci ho pensato molto qualche anno fa, quando mi è capitato di assistere allo "sbarattamento" della casa di una zia di mio suocero deceduta. Ho visto i suoi effetti personali finire nella spazzatura o al mercatino dell'usato e lettere e altre carte da lei custodite, alcune non si sa nemmeno perché, finire nella spazzatura. Non sto condannando chi ha fatto queste operazioni di "smaltimento", ma mi ha colpito moltissimo e mi sono messa a pensare ai miei tremila oggetti intrisi di ricordi e che fine faranno quando non ci sarò più...
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